Stefano Oldani va alla corte di Van der Poel: «Alla Lotto ho imparato tanto, ma volevo una squadra che lavorasse di più con i giovani»

Oldani
Stefano Oldani in maglia Lotto-Soudal in una foto d'archivio al Giro d'Italia 2021
Tempo di lettura: 3 minuti

È tornato la scorsa domenica da Dubai, dove ha trascorso una settimana di vacanza insieme alla fidanzata, ma Stefano Oldani è subito risalito in sella per preparare la nuova stagione. «Qualche ora di bici per riabituare il corpo alla pedalata e un po’ di palestra. Niente di eccessivo, siamo ancora a novembre. Ma è importante non arrivare completamente fermo al primo raduno».

Dal tono della voce di Stefano è facile intuire come il cambio di casacca gli abbia trasmesso nuovi stimoli. Dal prossimo anno correrà infatti con la Alpecin-Fenix, la squadra di Van Der Poel, e lui non ha alcuna intenzione di tradire le aspettative. In questi due anni tra i professionisti (Oldani ha solo 23 anni), pur andandoci spesso molto vicino, è mancata la vittoria. «Peccato – ci dice – mi sarebbe piaciuto regalare un successo alla Lotto-Soudal».

Cosa ti porti dietro da questi due anni?

«Sicuramente l’esperienza. Correre in una squadra belga ti insegna molto, loro vivono per il ciclismo e tutto gira attorno alle corse. Poi metterei dentro anche le partecipazioni a due Giri d’Italia, la Tirreno, la Parigi-Nizza e la Strade Bianche, corse che ti fanno crescere sotto tutti i punti di vista».

Hai corso con campioni come Gilbert e De Gendt, cos’hai imparato da loro?

«Non capita tutti i giorni di condividere la camera con Philippe (Gilbert ndr.). Lui è una persona eccezionale, oltre ad avere un talento pazzesco che l’ha portato a vincere tutto quello che ha vinto. Mi ha dato molti consigli in questi due anni e io ho cercato di rubare un po’ il mestiere vedendo come lui, Thomas ma anche Wellens e Ewan si comportano prima, durante e dopo una grande corsa».

Ti senti un corridore diverso da quello che due anni fa andava alla Lotto?

«Decisamente. Mi sento più maturo fisicamente, ma anche tatticamente. Due anni fa ero poco più di un ragazzino…»

Ci saranno stati momenti difficili però…

«Sì, soprattutto all’inizio. Non sapevo bene l’inglese e mi sono ritrovato in un mondo totalmente esterno al mio. Un neo-professionista poi non sa bene come muoversi all’interno di una squadra così importante e più volte ho avuto difficoltà a esprimere alcune problematiche. Poi però sono migliorato giorno dopo giorno».

E infatti andrai alla Alpecin, un’altra squadra belga. Come mai questa scelta?

«Volevo una squadra che lavorasse di più con i giovani, che mi stesse più vicino seguendomi nella crescita. Ho avuto anche altre proposte da squadre WorldTour, ma possiamo dire che la Alpecin è una WT mascherata da Professional. Viene invitata ovunque e vince più di tante altre formazioni di “Serie A”».

Cosa ti ha colpito di loro?

«Finora li ho visti da fuori e mi hanno sempre fatto un certo effetto. Hanno degli obiettivi chiari e partono sempre per vincere. Sono organizzati bene e l’organico è pazzesco. Non a caso Van der Poel è lì da molti anni».

Hai parlato con Sbaragli? L’altro italiano in squadra.

«Si, ho avuto modo di scambiarci due parole. Mi ha confermato quello che pensavo, ovvero che la Alpecin è una squadra che perfeziona i dettagli, che ha un metodo di allenamento efficace e che l’ambiente è ottimo. Ho già iniziato a lavorare con il nuovo preparatore».

Pensi che in una squadra così avrai spazio per metterti in mostra?

«Le opportunità bisogna conquistarsele. Comunque l’Alpecin viene invitata in tutte le corse, anche quelle italiane, quindi ci sarà spazio per giocare le proprie carte. Ovviamente con campioni come Van der Poel, Merlier e Philipsen ci sarà da lavorare. Ma lo faccio molto volentieri».