L’incredibile storia di Imad Sekkak: «Venuto dal Marocco senza parlare italiano, adesso sogno il professionismo»

Imad Sekkak in maglia Palazzago
Imad Sekkak in maglia Palazzago durante la stagione 2022 (foto: Palazzago)
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Eccolo là. Solo. Un bambino piccolo e disorientato. Così Imad Sekkak è approdato in Italia pochi giorni dopo il Natale del 2012, lontano dalla sua famiglia, senza conoscere una sola parola d’italiano. Entra in comunità e scopre il divertimento dell’andare in bici. Lo svago fa spazio alla passione, iniziano gli allenamenti, la fatica e arrivano i primi piazzamenti. Si sente finalmente vivo. Ha tutti gli ingredienti per realizzare il suo sogno di diventare professionista, è quasi fatta, fino a quando…

«Ho iniziato a gareggiare da esordiente, nessun risultato all’inizio, ma mi divertivo. Tra gli allievi i primi piazzamenti e delle squadre juniores mi hanno notato, ho scelto il team Giorgi perché avevano una casa dove potevo stare e mi hanno aiutato tantissimo».

Impegno, volontà, coraggio e determinazione iniziano a manifestarsi non solo nella pratica dello sport, ma anche nella scuola: assorbe tutto in maniera furiosa fino alla conquista del diploma delle superiori. 

«Stavo per smettere prima di diventare Under 23, a fine 2018, ma l’allenatore della nazionale del Marocco era francese e chiese all’UCI se mi volevano nella loro squadra. È stata un’esperienza importante, ho gareggiato per tutta Europa, anche con i professionisti. Stavo crescendo e il mio sogno si concretizzò nel 2020, o almeno credevo».

Imad Sekakk
Imad Sekkak con i compagni di squadra nel team dell’Unione Ciclistica Internazionale (foto: vraisekkak)

Imad è andato in Svizzera nella squadra gestita dall’UCI, al Centre Mondial du Cyclisme di Aigle, un’opportunità irripetibile che gli ha aperto le porte a un ritiro con una squadra professionistica. Ma è stato un successo illusorio.

«Feci un ritiro con la Eolo-Kometa Cycling Team, andò bene, sembrava fatta. Non so cosa sia successo, ma improvvisamente mi dissero che non mi avrebbero più preso. Mi crollò tutto il mondo addosso, andai in depressione e non volevo saperne più niente».

Era il periodo della pandemia, il team dell’Unione Ciclistica Internazionale chiuse con i dilettanti e a peggiorare la situazione furono le persone che prima credeva amici.

«Tanti che prima mi volevano bene mi hanno abbandonato. Ero nuovamente solo, lontano dalla famiglia. Ho cercato di usare il briciolo di speranza che mi era rimasto per trovare una nuova squadra, ma in Italia non mi volevano e non conoscevano i miei risultati fatti con il team dell’Uci. Ho mollato completamente di testa, ho sofferto, non riuscivo a fare niente e a fatica dormivo».

Stare in comunità non è mai stato piacevole per Imad, ma nel ciclismo aveva trovato una via d’uscita, incontrava altre persone e si sentiva normale.

«Il ciclismo mi ha salvato da tante cose, se non avessi iniziato a pedalare, molto probabilmente, sarei diventato un delinquente condizionato dai ragazzi che mi circondavano. Stare fuori da quell’ambiente mi ha reso chi sono oggi. Adesso vivo in un appartamento da solo, sempre della comunità, in cambio io faccio dei lavori per loro».

Quando tutto sembrava ormai perso, Imad ha iniziato a lavorare come meccanico e guida turistica a Lecco, ma non per molto.

«Tra tutti quelli che mi avevano tradito, c’era un mio amico che mi spingeva a crederci. Riuscimmo a contattare Andrea De Luca che mi riuscì a far fare un test alla Bardiani: la mia condizione era pessima, ero ingrassato e poco motivato. Andò male insomma, ma mi trovarono una sistemazione nella Palazzago».

Le difficoltà ci sono sempre state, ma lui, robusto e fragile, stava ritornando a crederci.

«Ho potuto contare su un’educatrice che mi è sempre stata vicina come se fosse mia madre, mi prestava i soldi per comprare gli integratori, la spesa per la dieta e per fare le visite mediche. Ma quando ho smesso nel 2020 mi ha voltato le spalle, ha smesso di parlarmi e non mi ha aiutato più. Alla Palazzago ho incontrato Tiralongo che non mi conosceva e non credeva tanto in me. Mi faceva correre con le ruote in alluminio, mi provocava sempre per farmi reagire. Ha funzionato, mi ha messo un po’ il bastone tra le ruote per farmi imparare. Paolo è stata la mia salvezza, mi aiutato sia nel ciclismo che nel lato umano, ha capito la mia storia e mi è sempre stato vicino».

Sembra troppo, in alcuni momenti anche le gambe sembrano dire basta, ma il ritorno alle gare nel 2022 gli accende il fuoco e la passione ritorna ad essere vivida.

«L’inizio è stato doloroso, poi sono riuscito a fare qualche risultato nella seconda parte di stagione, però non sono riuscito a fare completamente la vita da corridore».

Biniam Girmay brilla alla Intermarché, Henok Mulubrhan veste la maglia della Bardiani e Petr Kelemen quella della Tudor di Fabian Cancellara, sono tutti ex compagni di Sekkak quando correva per l’Uci.

«Prima non credevo in me, ma vedendo i miei vecchi compagni di squadra che avevano il mio stesso livello mi dà l’energia per crederci e mettercela tutta. Bini ha già vinto una tappa al Giro d’Italia e magari ci riuscirò anch’io».

Paolo Tiralomgo
Paolo Tiralongo, direttore sportivo del team Under 23-Elite della Palazzago (foto: Palazzago)

Nessuno ti regala niente nella vita, e tutto ciò a cui aspiri lo devi guadagnare con impegno e determinazione. Chi meglio di Imad sa questo? La stagione 2023 sta per iniziare, sarà sempre guidato da Tiralongo, e con i suoi 22 anni si ritroverà tra gli Elite.

«Non vedo l’ora di andare in ritiro con la squadra per ritrovare un ambiente stimolante e cercare di far bene fin da subito. C’è Maurizio Fondriest che mi tiene sotto d’occhio e se riesco a dimostrare il mio valore forse riuscirà a trovarmi una sistemazione in un team professional. Voglio dedicare tutto me stesso a questo sport, non ho nulla da perdere».

Il sogno? Vivere una vita normale.

«Voglio salvarmi, iniziare una nuova vita normale e autonoma, fare del ciclismo un lavoro. Pochi sanno la mia storia e spesso mi criticano dicendomi di andare a lavorare invece di perdere tempo. Voglio fare tutto per bene e riuscire a sentirmi libero. Voglio anche vendicarmi. Dimostrare a chi mi ha abbandonato che riesco a farcela da solo».