Bentornato Fancellu: «All’Avenir volevo il podio, ma finalmente il peggio è alle spalle»

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Alessandro Fancellu in una foto d'archivio
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Il nome di Alessandro Fancellu ha cominciato a circolare nella testa di Marino Amadori ad aprile, quando al Tour de l’Avenir mancavano ancora quattro mesi. In quel momento, il corridore della Eolo-Kometa stava vivendo il suo periodo più difficile.

«L’anno scorso non ho gareggiato quasi per niente per una marea di problemi fisici – spiega adesso – ma durante l’inverno mi ero preparato davvero bene. Ero soddisfatto e motivato, nel 2022 volevo ripartire col piede giusto. Niente da fare, un paio di tamponi positivi mi hanno bloccato e in primavera ho partecipato a poche gare senza raccogliere risultati».

Cosa si pensa in momenti del genere?

«Abbattersi è facile, se non si hanno le persone giuste al proprio fianco. Io, per fortuna, le avevo: i miei genitori, Ivan Basso, Stefano Zanatta. Sai, uno si allena e fa tanti sacrifici fondamentalmente per niente. E’ frustrante. Non ho mai mollato, tra me e me dicevo: prima o poi questo momento dovrà finire».

Marino Amadori ti ha cercato prim’ancora che ti riprendessi completamente.

«E infatti gliene sono davvero grato. Si è ricordato di me, ha saputo andare oltre gli ordini d’arrivo per propormi un’idea che fin da subito mi ha allettato. Non ho mai pensato che partecipare all’Avenir fosse degradante: sono un professionista, è vero, ma ho pur sempre 22 anni e sono reduce da due stagioni disastrate. Mi aspettavo una corsa di alto livello e i fatti non mi hanno smentito, basta guardare in quali squadre corrono attualmente i corridori che si sono messi in mostra».

Con quali ambizioni eri partito per la Francia?

«Al Tour de l’Ain mi ero accorto di stare bene, ma non volevo pormi un obiettivo preciso. Vivere alla giornata mi faceva sentire meglio, più tranquillo, e così ho fatto. Quando mi carico di troppe responsabilità non rendo mai come vorrei. Poi, una volta arrivati alle ultime tre tappe di montagna, mi sarebbe piaciuto salire sul podio. Purtroppo non ci sono riuscito, anche se fatta eccezione per Uijtdebroeks gli altri avversari erano alla nostra portata. Di certo non butto via il sesto posto finale».

Cosa ti è mancato per arrivare sul podio?

«Bella domanda. Nella sesta tappa, quella successiva alla cronosquadre, ho sprecato molte energie. Sono andato all’attacco con la speranza di provare a far saltare il banco, ma la Germania non era d’accordo e a fine giornata non ho guadagnato nulla. Anzi, dai migliori ho perso una trentina di secondi. I tedeschi mi hanno stupito: che fossero forti lo sapevamo, ma non pensavo così tanto».

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Alessandro Fancellu della Eolo-Kometa (Credito Photo: Atila Madrona)

Ti aspettavi di più dalle tappe di alta montagna?

«Nella prima mi sono comportato egregiamente, chiudendo quarto. Nella seconda, quella de La Toussuire, non avevo ottime sensazioni e ho dovuto difendersi. Nella terza abbiamo tentato l’azione di squadra sull’Iseran per cercare di far raggiungere il podio a Piganzoli, ma purtroppo non era la sua miglior giornata. Però non posso lamentarmi: il sesto posto in classifica generale e il secondo in quella degli scalatori significano che in montagna mi sono ritagliato il mio spazio».

E’ stato bello vederti attaccare così spesso: una precisa dichiarazione d’intenti dopo due anni complicati.

«A me è sempre piaciuto correre in questa maniera, non a caso stravedo per Marco Pantani. Certo, è più facile attaccare quando si è supportati da un ottimo stato di forma. Comunque questo sono io: sfrontato, amante delle salite, uno che sogna l’impresa. E infatti nel giorno dell’Iseran, quando abbiamo provato l’azione di squadra con addosso la maglia azzurra dell’Italia, mi sono divertito tantissimo».

Adesso si torna tra i professionisti. Ma con quali obiettivi?

«Correrà il Giro della Boemia del Sud dall’8 all’11 settembre, poi il Giro di Toscana in programma il 14. Ma è chiaro che il desiderio più grande è quello di distinguersi nelle classiche italiane di fine stagione. Disputare un bel Lombardia sarebbe stupendo: è la mia corsa preferita e il percorso è impegnativo, come quelli che piacciono a me».

A rigor di logica, il prossimo anno dovremmo vederti al Giro d’Italia.

«Vorrei esserci, non lo nascondo. Il terreno per mettermi in mostra non mi mancherebbe e a 23 anni sarebbe l’ora di provare a correre una grande corsa a tappe. Ma stiamo parlando di un evento ancora troppo distante. Meglio pensare all’attualità: a Scienze Motorie, ad esempio, la facoltà a cui mi sono iscritto l’anno scorso. Ho visto che il professionismo e lo studio non sono incompatibili, quindi perché non provarci?».

Un paio di stagioni fa si parlava di un tuo passaggio alla Trek a partire dal 2022, che poi non si è concretizzato a causa dei tuoi problemi fisici. Di quell’accordo cos’è rimasto?

«Direi niente. Inevitabilmente l’accordo è saltato: in quelle condizioni non sarei stato un buon ingaggio per loro e io stesso avrei rischiato di bruciarmi per la fretta. Era una bella opportunità: peccato, ma ormai è andata. Il mio contratto con la Eolo-Kometa scade alla fine dell’anno: per il momento non ci siamo ancora seduti ad un tavolo, ma la mia volontà è quella di rimanere con Basso e Zanatta. La loro fiducia nei miei confronti è rimasta invariata anche nei momenti più bui e mi piacerebbe ripagarli con qualche bella vittoria».