AMARCORD/95 Froome, una cavalcata epica: da solo tra le montagne per ribaltare il Giro d’Italia

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Una delle più grandi imprese del ciclismo moderno compiuta dal meno “eroico” dei campioni. O almeno questa era l’immagine di Chris Froome fino a quel 25 maggio 2018, quando trovò il coraggio, il cuore e le forze per ribaltare clamorosamente un Giro d’Italia già perso.

Il tiranno del Tour de France (vinto in quattro delle ultime cinque edizioni) aveva impostato la stagione sulla doppietta Giro-Tour, riuscita per l’ultima volta a Pantani vent’anni prima. La sua Sky, che in Francia dominava da anni, provava così a rompere il tabù Giro, dopo i fallimenti di Wiggins (2013), Porte (2015), Landa (2016) e Thomas (2017).

Tanti bei progetti frustrati però, almeno così pareva, dal verdetto della strada. Froome aveva più volte perso terreno in salita, mentre l’onore inglese era tenuto alto da Simon Yates, lanciato verso il trionfo. Il capitano Sky aveva avuto un fremito di classe e orgoglio sullo Zoncolan, ma alla vittoria di tappa non avevano fatto seguito progressi significativi in classifica.

Un piano audace, ma organizzato nei minimi dettagli

Cosicché, si era arrivati alla cavalcata alpina Venaria-Bardonecchia, terz’ultimo giorno di gara, con Yates in rosa e Dumoulin in agguato a 28”. Froome occupava la quarta piazza, a 3’22”, alle spalle di uno splendido Pozzovivo.

La tappa prevedeva quattro valichi: il Colle del Lis, il Colle delle Finestre, il Sestiere e lo Jafferau, salita finale. Difficile ribaltare il Giro negli ultimi chilometri, così Froome e lo stato maggiore della Sky optarono per il classico “o la va o la spacca”, progettando un attacco a lunghissima gittata sul terribile sterrato del Colle delle Finestre.

Una follia, ma decisamente ben organizzata: su ogni tornante del colle furono sguinzagliati uomini Sky equipaggiati di ruote di ricambio, borracce e supporti energetici. Il lavoro della squadra fu metodico e implacabile, fino all’ultima tirata di Ellisonde, che mise al gancio la maglia rosa.

Dal Colle delle Finestre, 80 chilometri da leggenda

Il resto lo fece Chris Froome, volato via a 80 chilometri dalla fine, per un interminabile viaggio solitario. Yates saltò subito e andò alla deriva, Dumoulin rimase a galla ma sul Sestriere era già a tre minuti. Tutti coloro che (legittimamente) prevedevano il crollo del fuggitivo sull’ultima salita, furono smentiti: Froome planò solitario al traguardo e indossò la sua prima maglia rosa. Dumoulin arrivò con i primi inseguitori, a 3’23”, e in classifica limitò il ritardo a 40”.

L’indomani, sulle ultime salite, l’olandese provò il colpo di coda, Froome lo contenne senza patemi. A Roma, nell’occasione scelta come tappa finale, celebrò il trionfo con il Colosseo alle spalle, divenendo il settimo corridore nella storia a vincere tutte e tre le grandi corse a tappe. La doppietta Giro-Tour, però, riuscirà solo alla Sky, che a Parigi festeggerà la vittoria di Geraint Thomas. Il tiranno keniota-britannico dovrà accontentarsi del terzo posto, scoprendosi definitivamente umano.