Menegotto è senza squadra ma prosegue: «Ho ancora qualche gara da vincere»

Menegotto
Jacopo Menegotto alla Firenze-Empoli 2022 in maglia Qhubeka
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«Sono le nove di mattina, ma io mi sono già allenato – racconta Jacopo MenegottoSono andato a correre a piedi, anche se faceva freddo e quasi era ancora buio. No, per la prossima stagione non ho una squadra. Sono in cerca, ma sinceramente voglio pensarci il meno possibile. Io mi preparo e vivo come se fossi un corridore in attività, poi staremo a vedere cosa succederà. Per un mese abbondante ho fatto anche il pizzaiolo: ho dato una mano, amici di famiglia e tifosi della prima ora, andiamo a prendere la pizza da loro da quando avevo sette anni. Ma poi ho capito che per me era ritornato il momento di pensare alla bicicletta».

Quest’anno eri nella Qhubeka, ma non sei stato riconfermato perché la squadra torna development e punterà sugli Under 23.

«E io, invece, essendo del 2000 divento un elite. Lo sapevo, ci avevano informato per tempo, da questo punto di vista non posso dire niente. Anzi, se devo essere sincero mi sembra una scelta coerente con la filosofia di queste formazioni. Giusta non lo so, ma al passo coi tempi sicuramente sì. Però gli ultimi tempi sono stati strani».

In che senso?

«Da settembre in poi si respirava un’aria diversa: più incerta, vagamente più pesante. E poi, com’è naturale, coi compagni ci si confida e sono emersi dubbi, paure, dispiacere, visioni differenti. Personalmente, e non per tirarmi indietro, credo di essere stato quello che ci ha pensato meno: volevo soltanto correre e fare il meglio possibile».

Una stagione difficile, la tua. Nel 2021 avevi sfiorato San Vendemiano e una tappa al Giro, quest’anno ti giocavi il passaggio tra i professionisti.

«Era pure cominciata benino, sesto al debutto a La Torre. Poi, la sera prima del Laigueglia, ho cominciato a stare male. Era mononucleosi, il famoso citomegalovirus che tanti corridori ha colpito ultimamente. Non riuscire nemmeno a finire San Vendemiano è stata una mazzata, pensando a quello che avevo fatto soltanto dodici mesi prima».

Ottavo al Valdarno a fine maggio, ritirato a Meldola, niente Giro: la tua prima parte di stagione è finita così.

«Dopo il Liberazione volevo smettere. Poi, in un modo o nell’altro, mi sono fatto forza e ho portato pazienza. Sono stato un mese e mezzo senza correre. Il 23 luglio sono rientrato con un settimo posto a Vinci. Da lì in poi, la mia annata ha preso una piega leggermente diversa».

Undicesimo a Capodarco, secondo al Casentino, primo al Tortoli, quarto alla Ruota d’Oro: un buon filotto, no?

«Appunto, buono e nulla più. I risultati a cui ambivo io sono altri, ma purtroppo è andata così. Al Piccolo Lombardia, ad esempio, non ho raccolto niente nonostante ci puntassi perché la squadra, proprio in quei giorni, è stata colpita da un’influenza che ha toccato tutti i corridori. Certo, il successo del Tortoli è stato un bel momento».

L’unica affermazione dell’anno, la tua prima tra gli Under 23.

«E dire che non mi sentivo nemmeno benissimo. Ma ho colto l’attimo giusto e sono arrivato da solo. Che soddisfazione: avevo ritrovato il piacere di pedalare, di allenarmi, di durare fatica. A causa dei problemi fisici l’avevo perso. Si può avere la testa più solida e affidabile del mondo, ma quando il corpo non funziona e ti impedisce di esprimerti è frustrante, umiliante. Mi sono sentito impotente, non potevo fare niente se non aspettare, curarmi e riposare. Uno strazio».

E per la prossima stagione non hai una squadra.

«No, ma spero che qualcuno si faccia avanti. Sinceramente non vedo l’ora di capire. Ho capito quanto valgo: quest’anno, nonostante una forma approssimativa e tanti guai, spesso e volentieri sono riuscito a salvarmi laddove tanti altri si sarebbero ritirati. Non sarò un fuoriclasse, lo accetto, ma un pizzico di talento ce l’ho e voglio farlo fruttare. Ho ancora qualche gara da vincere».

Qualcuna in particolare?

«No, ho imparato che ogni corsa è quella buona per vincere. Non voglio fare scelte, non sono nella posizione per farlo, non me lo posso permettere. Comunque quest’anno una cosa l’ho imparata: che non bisogna mollare mai, davvero. Se uno insiste, lavora nella maniera giusta e crede nei propri mezzi, prima o poi si mette nelle condizioni migliori per avere successo».

Alla fine del 2021 avevi scelto di abbandonare la General Store per la Qhubeka. Rimpianti?

«Forse valuterei meglio alcuni aspetti, ma non voglio addentrarmi nel discorso. Se quest’anno ho raccolto poco non è colpa di nessuno, se non di questo problema fisico che mi ha fatto perdere la prima parte della stagione. L’ambiente non c’entra. Non mi aveva cercato nessuno nemmeno tra i professionisti, quindi non ho il rimpianto d’aver rifiutato un contratto importante per continuare a crescere tra i dilettanti. Ma questo è il passato e sinceramente preferisco guardare avanti».