I Carera denunciano chi ha minacciato di morte Tiberi

Carera
Alex Carera e Johnny Carera al Giro di Lombardia 2021
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Alex e Johnny Carera sono i procuratori di molti campioni del ciclismo, da Tadej Pogacar in giù. Il procuratore è uno che ti trova squadra, ti fa firmare un contratto, ti sceglie la soluzione o la strada che gli sembra migliore per te in quel momento, e ti aiuta quando le cose vanno male. Alex e Johnny in questo momento sono fondamentali per Antonio Tiberi, messo alla gogna dopo lo stupido gesto che ha fatto il giro del mondo: è andato alla finestra e ha sparato a un gatto, uccidendolo, per provare la carabina che aveva appena comprato. Sul fatto che Tiberi abbia sbagliato non ci sono tante indagini da fare. Ma poi è successo altro, perché nel mondo di oggi non basta la punizione decretata dal tribunale competente (in questo caso quello di San Marino). Ognuno di noi può fare il suo processo a Tiberi sui social (ovviamente quello che ci piace di più, Facebook, Twitter, Instagram o altro, possiamo perfino scegliere) e condannarlo. E, più spesso, condannarlo senza neanche processo.

In questi giorni Tiberi ha ricevuto insulti, attacchi di ogni tipo, minacce di morte. E i suoi procuratori con lui: la gente li minaccia perché – dicono – dovrebbero abbandonare il loro assistito, lasciarlo al suo destino. È il mondo in cui viviamo, quello che racconta molto bene uno dei film candidati all’Oscar, Tár, storia di una famosa direttrice d’orchestra che vede la sua carriera distrutta da un processo mediatico. «Al giorno d’oggi essere accusato equivale a essere colpevole», dice il suo mentore alla protagonista della storia. Figuriamoci Tiberi, che colpevole lo è davvero, per sua stessa ammissione: ha davvero aperto la finestra e ucciso il gatto. E poco importa se non era il gatto del ministro, com’è stato detto, ma un gatto randagio. Aveva il diritto di vivere. Come Tiberi, del resto. Ma questo importa a pochi, in un mondo in cui c’è soltanto una cosa che fa più rumore del successo, ed è la caduta, la rovina.

Alex Carera non cerca alibi, è stato il primo a definire quello di Antonio Tiberi un «gesto terribile», e a dire che «non ci sono scuse che tengano». Il ragazzo è stato condannato a pagare una multa, e si è detto disposto a riparare con azioni concrete, ma questo sembra non bastare alla gogna social. Che cosa dovrebbe fare adesso Tiberi? E i Carera?

Secondo chi scrive sui social, i Carera dovrebbero rompere i rapporti con il loro assistito. Lo racconta Alex. «Mi scrivono: non devi più lavorare con lui, ma scherziamo? Dovrei abbandonarlo? È proprio adesso che gli stiamo vicino. Siamo pagati per risolvere problemi, per esserci quando c’è un problema. Non per stare sul carro dei vincitori, che di solito è anche troppo affollato». Alex ha appena sentito Tiberi. «Era in bici, ma moralmente è molto abbacchiato. È un ragazzo di 21 anni, rendiamoci conto. Chi non ha mai fatto una sciocchezza? Grave, senza giustificazioni, sono il primo a dirlo. Ma vogliamo rovinargli la vita?».

Tiberi ha pagato la multa, ha chiesto scusa, ha detto che in più farà una donazione ad alcune associazioni del territorio di San Marino che si prendono cura dei gatti randagi, e si è proposto anche di fare volontariato in una di queste associazioni per riparare. Ancora non basta? A sentire i social no, ma sentire i social a questo punto è sbagliato, forse bisognerebbe cominciare a ignorarli. O fare quello che ci dice Alex Carera. «Appena tornerò in Italia andrò a denunciare alla polizia postale tutti quelli che ci hanno minacciato. So che per la maggior parte sono account finti, ma se anche dovessero prenderne uno solo sarà un bene. È una vergogna, lui ha sparato a un gatto ma queste persone non si rendono conto che sparano addosso a persona, a un ragazzo di vent’anni. Vogliono che sia licenziato, che non corra più. Pensate ai vostri parenti, ai vostri figli, ai vostri amici: sareste contenti se al primo errore venissero licenziati? Senza una seconda chance? Io sono scioccato, il mondo è malato, pieno di pazzi. Prima andavano al bar a dire certe cose, o magari parlavano allo specchio, ora invece si sfogano sui social, dove qualunque commento, anche il più piccolo, fa sempre rumore».

Vengono in mente le parole di Umberto Eco, che ricevendo la laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media all’università di Torino, disse che «i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Era il 2015. Otto anni più tardi, siamo qui, ogni giorno, a confrontarci con i problemi che l’imbecillità diffusa sta portando. Tornando a Tiberi, i Carera faranno partire le denunce ma l’amarezza non passa. «Non si rendono conto che le loro accuse e le loro minacce hanno comunque un peso sulla carriera e sull’immagine di una persona».