AMARCORD/101 Aru in California con il Giro in testa: il suo magico 2015 nacque nella galleria del vento

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Nell’autunno del 2014 Fabio Aru era un progetto avviato di campione. A 24 anni aveva già dimostrato di poter correre i grandi Giri al livello dei più forti, conquistando a distanza di pochi mesi un terzo posto al Giro e un quinto alla Vuelta.

Correva nell’Astana di Nibali, e questo poteva essere un problema, perché lo Squalo, già insignito della Tripla Corona (Tour-Giro-Vuelta), nelle strategie di squadra aveva ovviamente la precedenza. Tuttavia, almeno in uno dei tre grandi appuntamenti, Aru poteva già aspirare ai gradi di capitano.

Splendido scalatore, in possesso di un micidiale cambio di marcia, il sardo doveva però migliorare nelle prove contro il tempo, nelle quali i risultati erano stati fino a quel momento altalenanti. Bicisport lo andò a trovare in California, raccontando i suoi allenamenti nella galleria del vento, tesi appunto a migliorare potenza e postura nelle crono.

Il 2015 doveva essere il suo anno, e in effetti lo fu: Aru andò al Giro da capitano (visto che Nibali aveva deciso di puntare sul bis al Tour, dopo il successo dell’anno prima), mise la maglia rosa e in montagna fece numeri eccezionali, tanto da mettere in difficoltà perfino Contador. Il quale però proprio in una crono, da Treviso e Valdobbiadene, lo lasciò a tre minuti, abbattendo i suoi sogni di primato.

Trionfo alla Vuelta, cinque anni dopo Nibali

Aru riemerse nelle ultime due tappe in montagna, a Cervinia e Sestriere, vincendo in solitudine e mettendo sulla graticola lo spagnolo, che riuscì a conservare poco meno di due minuti sul podio milanese. Il secondo posto del Giro introdusse il ragazzo nel novero dei grandi favoriti della Vuelta. Stavolta Nibali era della partita, ma ogni dubbio sulla leadership nell’Astana svanì già al secondo giorno, quando Vincenzo fu squalificato per essersi fatto trainare dall’ammiraglia dopo una caduta.

E Aru volò verso il successo, giganteggiando nelle infuocate salite spagnole, tra i vari Dumoulin, Froome (uscito anzitempo di scena per un infortunio), Quintana e “Purito” Rodriguez. Per marcare la differenza, Dumoulin aveva a disposizione la crono di Burgos, ma stavolta Aru riuscì a limitare i danni e in classifica si mise a un solo secondo dall’olandese, nuovo leader.

I conti furono regolati al penultimo giorno, in una cavalcata tra le alture che circondano Madrid. Dumoulin cedette gradualmente, fino a crollare, Aru divenne il sesto italiano a conquistare la Vuelta, dopo Conterno (1956), Gimondi (1968), Battaglin (1981), Giovannetti (1990) e Nibali (2010). Proprio così, il 2015 fu per Fabio Aru l’anno del decollo. Nessuno poteva immaginare che a ruota sarebbe seguito l’inizio del declino.