Meris: «Al Giro parto per fare classifica, ma devo imparare a correre con più leggerezza»

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Arrivato al quarto anno tra gli Under 23, Sergio Meris è uno dei leader della Colpack-Ballan e cerca un contratto tra i professionisti
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L’educazione e la festosità con cui Sergio Meris abitualmente si pone non devono trarre in inganno: è un uomo in missione e il suo obiettivo è quello di guadagnarsi il professionismo (anche) con un bel Giro d’Italia. Per riuscire, ha scelto la strada più esigente, con la speranza che sia pure quella più efficace: un ritiro a Livigno che andrà avanti fino al 30 maggio.

«Oggi, ad esempio, io e Romele siamo scesi fino a Bormio perché faceva più caldo. Nelle prossime settimane ci sarà senz’altro occasione di provare lo Stelvio, dove terminerà la quarta tappa. La corsa rosa è uno dei grandi obiettivi stagionali: lo scorso anno arrivai secondo a Peveragno e quinto a Pinerolo, quest’anno parto con l’intenzione di fare classifica. E’ vero, in passato le salite lunghe mi hanno messo in difficoltà, ma allo stesso tempo la mia costanza mi rende fiducioso».

Devi esserlo: nel 2023, almeno fino ad oggi, ti sei ritirato soltanto al debutto al Laigueglia.

«Nel finale e per una caduta, lo dico per completezza, altrimenti avrei portato a termine anche quella. Ritirarmi mi dispiace, quindi cerco sempre di stringere i denti finché posso. Mi definisco tenace e costante, appunto: doti fondamentali per chi ambisce ad un buon piazzamento in classifica».

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Sergio Meris impegnato nella scalata del Fauniera, spettacolare sede d’arrivo della 6ª tappa del Giro d’Italia Under 23 dello scorso anno. Quel giorno chiuse 31°

Da questo punto di vista, rincuorante anche l’ultimo tuo risultato: decimo al Tour de Bretagne. Ha vinto Pellaud, che tra i professionisti ha concluso due volte il Giro e due volte la Vuelta, e tu hai concluso a soli 7” dal quarto posto.

«Una bellissima esperienza, ma parliamo di una corsa che col Giro non ha molto a che fare, non ci sono le stesse salite e difficoltà altimetriche. Planimetriche, invece, quante ne vuoi: strade strette, nervosismo, vento. Io sono sempre arrivato nel primo gruppo, ma la classifica l’hanno fatta gli abbuoni al traguardo finale e a quelli volanti: così, con continuità, senza mai perdere né guadagnare, ho terminato decimo».

Uno dei tanti buoni piazzamenti che hai centrato in questa prima parte di stagione: quattordicesimo all’Istrian Spring Trophy, quinto alla Per Sempre Alfredo e ventunesimo all’Industria e Commercio dei professionisti, quarto al Piva, decimo al Belvedere e al Recioto e nono a San Vendemiano.

«Sono abbastanza soddisfatto. Il risultato che mi ha stupito maggiormente è stato il quinto posto in volata alla Per Sempre Alfredo. Il livello non era clamoroso, ma avendo cominciato l’anno con dei problemi allo stomaco non mi aspettavo un granché. Ce li avevo già in ritiro a Calpe a gennaio, non riuscivo a venirne fuori. E poi, alla Per Sempre Alfredo, ecco che chiudo quinto. Buone sensazioni, sia sull’ultima salita che nello sprint finale, non proprio il mio esercizio preferito».

Hai qualche rimpianto, invece?

«Sì, cercavo un risultato più importante sia al Belvedere che al Recioto. Il decimo posto in entrambe non è malvagio, ma non era ciò per cui ero partito. Una settimana prima, al Piva, avevo chiuso inaspettatamente quarto nonostante una forma non eccellente e un problema meccanico che mi aveva costretto ad inseguire i battistrada. Mi ero rinfrancato, mi sentivo bene e quindi mi aspettavo grandi cose. Non dico vincere per forza, ma giù di lì. Ma non è la prima volta che mi ritrovo in una situazione del genere».

Ovvero?

«Emotivamente parlando, mi faccio ancora coinvolgere troppo dalle gare. Mi logoro durante la settimana, spreco energie mentali preziosissime, mi impongo di vincere. Ma nel ciclismo vince solo un corridore, non sai mai quello che può succedere e bisogna essere pronti ad adattarsi in tempi rapidi a qualsiasi scenario. Questo mi succede perlopiù tra gli Under 23, mai invece quando corro coi professionisti, forse perché sono il primo ad attendersi meno. E’ una questione di leggerezza e di responsabilità, devo imparare ad approcciare le gare in maniera diversa».

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Sergio Meris vince il Giro del Casentino dello scorso anno battendo in volata Jacopo Menegotto (a sinistra) e Alessandro Iacchi (in secondo piano), entrambi allora del Team Qhubeka (Credito: Colpack-Ballan)

Sei al quarto anno e uno dei leader della Colpack-Ballan: senti la pressione di dover dimostrare?

«Mentirei se dicessi di no. Centrare bei risultati con questa maglia e poi passare professionista è il mio obiettivo. Tra l’altro mi trovo meglio a correre di là che con gli Under 23. E’ tutto più regolare e nel finale mi eccita la sfida a eliminazione che si viene a creare: quando rimani davanti, tra i migliori, e vedi gli altri che si staccano è incredibilmente soddisfacente».