Ciclismo: attenzione, ci rubano i giovani corridori

La Colpack-Ballan in testa al gruppo nella terza tappa del Giro Under 2021 (foto: Rodella)
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A mettere in crisi il modello italiano del ciclismo giovanile è stata l’eliminazione della Fiac (la Federazione che curava il ciclismo dilettantistico) e la creazione di una struttura internazionale che portasse i giovani al professionismo.

Quando nacque la categoria Under 23 e fu costituita la categoria delle squadre “continental”, l’Italia sottovalutò la portata di questa trasformazione convinta che alla distanza il proprio modello avrebbe prevalso. Ma fu un errore.

Nessuna Nazione al mondo aveva un ciclismo giovanile così ricco e strutturato come quello italiano ed era inevitabile che la globalizzazione finisse per strizzare l’occhio più ai tanti Paesi che non erano in grado di sostenere quel modello. Così, pur tra tante resistenze, l’Italia ha dovuto adeguarsi a ciò che l’Uci aveva immaginato nell’interesse globale.

Non è stato facile per società che erano abituate a stare al vertice del movimento dilettantistico ritrovarsi in coda ad un movimento professionistico che imponeva costi più alti ed un’attività completamente diversa passando da corse “di paese” di grande prestigio e tradizione ad un’attività internazionale spesso ignorata anche dai media.

Ciclismo giovanile: in Italia la crisi economica ha complicato le cose

A complicare le cose per l’Italia si è aggiunta la crisi economica che ha reso la vita molto difficile al mondo dilettantistico nel momento in cui era invece chiamato ad investire di più per sostenere l’upgrade che la riforma imponeva. Tutto ciò ha determinato un impoverimento del movimento che solo negli ultimi anni ha dimostrato di essersi meglio adeguato alla nuova realtà.

Ora però l’Uci sta ulteriormente spingendo sull’acceleratore su una ristrutturazione che minaccia di creare ulteriori problemi al movimento italiano che resta, nonostante tutto, il più ricco e strutturato nel mondo.

L’idea di “consigliare” la creazione di squadre satellite alle formazioni WorldTour rappresenta per noi un’ulteriore bordata. E non è un caso che pur non avendo una squadra WorldTour italiana, molte di queste stanno cercando di pescare proprio in Italia i loro “satelliti”.

Le squadre WorldTour: rubano i giovani di prospettiva

Ovviamente le squadre WorldTour dispongono di mezzi economici e attrattivi superiori rispetto alle formazioni giovanili. O impoveriscono il nostro movimento “rubando” i giovani di maggiore prospettiva e quindi demotivando le squadre in essere o “acquisiscono” l’intera società nella propria orbita cancellandone di fatto storia e abitudini. Cosa succederà quando le squadre WorldTour perderanno sponsor e concluderanno il loro ciclo di vita? Sarà difficile per queste società recuperare la loro autonomia e magari finiranno per scomparire.

Si aggravano i bilanci, già molto pesanti, delle squadre WorldTour e si finisce per mettere a rischio la vita di società che in Italia hanno una lunga storia ricca di prestigio e di tradizioni.

E’ difficile pensare che l’Uci possa cambiare le proprie linee politiche forte della globalizzazione di cui difende gli interessi, ma è innegabile che la Federazione Ciclistica Italiana non può assistere passivamente al depauperamento del proprio movimento senza riuscire a difenderne le peculiarità.

Il tema è di grande rilevanza perché si tratta di tutelare e difendere i nostri ragazzi che già oggi pagano un prezzo alto dovendo, in squadre straniere, spesso rinunciare alle proprie ambizioni per mettersi al servizio di altri capitani. Difendere le nostre società, i nostri giovani, è il modo migliore per difendere la nostra storia.