Selleri: «Basta puntare il dito contro gli organizzatori, le velocità sono troppo elevate»

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Marco Selleri in una foto d'archivio al campionato europeo di Trento
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Quando ci sono incidenti così gravi come accaduto ieri al Giro dei Paesi Baschi, l’istinto porta immediatamente a puntare il dito contro l’organizzazione, colpevole di non aver segnalato adeguatamente una curva pericolosa e non aver inserito protezioni in caso di caduta come dei materassini o inserti. Marco Selleri di ExtraGiro, organizzatore del Trofeo Laigueglia, del Giro di Romagna e dell’Etape Parma by Tour de France è intervenuto sulla questione, offrendo diversi spunti interessanti.

«Partiamo dall’unico errore che per me è stato fatto dall’organizzazione della corsa spagnola – spiega Selleri – Dovevano annullare la tappa per rispetto dei corridori rimasti coinvolti nell’incidente. Neutralizzare la gara solo per il gruppo e far proseguire i fuggitivi verso il traguardo è stata una scelta sbagliata».

Riguardo alle critiche sulla scarsa sicurezza del percorso della quarta tappa, specie della discesa affrontata dal gruppo dove è avvenuta la caduta, il romagnolo non è affatto d’accordo. «Non ero lì e quindi posso dare una valutazione da ciò che ho potuto vedere in televisione – racconta Selleri – È vero, c’erano dei massi a bordo strada, ma questo accade in ogni discesa. Ci sono alberi, dirupi, solchi, burroni: di tutto. In ogni piccola curva può accadere il dramma più estremo e se dovessimo guardare a questo aspetto non dovremmo più affrontare lo Stelvio, il Pordoi o il Gavia, perché le discese successive sono a rotta di collo. Il problema è piuttosto un altro…».

In molti si stanno rendendo conto che le biciclette moderne, ultra leggere e rigide, non permettono errori. Le velocità raggiunte dai ciclisti sono davvero incredibili e di protezioni, specie nell’abbigliamento, non ce ne sono. Per Selleri il vero colpevole della caduta ai Baschi, come della maggior parte delle cadute più in generale, sta nella tecnologia applicata alle bici.

«Io scrivo continuamente all’Uci, ma non ricevo risposte – continua l’organizzatore di ExtraGiro – Nessuno passa alla verifica delle biciclette. Se sbagli una curva, sei finito, perché non hai modo di correggere la traiettoria. In passato era diverso perché le bici pesavano di più, si usavano materiali diversi come l’alluminio, le ruote erano più robuste. Io faccio sempre questo paragone. È come costruire un grattacielo con le fondamenta a forma di cono, basta una folata di vento e quel grattacielo viene giù. Non possiamo certo mettere materassini a ogni curva o segnalatori che con il fischietto invitano a scendere più piano. Non corriamo più allora, chiudiamo definitivamente con il ciclismo».

Qual è dunque la soluzione? «A mio avviso bisogna tornare leggermente indietro. Mettere un limite più alto al peso minimo delle biciclette, come possono essere nove chilogrammi, così da rallentare “forzatamente” la marcia dei corridori. Anche la chicane della Roubaix, per me è un errore. Arriveranno comunque molto veloci e rischiano di cadere in quella curva a 180 gradi che porta alla deviazione. Così non ha senso…. Avete visto la caduta di Baroncini dopo quella di Kung al Grand Prix Denain? Se lo svizzero fosse entrato in quel settore in pavé a 35 chilometri orari invece che a 50, forse non sarebbe finito a terra e Baroncini non avrebbe il gomito fratturato».