Alla partenza della nona Milano-Sanremo della carriera, Alessandro De Marchi quasi rimpiange quelle edizioni in cui poteva attaccare fin dal chilometro zero.
«Presi subito la fuga, al debutto. Era il 2011 e per l’Androni era fondamentale. Quelle lunghe giornate passate al vento mi hanno permesso di conoscere me stesso e il ciclismo. Le ricordo quasi con nostalgia».
È davvero impossibile vederti di nuovo all’attacco?
«Sì, ormai ho altre responsabilità a cui non posso sottrarmi. Dovrò dedicarmi al lavoro sporco sull’Aurelia».
Dove può arrivare Matthews?
«Anche sul podio, a seconda di come si mette la corsa. Non credo che la corsa possa esplodere troppo presto, ma non metto limiti alla fantasia e all’incoscienza altrui».
Corsa noiosa ma unica: sei d’accordo?
«È la Sanremo e ha le sue peculiarità. Io con questa gara non c’entro niente, ma ci sono particolarmente affezionato. È lunga e apparentemente semplice, credo che insegni il valore della pazienza e dell’attesa».
Però è un peccato che non parta da Milano.
«Certo che lo è. Non è il mio ruolo, ma forse le istituzioni dovrebbero farsi certe domande».
Come stai, in definitiva?
«Benino, la Tirreno-Adriatico è stata preziosa ma mi ha lasciato in dote un raffreddore. Dopo la Sanremo mi prendo qualche giorno di riposo, poi salgo in altura e preparerò il Giro anche attraverso il Tour of the Alps».