Ivan Basso, ci racconta la “sua” Eolo e rilancia: «Vogliamo fare ancora di più. Fortunato? Un talento già da juniores»

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Ivan Basso in maglia Eolo-Kometa durante il secondo giorno di riposo del Giro d'Italia 2021
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In un periodo in cui la crisi economica legata alla pandemia di Coronavirus sta mettendo in ginocchio molteplici squadre, la Eolo-Kometa di Ivan Basso e Alberto Contador rappresenta una realtà in controtendenza. La solida struttura creata grazie a due sponsor ambiziosi ha permesso al team italo-spagnolo di fare un importante balzo in avanti, ottenendo la licenza Professional e l’invito per alcuni tra i più importanti eventi WorldTour tra cui il Giro d’Italia.

«Ma non chiamatela più la squadra di Basso e Contador. – ci dice Ivan immediatamente – Sono i ragazzi la vera anima della Eolo-Kometa. Io e Alberto ci limitiamo a guardarli dall’alto e seguirli». Cinque le vittorie stagionali, tre delle quali a firma Lorenzo Fortunato, tra cui quella splendida in cima allo Zoncolan. Un bottino niente male per la prima stagione del team.

Basso, che stagione è stata? È soddisfatto dei suoi ragazzi?

«Estremamente soddisfatto. Sai, diventare Professional dopo tre anni di Continental e nel bel mezzo di un periodo storico simile non era facile. Tutto si è complicato, dall’organizzazione dei training camp fino agli spostamenti, e per una squadra “nuova” non è il massimo. Ma abbiamo risposto benissimo».

A cosa dovete questa solidità?

«Non c’è un unico fattore. Gli sponsor senza dubbio sono centrali nella realizzazione del progetto. Tanto Eolo quanto Kometa e il resto dei partner hanno una missione, investire nel ciclismo e farlo nella maniera più seria. L’obiettivo è quello di crescere anno dopo anno, fino a diventare una realtà ancora più consolidata».

Quindi come vi approcciate al 2022?

«Con lo stesso spirito di sempre, semplicemente più consapevoli dei nostri mezzi. Il 90% della struttura tecnica e dirigenziale è rimasta identica, abbiamo solamente inserito delle figure che speriamo possano farci fare un ulteriore salto in avanti. A mio avviso ci siamo potenziati, ma rimaniamo umili e lavoriamo a testa bassa perché i risultati non vengono da soli».

Qual è stato il momento più difficile della stagione, una “delusione”?

«Pur approcciandomi come sempre con spirito “ipercritico” non posso avere valutazioni troppo negative. Un momento in cui ho sentito la necessità di intervenire è stato quello tra Tirreno-Adriatico e Coppi e Bartali».

Come mai?

«Quando non hai un leader capace di vincere tutte le corse, la squadra deve correre “bene” per raggiungere dei risultati. Bisogna essere compatti, sempre nelle prime posizioni, cercare una fuga, farsi vedere. È così che il team si fa rispettare dagli altri. In quel periodo vedevo i ragazzi un po’ arrendevoli e sono intervenuto».

Ed è arrivato il Giro d’Italia e la vittoria di Fortunato…

«Senza dubbio il momento più alto della stagione. Prima vittoria della squadra in assoluto in cima allo Zoncolan, stentavo a crederci. È stato tutto perfetto, ma non dimentichiamoci che Lorenzo ha vinto nuovamente all’Adriatica Ionica Race e si è mosso bene in tutto il finale di stagione».

Vi aspettavate un simile exploit?

«Fortunato io lo avevo conosciuto ai tempi della Tinkoff ed era un talento. Sai, quando un corridore juniores o dilettante ha i numeri non è che tra i professionisti diventa improvvisamente un brocco. Spesso le difficoltà non sono colpe dell’atleta e bisogna farsi delle domande quando qualcosa non va. Io per esempio mi ritengo sempre in discussione…»

Cioè?

«Se un mio corridore non va come dovrebbe, mi attribuisco delle responsabilità. Io, come i miei collaboratori, siamo sempre sotto esame perché abbiamo il compito di mettere nelle migliori condizioni possibili chi ha del talento ma per un motivo o per un altro non riesce a esprimerlo».

Siete riusciti a rilanciare Albanese…

«Esattamente. Vincenzo da Under 23 vinceva ogni domenica ed era un predestinato, tutti parlavano di lui. Ha vissuto degli anni difficili, ma siamo felici che sia tornato ai suoi livelli con la nostra maglia. E ancora di più che lui sia finalmente sereno, come da sue parole nella vostra intervista. Peccato non sia arrivata la vittoria, sarebbe stato il giusto merito a un duro lavoro iniziato durante l’inverno».

Con Ravasi non ha ancora funzionato. Credete in lui?

«Hai usato la parola giusta, “ancora”. Abbiamo rinnovato il contratto a Edward perché sappiamo di cos’è capace. Quando si parla di “gruppo forte e unito” di “squadra come famiglia”, noi intendiamo esattamente questo. La Eolo-Kometa non lascia a spasso un corridore in difficoltà. Se ci sono delle potenzialità si lavora insieme, ci si aiuta e si insiste. Io credo fermamente in Ravasi. E come lui anche Fancellu, che ha avuto un anno molto tribolato».

Da queste parole intuiamo una sua presenza costante in squadra. È così?

«Quello che chiedo sempre ai miei collaboratori è di rendermi partecipe. Per questo motivo settimanalmente, anche durante questa fase, mi tengo in contatto con Zanatta, il capo del dipartimento salute e quello dei preparatori. Cerco di tenere sempre tutto sotto controllo e di essere aggiornato. Ovviamente non deve essere una presenza ingombrante, ma la mia esperienza nel mondo può essere utile anche ai corridori. Loro sanno che per qualunque consiglio o domanda io rispondo immediatamente».