Highlander Pozzovivo: «Sogno ancora di salire sul podio del Giro d’Italia»

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Domenico Pozzovivo al Giro d'Italia 2022 con la maglia della Intermarché-Wanty-Gobert
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Volontà e resilienza: l’unione di questi due termini fatta persona è Domenico Pozzovivo. In questi diciotto anni da ciclista professionista ha subito sconfitte, sfortune e batoste, ma non ha mai lasciato che il fuoco che gli arde dentro si spegnesse. Ha trasformato le contrarietà in uno slancio positivo, sia nella vita che nello sport. Un esempio, senza mezzi termini.

Domenico, quello che tutti i tifosi si chiedono è se nel 2023 continuerai a infiammare i loro cuori.

«Non ho mai pensato di terminare la mia carriera quest’anno. L’ho sempre detto anche alla squadra, ma per ora non mi hanno fatto firmare un contratto. Ho ricevuto offerte da parte di team Professional, ma con loro non ho la garanzia di andare nei miei terreni di caccia, i grandi giri. Un accordo con la Intermarché è probabile. Mi sento tranquillo perché la stagione è stata buona e continuare è quello che voglio fare. Speriamo che sia solo un ritardo temporale».

È stata la squadra rivelazione di questo 2022: che ambiente hai trovato?

«Sono arrivato a gare iniziate e fin da subito mi hanno trasmesso serenità. Buttarmi nella mischia alla Vuelta a Andalucia è stato come ricevere una bella scossa: ero finalmente dove volevo essere. Ho ricevuto completa libertà e fiducia per l’avvicinamento alle corse. Con gli studi e l’esperienza maturata, la preparazione l’ho fatta in piena autonomia. Mi sono anche tolto delle belle soddisfazioni. Tirare la volata a Girmay e poco dopo vederlo a braccia alzate a Jesi è stato speciale. Il Giro d’Italia ha sfidato i miei limiti e riuscire a superare questo test, finendo ottavo. E’ stata la conferma di essere tornato ai miei livelli».

Molti ti vedevano sul podio, se non ci fosse stata quella caduta lungo la discesa del Mortirolo.

«Sì, potevo credere di salire finalmente sul podio finale, ma quella caduta banale ha rovinato tutto. Per rientrare ho dovuto stringere i denti e soffrire lungo ogni metro dell’Aprica. Le conseguenze sono state poche, ma per competere con i migliori nell’ultima settimana di un grande giro devi essere al 110%».

Come se non bastasse, nel prosieguo della stagione hai avuto il covid.

«Il long covid, che sostanzialmente mi ha impedito d’essere competitivo alla Vuelta vinta poi da Evenepoel. Non mi volevo arrendere. Le sensazioni in bici, però, stavano peggiorando e a malincuore mi sono dovuto ritirare, cercando di recuperare le forze per il finale di stagione. È stato un punto interrogativo, pensavo di non riuscire a ritornare ai miei livelli».

E invece?

«Alla Coppa Agostoni ero subito con i migliori a lottare per la vittoria. I dubbi stavano scomparendo, mi sentivo sempre meglio. Due giorni dopo, al Giro dell’Emilia, è stato fantastico salire sul podio dopo aver battagliato con Mas e Pogacar. Ero pronto a lottare per il Lombardia».

Poi cos’è successo?

«Non potevo evitare quella caduta, lì per lì ero scioccato. Il rammarico è arrivato qualche giorno dopo, ma ho già metabolizzato tutto e spero che ci sarà un altro Lombardia dove potermi riscattare».

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Domenico Pozzovivo al Giro d’Italia 2022

Tua moglie, Valentina, è gelosa di questa tua amica intima di nome “sfortuna”?

«Ci scherziamo su. Senza di lei, sia nelle vittorie che nelle sfortune, non ce l’avrei fatta. Nel 2019, quando sono stato investito rischiando la vita e di perdere un braccio, è rimasta sempre lucida, mi ha seguito per tutti gli ospedali e non ha mai smesso di darmi la forza».

Come fai a rialzarti sempre?

«Dalle cose buone e negative che mi sono capitate nella vita, cerco di trarre un insegnamento. Mi pongo nuove sfide e ci metto tutto me stesso nel cercare di superarle, con motivazione e ottimismo. Mi viene naturale».

L’obiettivo per il 2023?

«Il percorso del Tour de France strizza l’occhio agli scalatori come me, poca cronometro e tanta salita, ma è una corsa sempre nervosa e non mi fa impazzire. Il Giro d’Italia è ciò che voglio. Le tappe le ho quasi tutte archiviate nella mia mente. La quarta, dal punto di vista emozionale, sarebbe magnifica da rivivere: a Lago Laceno, nel 2012, ho vinto la mia unica tappa alla corsa rosa. Non finire sul podio del Giro è sempre stato il mio più grande rimpianto . Ci sono andato vicino nel 2018, ma nella tappa dove Froome ha fatto l’impresa storica sul Colle delle Finestre ho avuto una giornata no. Magari domenica 28 maggio sarò lì tra i primi tre».

Quante altre stagioni ci sono nei tuoi pensieri?

«Il prossimo anno potrebbe essere la fine della mia carriera da professionista. Tutto dipende dalla passione e dalla voglia di fare che uno ha. Io cerco di dare il massimo in ogni momento e ragionare di stagione in stagione».

Domenico, sai suonare il pianoforte, sei il meteorologo di Vincenzo Nibali e di mezzo gruppo nel World Tour, hai una laurea in Economia Aziendale e stai per conseguire la seconda in Scienze Motorie. Come ci riesci?

«La mia filosofia di vita è non sprecare neanche un secondo. L’amore per la conoscenza e lo studio è venuto prima del ciclismo. Lo sport richiede tanto sacrificio e tempo, però mi viene naturale coltivare i miei interessi e chiedermi il perché delle cose».

Il tuo sogno più grande una volta che ti sarai ritirato?

«Diventare il general manager di una grande squadra può essere una mia aspirazione, ovviamente da raggiungere per gradi. Anche avere un ruolo centrale nella gestione delle performance di tutto il team sarebbe affascinante per me».

Invece la soddisfazione più grande di tutti questi anni?

«Tornare tra i primi dieci al Giro è stata la mia rivincita. Ho dimostrato a me stesso che tutto il sudore perso e i sacrifici fatti dopo quell’orribile incidente hanno portato a un risultato concreto. Ancora oggi sento le voci dei medici dirmi che non sarei mai risalito in bici. Sì, questo mi dà grande soddisfazione».