MONDIALI 2021 / Voeckler: «L’Italia ha sbagliato a correre sulla difensiva. Ad Alaphilippe ho detto di seguire il suo istinto»

Voeckler
Thomas Voeckler in una foto d'archivio alla Parigi-Nizza (foto: A.S.O./AlexBroadway)
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La maglia iridata di Julian Alaphilippe non è solo il frutto del talento immenso di cui è dotato. Nel ciclismo anche la tattica è fondamentale e il commissario tecnico ha sempre un ruolo di prim’ordine. La Francia di Thomas Voeckler è riuscita nell’impresa di ripetersi dopo Imola 2020 e il merito è anche di una nazionale, capace di correre d’assoluta protagonista.

Un po’ come a Trento, Voeckler ha cercato di sfiancare gli avversari andando all’attacco e rilanciando l’andatura prima con Anthony Turgis e poi con Benoit Cosnefroy. Nel gruppetto di testa portato poi via da Julian Alaphilippe, la Francia era presente anche con Valentin Madouas e Florian Sénéchal, segno di una squadra compatta, coesa e soprattutto in grande condizione.

Voeckler ha spiegato a CyclingNews poco dopo la gara cosa ha detto ad Alaphilippe nel momento in cui il bi-campione del mondo si è avvicinato all’ammiraglia per chiedere delucidazioni. Sentiamolo…

«Mi ha chiesto se dovesse lavorare per lo sprint di Sénéchal. Io gli ho risposto di no, perché Madouas era lì per lavorare per lui e Florian poteva vedersela anche da solo in volata. Gli ho detto di seguire il suo istinto: é così che ha vinto tutto quello che ha vinto. È un corridore che non bada a eccessivi tatticismi o ai dati del ciclocomputer. Julian è un attaccante e questa maglia iridata l’ha ottenuta correndo con coraggio.

«L’attacco ai meno 58 km era previsto, ma non ha funzionato come avremmo voluto. Sapevamo che sarebbe stata una corsa movimentata e noi non volevamo farci sorprendere, anzi siamo stati noi a voler sorprendere gli avversari, correndo d’anticipo.

«Alaphilippe ha poi attaccato quando mancavano ancora 18 chilometri. Ecco, quell’allungo non era previsto, per lo meno non in solitaria. Avrei voluto dirgli “rialzati”, ma come si fa a frenare un fenomeno del genere? Non volevamo correre come l’Italia sulla difensiva. Ho detto ai miei ragazzi che marcare Van Aert solo perché siamo in Belgio ed è il migliore non ha senso, anche perché altri ne avrebbero potuto giovare. Era giusto guardare il Belgio, ma non solo Van Aert. È come nel calcio: se giochi contro il PSG e metti quattro giocatori in marcatura su Mbappé, tutti gli altri saranno liberi».