Raccani a scuola di Basso e Contador: «Un’occasione unica per imparare dai migliori. Le corse a tappe il mio punto di forza»

Raccani
Simone Raccani in maglia Zalf al Giro d'Italia Under 23
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La seconda parte di stagione di Simone Raccani è stata un turbinio di emozioni. Vittoria al Trofeo Filtri, convocazione in nazionale per il Giro della Valle D’Aosta poi chiuso al terzo posto alle spalle di Martinez e Thompson, e successivamente la chiamata di una corazzata World Tour come la Quick-Step per alcune gare da stagista.

L’euforia di quella chiamata dal team di Lefevere si è subito scontrata con la sfortuna. Dopo tre tappe della Vuelta a Burgos infatti, Raccani è finito a terra con una frattura al radio del braccio sinistro. Lui però non si è arreso e l’ottima stagione non è passata inosservata. Ecco allora che alla porta si presenta Basso, con un contratto da professionista per le prossime due stagioni in maglia Eolo-Kometa

Simone, raccontaci come è arrivata la chiamata della Eolo.

«Un contatto con loro c’era già stato lo scorso anno, ma io ho preferito fare un altro anno tra gli Under 23, pur ringraziando molto per la fiducia. Dopo il fattaccio a Burgos ho raccolto un po’ di proposte che avevo e quando mi hanno ricercato per mettere nero su bianco la firma del contratto io non ho esitato».

Perché hai voluto fare un altro anno tra gli Under?

«Non mi sentivo pronto, sono sincero. Credo che fare il terzo anno non sia un rischio perché in caso di inconvenienti c’è sempre il quarto per recuperare. In questa stagione sono maturato e cresciuto molto, ho corso maggiormente da leader della Zalf e mi sono preso più responsabilità. Ora sì, mi sento pronto».

In tanti passano anche se non pronti…

«E magari si perdono. Io non volevo questo per il mio futuro, ma capisco che il ciclismo moderno non aspetta nessuno e si è soliti affrettare le cose. Alla Zalf ho avuto il tempo necessario per salire di gradino in gradino ogni anno».

Hai conosciuto Basso, come ti è sembrato?

«Ivan l’ho incontrato a settembre. Ci siamo messi in contatto e ci siamo dati appuntamento per visitare la loro sede in Lombardia. Ho parlato a lungo con lui, affiancato dal mio procuratore Mazzanti e mio padre. È stato un incontro positivo, volevamo andare tutti nella stessa direzione e questo mi ha colpito subito».

Lavorare con lui cosa significa?

«È una persona molto accogliente che sa metterti subito a tuo agio. Poi è davvero intelligente, ha l’occhio del campione e conosce tutti i pensieri, i dubbi e le paure di un ragazzo giovane perché ci è passato anche lui. Il passaggio tra i professionisti non è mai facile, ma alla Eolo ho trovato fin da subito un ottimo ambiente».

Hai già fatto un ritiro con la squadra, come ti sono sembrati?

«Sì, mi sono incontrato con il team per la consegna dei materiali e le primissime riunioni. Mi sono immediatamente integrato e ho notato che la squadra ha ambizioni davvero importanti. Sono cresciuti in questi due anni, ma nella mente di Ivan, Alberto (Contador ndr.) e suo fratello Fran c’è la voglia di fare sempre di più. Si vede che al timone ci sono due campioni e questo non può che essere uno stimolo per i ragazzi».

Quando vi rincontrerete?

«Sono sempre in contatto con Ivan e i preparatori, ma a metà dicembre è previsto un ritiro a Oliva, in Spagna. Circa dieci/quindici giorni dove allenarsi tutti insieme, iniziare a stilare i programmi della stagione e soprattutto fare gruppo».

Con quali ambizioni dunque affronterai il 2023?

«Nell’incontro di settembre, Ivan mi ha mostrato come sono soliti gestire i ragazzi al primo anno tra i professionisti. Mi ha detto vedere i programmi dei corridori della mia età in questi due anni e secondo me utilizzano il metodo giusto. Fanno correre i ragazzi sia in gare di primo piano per imparare a stare in gruppo con i migliori sia in gare di secondo piano dove c’è la possibilità di avere più spazio».

Che gara ti piacerebbe fare?

«Forse è scontato dirlo, ma il mio sogno è il Giro d’Italia. So che quest’anno sarà molto difficile rientrare nella lista dei convocati, ma io mi farò trovare chiaramente pronto per qualsiasi evenienza. Comunque mi piacerebbe partecipare a quante più corse a tappe possibili, sono il mio pane quotidiano, le gare dove riesco a esprimermi meglio».

In questi giorni di fine stagione e inizio della prossima come ti stai allenando?

«Ho ripreso ad allenarmi solamente pochi giorni fa, ma senza bici da strada. Passo del tempo in palestra per fare un po’ di forza, faccio delle camminate a passo veloce, uscite in Mountain Bike. Un po’ di lavori defaticanti, ma anche preparatori ai veri allenamenti invernali in vista del 2023. Tra un po’ ritornerò anche sulla bici da strada».

Credi che la breve, ma importante, esperienza in Quick-Step, ti abbia aiutato?

«Assolutamente sì. È vero, è durata molto poco purtroppo per via della caduta, ma in pochi giorni ho capito come funziona il mondo di una squadra World Tour. Li ringrazio molto per l’opportunità perché è stato un bel confronto. Poi quella chiamata non me l’aspettavo…»

Cosa ti ha colpito maggiormente?

«L’attenzione ai minimi dettagli. Loro ti mettono nelle condizioni di dare il massimo e tu devi dare il massimo, non ci sono alternative. Vogliono che tu sia sempre sul pezzo e per farlo non ti fanno mancare nulla. É incredibile il loro modo di lavorare e adesso mi spiego anche perché ormai da diversi anni sono la squadra più vincente in assoluto».

Bramati e gli altri italiani ti hanno detto qualcosa?

«Erano molto curiosi, mi hanno fatto diverse domande per capire chi era questo Raccani che si era unito a loro e mi hanno aiutato a inserirmi nel gruppo. Fortunatamente parlo bene inglese quindi anche con gli stranieri me la sono cavata bene. C’è davvero un bel clima in quella squadra e mi sono stati vicini quando ho subito l’operazione. Mi hanno messo nelle mani del chirurgo che è intervenuto su Evenepoel e Alaphilippe: ecco cosa intendevo quando ho detto che non ti fanno mai mancare nulla».

Come saluti la Zalf?

«La Zalf mi ha dato davvero tanto. Sono stati due anni importanti, conditi da qualche vittoria che mi rimarrà sempre dentro. Mi hanno cresciuto e hanno creduto in me dopo un solo anno tra i dilettanti. Faresin, anche con i suoi metodi un po’ duri, è stato fondamentale e lo ringrazierò sempre. Quest’anno poi ci siamo davvero divertiti…»