Bettini sulle Olimpiadi di Parigi: «Caro Milan, io ti vedrei capitano»

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Le grandi sfide. Paolo Bettini, oro nel 2004 ad Atene, vede due grandi favoriti per i Giochi francesi: Van Aert e Van der Poel a patto che l’olandese non si concentri sulla Mtb. Occhio agli outsider, su tutti Pedersen e Laporte. E noi cosa dobbiamo aspettarci? Non facciamoci illusioni, ma che bello sarebbe puntare sul friulano


Le misure con le Olimpiadi, Paolo Bettini iniziò a prenderle nel 2000. A Sydney fu nono, con Bartoli quarto e arrabbiato per una medaglia sfumata. Davanti, il trio della Telekom che monopolizzò la fase finale della gara: Ullrich, Vinokourov e Kloden, rispettivamente oro, argento e bronzo. Vinokourov era kazako, non tedesco come gli altri due, ma prevalse l’appartenenza alla stessa squadra di club. Al loro inseguimento si mossero due atleti della Mapei: Bartoli e Bettini, appunto, ma non bastò.

«Quel giorno ho iniziato a capire quanto valesse una medaglia olimpica anche per un ciclista professionista – racconta Bettini – Per questo dico sempre che alle Olimpiadi non vince soltanto il primo, ma in parte anche gli altri due. Paulinho, il portoghese che battei ad Atene quattro anni più tardi, ha avuto una carriera più che dignitosa che lo ha portato a vincere anche una tappa al Tour e una alla Vuelta, ma in patria viene ricordato perlopiù come l’argento olimpico. Chi prende una medaglia non può dichiararsi sconfitto. Penso a Ganna».

Prego?

«La cronometro di Parigi è perfetta per lui: non ci sono salite impegnative, è lunga circa 32 chilometri e dovrebbero esserci dei rettilinei lungo i quali poter sprigionare la sua potenza. Per me è il favorito principale, ma dovrà lottare contro Van Aert, Evenepoel e magari anche Tarling, e questi sono solo i primi tre corridori che mi vengono in mente. Se invece dell’oro prendesse l’argento o il bronzo, insomma, non sarebbe una tragedia: lo stesso piazzamento in una classica farebbe più male».

Ganna che, oltre alla cronometro, tornerà in pista dopo i fasti di Tokyo. A causa del calendario, impossibile trovarlo competitivo anche nella prova in linea su strada.

«Per me è corretto concentrarsi sulla pista e sulla cronometro, sinceramente Ganna con una medaglia al collo nella prova in linea non ce lo vedo. Devo dire, per onestà, che non riuscivo ad immaginarlo protagonista nemmeno alla Sanremo e invece è arrivato secondo. A proposito di pistard, per me il capitano ideale per la prova in linea sarebbe Milan. E’ veloce ma resistente, sogna le classiche: perché no? L’unica incognita potrebbe essere la tenuta sulla lunga distanza: 273 chilometri e circa 2.800 metri di dislivello non sono pochi…».

Difficilmente lo vedremo in azione su strada, essendo uno dei perni della pista azzurra. Ma ipoteticamente chi gli affiancheresti?

«Sicuramente Bettiol, un corridore altalenante ma capace d’esaltarsi negli appuntamenti importanti: ha vinto un Fiandre e una tappa al Giro, ha animato il mondiale di Glasgow. Nel caso di un’azione da lontano di Evenepoel o Pogacar, un atleta esperto e forte come lui servirebbe come il pane per non rimanere tagliati fuori».

Trentin?

«E’ uno degli atleti migliori che abbiamo, specialmente su percorsi veloci e tortuosi allo stesso tempo. Bisogna dire che sotto pressione, in più di un’occasione, non ha saputo mantenere le promesse, ma certamente ha occhio e mestiere».

Bagioli, invece?

«No. E’ un corridore brillante e con buone prospettive, ma quello parigino non è il tracciato adatto a lui. Più che scalatori da Lombardia, serviranno passisti potenti e scafati da Giro delle Fiandre. Uomini abbastanza rapidi in caso di arrivo a ranghi compatti e contemporaneamente in grado di cavarsela da soli, di sopravvivere limando e all’occorrenza anche nascondendosi. Servono una scaltrezza e una resistenza che di norma i corridori più giovani e acerbi non hanno».

Bettini, chi è il tuo favorito?

«Io su Van Aert sono stato duro in più di un’occasione: ha dei mezzi spaventosi, ma non il palmarès del campione. Sarebbe bello se l’Olimpiade fosse la gara del suo definitivo riscatto. Vedo molto più adatto lui del suo connazionale Evenepoel, il quale tuttavia farà di tutto per spaccare il gruppo e lasciare il segno. A Glasgow ha sofferto le curve secche e i continui rilanci di andatura, a Parigi immagino che troverà dei lunghi e larghi vialoni più adatti alle sue caratteristiche».

Qual è l’outsider che temi maggiormente?

«Pogacar va tenuto sempre in considerazione, se deciderà di partecipare. E’ un fuoriclasse e di solito chi in bicicletta si diverte come lui può inventarsi qualcosa in qualsiasi momento. Però non escluderei i passisti veloci: non tanto Philipsen, che ha bisogno di compagni al suo fianco e che comunque dovrebbe incassare la fiducia di Van Aert ed Evenepoel, quanto il Laporte dei campionati europei e il Pedersen della stagione passata. La mia impressione è che il percorso di Parigi assomigli molto a quello mondiale di Madrid che nel 2005 premiò Boonen: per questo Pedersen non va sottovalutato».

Capitolo Van der Poel. C’è la possibilità che l’olandese si cimenti nella prova di mountain bike, perdendo così una possibilità che su strada potrebbe non capitargli più.

«Io capisco il suo disegno: dopo aver dominato nel ciclocross e aver vinto quasi tutto quello che poteva vincere su strada, adesso vorrebbe la gloria anche in una terza disciplina. Ma non credo che rinuncerà a cuor leggero alla prova in linea su strada. E’ il campione del mondo in carica e il percorso sembra disegnato per lui, senza dimenticare che a Los Angeles nel 2028 avrebbe trentatré anni e mezzo: sì, effettivamente una chance del genere potrebbe non passare mai più».

Cosa ti aspetti dall’Italia di Bennati?

«A cronometro un Ganna sul podio, direi alla portata. Nella prova in linea, invece, ho aspettative più basse. Se ci presentiamo al via con tre atleti e non quattro, qualcosa vorrà dire. Bennati avrà anche raccolto poco, per ora, ma che colpe ha? Fa il massimo con quello che ha a disposizione. Se le sue nazionali perdessero pur essendo costituite da fenomeni, allora il discorso cambierebbe. Ma non è il nostro caso, purtroppo. Quindi se dovesse arrivare una medaglia mi toglierei idealmente il cappello, altrimenti spero quantomeno che l’Italia corra con coraggio e fantasia come a Glasgow».