Melbourne 1956, Baldini “treno” irresistibile: dopo il record dell’Ora arriva anche l’oro olimpico

Ercole Baldini con la maglia di campione olimpico, conquistata a Melbourne 1956
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Partirono in 88, anzi in 87 più uno. Rispetto a tutti gli altri, Ercole Baldini a Melbourne era di un paio di spanne superiore. Dilettante solo di status, aveva già dimostrato di andare più forte dei migliori professionisti, tanto da battere al Vigorelli il record dell’Ora che apparteneva al sublime Anquetil.

Secondo Casadei, già autore di “Romagna mia” e zio del futuro re del liscio Raoul, gli aveva dedicato un brano dal titolo “Il treno di Forlì”, che in maniera semplice e immediata ne racchiudeva sia le caratteristiche tecniche che la provenienza geografica.

Quella di Melbourne 1956 era una strana edizione dei Giochi Olimpici. Prevista, per ragioni di emisfero, nel tardo autunno europeo, aveva connotati un po’ selvaggi, in linea con la realtà del paese ospitante. La prova in linea di ciclismo si svolse il 7 dicembre, penultimo giorno dei Giochi. Per raggiungere il circuito di Broadmeadows, a qualche chilometro da Melbourne, gli inviati dovettero sottoporsi a una sorta di cross country tra dune e passaggi pericolosi.

Il piano di Proietti a Melbourne: Pambianco in fuga, poi il rush di Baldini

Oltre al ventitreenne Baldini, gli altri azzurri erano Bruni, Pambianco e Cestari, tutti in appoggio del capitano. Il piano dei ct Proietti prevedeva una sortita verso metà gara, per mettere la frusta agli avversari e preparare l’agguato di Baldini.

Le cose andarono proprio in questo modo: fu Pambianco (futuro vincitore del Giro del 1961) a partire nel corso del quinto giro e a prendere un vantaggio di circa un minuto e mezzo. Quando le avanguardie del gruppo riuscirono a rintuzzare il tentavivo, Baldini innestò la marcia e andò via.

Mancavano due giri al traguardo, circa 35 chilometri. L’azzurro aveva risorse di gran lunga superiori, il caldo e un percorso piuttosto severo contribuirono alla resa degli avversari. Non ci fu praticamente più storia, Baldini si presentò al traguardo con due minuti di anticipo sul francese Geyer, Pambianco fu settimo, Bruni e Cestari furono comunque tra i 44 che terminarono la prova.

Sorpresa: non parte l’inno di Mameli, rimedia il coro degli emigrati italiani

La cerimonia di premiazione sarebbe andata benino per una gara di paese. Fu allestito là per là un podio a due passi dallo striscione, Baldini prese posto sul gradino più alto e la bandiera italiana fu issata sul pennone. Non si trovò però il disco dell’inno di Mameli, sostituito da attimi di imbarazzante silenzio.

Fra i presenti, gli emigrati italiani erano parecchi. Uno di loro, Gualberto Gennai, ristoratore originario di Capoliveri, cominciò a intonare Fratelli d’Italia, via via seguito dagli altri. A loro si unì anche Baldini e tutto terminò pochi secondi dopo, soffocato dalla commozione generale.

Baldini chiuse in questo modo un 1956 da fenomeno. Nei successivi due anni, da professionista, toccò i vertici mondiali, vincendo con spavalda superiorità su tutti i terreni e mettendo in bacheca un Giro d’Italia e un mondiale. Un Merckx ante litteram, durato però troppo poco, per motivi rimasti in parte a galleggiare nel mistero.