MILANO-SANREMO / Le pagelle: Mohoric da 10, ma van der Poel è strabiliante e merita la lode. Van Aert insufficiente, Rivi alla Forrest Gump

Milano-Sanremo
Il podio della Milano-Sanremo 2022 vinta da Mohoric su Turgis e Van der Poel (foto: LaPresse)
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L’ansia comincia a salire la mattina presto, prima che il Vigorelli si animi come ai tempi belli. Poi un po’ si cheta, sulle spalle larghe della fuga di otto. Quando sbuchi dal Turchino e vedi il sole, e il mare, ti sembra di avere tutto il tempo del mondo per goderti la primavera: è come a vent’anni, quando devi soltanto decidere dove buttare il tuo cuore. La Sanremo ogni anno ci ricorda che ne è passato un altro, e sembra sempre la stessa invece tutte le volte è diversa. Soltanto l’ansia non cambia mai.

Quando mancano 50 chilometri e ne sono passati già quasi 250, ti sembra che tutto possa ancora succedere: è come quel punto della vita in cui ti racconti ancora che prima o poi te la cambierai, lasciando un posto di lavoro che ti ha stufato, andando a vivere in Australia, innamorandoti sul serio o vincendo la corsa che tutti sognano di vincere. Ma non è così: quando cominciano i Capi è già troppo tardi, la Sanremo è come la vita, è un veloce precipitare verso il finale. Ecco perché ci piace, e perché la odiamo. 

Mohoric 10 – Era il più gettonato dai cercatori d’oro, quelli che alla vigilia provano a sparigliare il campo dei favoriti d’obbligo tirando fuori un nome altro. Il suo era molto più che credibile: Matej è forte, soprattutto in discesa, funambolo ma anche attento, coraggioso ai limiti della follia, con una squadra fortissima alle spalle. E poi, che non guasta, è pure sloveno. Non c’è Sonny Colbrelli, la Bahrain si gioca il jolly e sbanca tutto. 

van der Poel 10 e lode – Le tre certezze della vita: si nasce, si muore e van der Poel ci proverà. Non ce ne voglia Mohoric, ma quello che abbiamo visto fare (anche) oggi a MVDP è strabiliante. Prima volta che corre su strada in questa stagione, dopo un lungo stop per infortunio: terzo in una Monumento che sfiora i 300 km. Ma non è ancora tutto: alla fine era incupito, perché lui voleva vincere. Fuoriclasse. 

Pogacar 7 – Quando mette la squadra a tirare (vedi Formolo e Ulissi: voto 8) si capisce che ci proverà, altro che mal di gola e febbre. Allunga una, due, tre, quattro volte, alla Alaphilippe. Lui però è Pogacar, e ormai abbiamo capito che i paragoni sono inutili. Alla fine è quinto, il primo ad andare ad abbracciare il vincitore. 

Van Aert 5,5 – Concentrato, serio per tutta la corsa, mette lo squadrone al lavoro fin dai primi chilometri. Ma fa male i suoi conti: non c’è soltanto Pogacar da marcare. Il vero sconfitto di giornata, in una Sanremo con tante assenze, è proprio lui.

Van Emden 7 – Il cronoman olandese della Jumbo Visma tira il gruppo per 200 km. Si stacca, finito, prima di capo Cervo. Peccato soltanto che il capitano non sappia sfruttare il suo lavoro.

Sagan 13 – Come le Sanremo corse: 2 volte secondo, 5 volte quarto, oggi nada. Ha una gamba clamorosa, potrebbe essere la sua grande occasione. Ma come andrà si capisce a Milano: gli scende la catena nel tratto di trasferimento. Succederà ancora a poco meno di 30 dal traguardo, con l’ammiraglia lontano e il gruppo a tutta per prendere la Cipressa. Prova a risalire, ma è impossibile. In questi casi la squadra dovrebbe aiutare il capitano. Invece ognuno fa per sé, e soprattutto Turgis, che piomba sul traguardo subito alle spalle di Mohoric. 

Albanese 7 – Undicesimo, primo degli italiani: un premio per una grande Eolo (con Contador in ammiraglia) sempre in grande evidenza.

Rivi 8 – Lui e Tonelli portano in fuga Eolo e Bardiani per oltre 280 chilometri. Non si lasciano prendere fino al Poggio. Rivi è alla prima Monumento della sua carriera, e alla fine cita Forrest Gump. «Dovevo farmi vedere, in fuga è meglio: ci siamo goduti la giornata e il paesaggio senza lo stress del gruppo. Adesso però sono abbastanza stanchino».