Pavarini sul Giro U23: «Situazione ferma a giugno, non si sa ancora chi lo organizzerà»

Pavarini
Marco Pavarini di ExtraGiro
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Il Giro d’Italia Under 23 è finito a Pinerolo il 18 giugno. E’ stata un’edizione contrassegnata dalle polemiche: quelle intorno alla famigerata terza tappa, secondo alcuni troppo dura e secondo altri necessaria per mettere in luce le enormi difficoltà del ciclismo italiano quando si parla di salite e di classifica generale; e quelle inerenti all’organizzazione della corsa rosa, visto che il gruppo di ExtraGiro guidato da Marco Selleri e Marco Pavarini aveva lamentato diverse problematiche.

Da allora sono passati due mesi e mezzo, praticamente un’estate.

«E sinceramente, che io sappia – riflette Pavarini – non è cambiato assolutamente niente».

Marco, riavvolgiamo il nastro: cosa vi aveva portato a prendere quella decisione?

«Il nostro incarico durava sei edizioni: dal 2017 a quest’anno. Nessuno si è tirato indietro né tantomeno è venuto meno all’impegno preso: molto semplicemente, il mandato è scaduto e adesso è necessario fare un bilancio di questa esperienza».

Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

«Ci siamo impegnati in tre direzioni diverse. La prima: quella sportiva. D’accordo con tanti attori del movimento italiano avevamo deciso di prendere in mano il futuro del Giro d’Italia Under 23 perché lo reputavamo, e lo reputiamo ancora oggi, una corsa con un’identità precisa e forte, a nostro avviso fondamentale per la categoria e soprattutto per il ciclismo giovanile del nostro paese».

Sicuramente avrete pensato anche alla ricaduta dell’evento sul territorio.

«Oggi non si può organizzare un evento, ciclistico e non solo, senza prescindere da questo aspetto. La nostra intenzione era quella di coinvolgere le realtà e le zone che solitamente non vengono toccate dalle corse dei professionisti: sia per scoprire qualcosa di nuovo, sia per andare alla ricerca di sostegni economici che non possono arrivare da chi ha già investito nel Giro dei grandi. E la terza direzione a cui accennavo prima è strettamente legata alla seconda».

Spiegati meglio.

«Essendo ExtraGiro un’azienda che si occupa di organizzare eventi ciclistici, ci piace l’idea di permettere alle piccole amministrazioni di “allenarsi” con le nostre gare, così da prendere confidenza con l’ambiente e avere un domani le competenze e l’esperienza per misurarsi, ad esempio, con una tappa della corsa rosa».

Dei propositi nobili, non si discute. Ma poi bisogna fare i conti con la realtà e coi soldi a disposizione.

«Noi ci siamo salvati col volontariato e con la passione, non ci siamo arricchiti facendo questo mestiere. Adesso, scaduto il nostro mandato, dobbiamo prendere alcune scelte. Quest’anno il Giro d’Italia Under 23 si è fatto perché abbiamo trovato una sponda nel governo. Noi da soli non abbiamo le forze di sobbarcarci le spese. Non chiediamo aiuto, ma fotografiamo soltanto la realtà dei fatti».

Selleri
Marco Selleri, organizzatore del Giro d’Italia U23 in queste ultime sei edizioni

Ma se dovesse farsi avanti il governo, uno sponsor o la Federazione, voi sareste ancora disposti ad organizzare la corsa rosa dei dilettanti?

«Quello che posso dire è che noi ne siamo capaci, senza dubbio. Anche se organizzare una manifestazione del genere non è semplice: richiede tempo, programmazione, forza. Non è detto né che dev’essere per forza ExtraGiro ad organizzare la corsa rosa, né tantomeno che ExtraGiro non abbia altri progetti sui quali lavorare. Su questo voglio essere chiaro».

Avete ricevuto qualche segnale dalla Federazione?

«La corsa appartiene a loro, questo si sa. In un primo momento si erano avvicinati e avevamo provato ad aprire un dialogo, ma poi il tempo passa e gli impegni si inseguono e così non se n’è fatto più niente. Tra l’altro bisogna dire che adesso la Federazione ha altro a cui pensare».

Il tempo stringe. Entro quando un organizzatore dovrebbe cominciare ad ideare il Giro d’Italia Under 23?

«La nostra attività entrava nel vivo proprio in questi giorni, tra agosto e settembre. Ci vuole tempo: per ottenere i permessi, per mettersi in contatto con le squadre e mettere a punto la logistica, per viaggiare e fare i sopralluoghi necessari a disegnare il percorso. Per il bene del ciclismo giovanile spero che la situazione si sblocchi in fretta, ma ad oggi devo constatare che siamo ad un punto morto, che rispetto a giugno non è cambiato niente».