Piganzoli è pronto al grande salto: «Alla Eolo-Kometa ho la possibilità di crescere con calma per vincere anche da professionista»

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Davide Piganzoli in azione con la maglia della Eolo-Kometa U23 (foto: EOLO-KOMETA Cycling Team sub23)
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Negli ultimi anni nella carenza di talento del ciclismo italiano è emerso in particolare un vuoto per le corse a tappe. Nascosto per diverso tempo dietro i successi storici di Vincenzo Nibali e gli acuti di Fabio Aru, ora salta fuori agli occhi di tutti con nettezza. Perché? Le ragioni sono varie, se ne discute tanto, sempre di più. Fatto sta che l’Italia non ha più un corridore di riferimento per i grandi Giri e adesso dobbiamo aspettarlo, confidando nella crescita di alcuni giovani che tra Juniores e Under 23 hanno ottenuto bei risultati. Tra questi c’è anche Davide Piganzoli, dal 2023 professionista con la Eolo-Kometa e unico neopro’ italiano della prossima stagione che ha dimostrato ripetutamente di saper far classifica nelle corse a tappe.

Quinto al Tour de l’Avenir, secondo al Tour de Savoie Mont Blanc, la vittoria della Vuelta Al Bidasoa, la maglia tricolore a cronometro e tanti piazzamenti tra i primi dieci, tra cui quello al Giro d’Italia (dove aveva raccolto lo stesso piazzamento già nel 2021) e alla Corsa della Pace. Tutto questo nell’ultima delle due stagioni trascorse nel vivaio della formazione di Ivan Basso, che stravede per lui e lo presenta come un talento assoluto.

Davide, a fine agosto, dopo l’Avenir, ci avevi lasciato dicendo che ti sentivi pronto per il salto al professionismo, ma non ne avevi ancora parlato con la squadra. Ora questo momento è arrivato: com’è realizzare il sogno di ogni bambino che comincia a gareggiare in bicicletta?

«È una grande emozione, soprattutto perché realizzo questo sogno nella stessa squadra che mi ha portato a ottenere i risultati raggiunti questa stagione. Voglio ringraziarli tanto e il modo migliore per farlo sarà aiutare i compagni e provare a dire la mia l’anno prossimo».

Il passaggio dalla formazione Under 23 a quella dei professionisti è sinonimo di grande fiducia reciproca. Resti nello stesso ambiente e questo può portarti grandi vantaggi, non credi?

«Sì, è un aspetto che ho tenuto sempre in considerazione perché, come si dice, si sa quello che lasci ma non quello che trovi. Fin dall’inizio mi sono trovato molto bene nella Eolo-Kometa e ora potevo anche scegliere di andare in un’altra squadra, più prestigiosa, ma dovevo abituarmi a tante cose diverse e non sapevo se in questo momento della mia vita ero pronto a farlo. Invece so che qui tengono a me, si lavora bene e quindi ho deciso di rimanere».

Avevi già avuto modo di confrontarti con i professionisti della prima squadra?

«Non ho ancora mai pedalato con loro. L’anno scorso avevo l’opportunità di farlo, ma poi mi sono rotto la clavicola e quindi i programmi sono saltati. Ma a fine stagione a Jesolo ho partecipato al ritiro con tutta la squadra, abbiamo svolto diverse riunioni e abbiamo provato il materiale nuovo. Ho avuto modo di ambientarmi anche tra i professionisti e già a dicembre ci saranno altre occasioni».

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Davide Piganzoli in azione al Giro della Valle d’Aosta 2022

Quali sono gli obiettivi per la prossima stagione?

«Sì, da due settimane abbiamo cominciato la preparazione invernale. Lo scorso inverno l’ho fatta bene e ha portato i suoi frutti, quindi cerco di lavorare al meglio. Seguirò qualche sessione in più sulla forza e aumenterò la distanza degli allenamenti, visto che tra i professionisti le gare sono più lunghe».

Una preparazione quindi volta ad abituarti al ritmo gara, alle varie situazioni di corsa, tra fondo ed esplosività.

«Sì, sono questi gli aspetti fondamentali su cui lavorare con calma. Dai dilettanti ai professionisti c’è un bel divario che dobbiamo colmare senza fretta, altrimenti succede un patatrac».

A proposito di calma, a fine agosto ci avevi detto che tra i dilettanti hai rinunciato a qualcosa con la speranza di ritrovarti con qualche arma in più in futuro nei professionisti. Ad esempio sei andato una sola volta in altura, ma con la nazionale. Ti sei fatto sempre guidare dalla calma senza accusare la pressione?

«In due anni da dilettante pressione non ne ho mai avuta e non ho mai agito di fretta. Forse perché mi hanno sempre detto che se lavoravo bene ci sarebbero state grandi possibilità di passare professionista in prima squadra. Questo alla fine mi ha reso più tranquillo, mentre per tanti altri ragazzi non è così. Non basta lavorare bene, serve fare le cose al 110% per compiere il salto. Perché ormai con tutte le development che ci sono per le World Tour, per i vivai delle Professional è sempre più complicato. Non dico che per me sia stato facile o sono stato avvantaggiato, perché i risultati parlano chiaro, però quando si lavora con tranquillità è più probabile seminare bene e poi raccogliere buoni frutti».

Il calendario italiano dei dilettanti sembra non favorire l’emergere di corridori come te, adatti alle corse a tappe. Di quest’ultime ce ne sono davvero poche, ma grazie alla Eolo-Kometa tu hai corso più giorni anche in Spagna. Hai percepito questa difficoltà?

«Sì, il livello in Italia è più alto rispetto alla Spagna, però lì c’è la possibilità di correre più corse a tappe. Anche se brevi, di tre o quattro giorni, ti aiutano molto perché impari cosa significa il recupero, a conoscere meglio il tuo corpo. Sono felice di aver corso in Spagna e ringrazio Amadori che mi ha scelto per la nazionale in diverse corse a tappe, mi hanno fatto crescere».

Hai già stabilito con la squadra il programma della prima parte di stagione?

«No, dobbiamo ancora decidere gli impegni. La squadra inizierà a gareggiare a fine gennaio, ne parleremo più in là».