Nel momento esatto in cui la ruota di Alessandro De Marchi sta per passare la linea del traguardo, una nuvola si sposta dal sole e fa risplendere il verde che colora le montagne e il sorriso del Rosso di Buja. Poi prosegue per un po’ senza pedalare e si ferma dal suo staff che lo aspetta: resta in silenzio. Non c’è stata un’esultanza scenografica e nemmeno un urlo liberatorio. Eppure De Marchi ne avrebbe avuto tutto il diritto. In primo luogo perché la sua ultima vittoria risale alla Tre Valli Varesine del 2021 e in secondo luogo perché al Tour of the Alps erano tre anni che non vinceva un italiano (l’ultimo fu Moscon, ndr).
«Quello di oggi è un tentativo andato a buon fine. Avevo la sensazione che poteva essere una buona giornata e infatti così è stato. Ieri sera, in camera con Zana, glielo ho detto che sarei andato in fuga anche se il percorso non era facile».
La sua vittoria vale davvero tanto pensando a che corridore è De Marchi: uno di quelli che non ha paura a provarci, nemmeno a quasi 38 anni, e che mette l’umanità davanti all’agonismo.
«Sapere di essere apprezzato soprattutto per quello che sei e non solo per quello che fai non è da poco. In gruppo sono uno dei più vecchi e uno dei più legati al ciclismo di prima. Sono quello che non ha paura di rischiare e quello che cerca di essere sempre educato portando rispetto per tutti. A volte le vittorie ti portano lontano da questa strada, ma ho sempre evitato di arrivare a quel tipo di agonismo».
Caratteristiche e qualità sempre più difficili da scovare tra i corridori, soprattutto tra i giovani. «In Italia non possiamo paragonarci ad anni fa, le cose sono più difficili ora. Il fatto che io a 38 anni sia qui e continui a fare ciò che ho sempre fatto, forse è segnale che va bene essere preparati con tutta la scienza che offre il ciclismo di oggi, ma è fondamentale anche avere il coraggio di rischiare. Questo è ciò che manca ai giovani in generale, la fame di rischiare. Corridori come me che si buttano, si vedono ormai raramente. Stamattina per far sganciare una fuga ci è voluto tempo perché la mossa tipica era uno scatto di 100 metri e poi si voltavano per vedere chi rispondeva, come per dire “non insisto”. Forse è questo che ci siamo dimenticati di insegnare alle categorie giovanili. Bisogna provarci sempre».
Per quanto riguarda la tappa di domani, De Marchi mette le mani avanti: «Tornerò in gruppo e aiuteremo Harper. Io devo recuperare la fatica perché ho 37 anni e devo pensare anche a quello». Poi dopo il Tour of the Alps, il friulano della squadra australiana svela che presto lo vedremo al Giro d’Italia.