Nuova bomba nel ciclismo. Colpevoli dirigenti inadeguati. Professionismo in rivolta

Una parte del consiglio federale in riunione al CONI (foto: FCI)
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La superficialità con cui il Coni ha messo su un binario morto la documentata denuncia di Norma Gimondi sulla vicenda delle plusvalenze, ha scatenato una guerra tra il vertice federale e la base. La vicenda ha gravemente minato la fiducia nell’istituzione. Ad aggravare la situazione si è aggiunta la scarsa personalità mostrata dai consiglieri federali e l’impotenza dei presidenti regionali, leoni fuori dalle sedi istituzionali, rassegnati nei compiti ufficiali. Che nostalgia dei Bernardelli, Carlesso, Farulli, Sinoppi: presidenti di grande personalità e competenza, capaci di collaborare ed indirizzare le linee della politica federale.

Ad assumere una posizione forte sulla vicenda delle plusvalenze è stata la Lega del Ciclismo professionistico che, attraverso il suo presidente, Mauro Vegni aveva presentato una denuncia-esposto al Coni ed alla Procura di Milano.
Alcune società organizzatrici hanno fatto ricorso alla Procura federale perché l’elezione di Mauro Vegni alla presidenza della Lega evidenziava un conflitto di interessi previsto dai regolamenti che ne avrebbe dovuto impedire l’elezione. Ma, a sorpresa, la Procura riteneva valida l’elezione del direttore del Giro d’Italia.
A questo punto è intervenuta la Corte d’Appello Federale che ammetteva nel giudizio la Federazione e ribaltava il giudizio di primo grado e determinando la decadenza di Vegni e dell’intero consiglio direttivo della Lega.

Ottenuta la vittoria, il vertice federale ha optato per il commissariamento della Lega nominando l’avvocato Cesare Di Cintio e l’avvocato Jacopo Tognon. Pare però che con qualche ora di anticipo Mauro Vegni abbia convocato le nuove elezioni della Lega per il prossimo 21 novembre vanificando quindi i provvedimenti federali. Difficile prevedere gli sviluppi di questa aspra guerra che vede tutto il ciclismo professionistico schierato contro la Federazione.
Intanto il nostro mondo professionistico – come ha affermato il presidente dell‘Adispro, Davide Goetz – langue in una crisi assai pesante che determinerà un’ulteriore contrazione delle squadre e degli atleti, mascherata dai risultati delle discipline minori.

Al di là di episodi più o meno gravi, quello che emerge in tutta evidenza è l’inadeguatezza della classe dirigente del ciclismo italiano. Negli ultimi decenni c’è stato un progressivo impoverimento della qualità di chi ha il compito di dirigere e indirizzare il movimento. Nessuna mente illuminata e tanti accondiscendenti collaboratori.

Il ciclismo negli ultimi anni è cambiato, si è evoluto, ma il messaggio, fin dai tempi di Giancarlo Ceruti, non è stato ancora recepito. Ed è ormai evidente a tutti che un cambio di rotta sarà possibile solo se la base saprà esprimere, fin dalle elezioni regionali, dirigenti più capaci.