Montefiori non si nasconde: «L’obiettivo è partecipare alla cronometro mondiale»

Matteo Montefiori, cronoman della InEmiliaRomagna e secondo classificato nella prova contro il tempo dei campionati italiani. (foto: Fulgenzi)
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Matteo Montefiori, che a vent’anni è alto 1,86 e pesa 80 chili, ha scoperto d’essere un cronoman soltanto quest’anno. Si definiva passista, vale a dire potente in pianura, ma non cronoman, ovvero bravo nelle prove contro il tempo. E’ stato Alessandro Malaguti, ex professionista e preparatore della InEmiliaRomagna, ad aiutarlo a scoprire il suo destino.

«Lo scorso anno, il mio primo tra gli Under 23 – ricorda Montefiori – sono arrivato quattordicesimo nella cronometro del campionato italiano senza nemmeno prepararla: appena dietro a corridori più esperti e titolati di me e a meno di un minuto e mezzo dal vincitore, Baroncini, che a fine anno avrebbe vinto il mondiale con una stoccata da finisseur. Dopo quel giorno Malaguti mi ha detto: e se provassimo a lavorarci sul serio?».

Montefiori, avete cominciato e i risultati si sono visti: primo nella cronometro del Food Valley, secondo in quella della Scuderia Rossa e in quella dei campionati italiani.

«Malaguti si è impuntato affinché mi venisse data una bici adatta. Devo dire che ci credeva più lui di me. Io ne avevo disputate soltanto alcune nelle categorie inferiori, ma non mi ci ero mai dedicato».

Perché? Eppure le misure e la stazza per provarci le hai sempre avute.

«Non c’è un motivo preciso. Io, come ho detto, non mi ero mai immaginato cronoman. E in Italia, purtroppo, non è che ci sia tutta questa attenzione per le prove contro il tempo. Forse anche per questo ho fatto fatica ad avvicinarmi alla disciplina».

Al campionato italiano hai sfiorato il tricolore, secondo a soli 6” da Piganzoli. Hai qualche rammarico?

«Quando si arriva vicini a conquistare un successo importante c’è sempre un po’ di rammarico, ma comunque rimane la soddisfazione d’aver raccolto un bel risultato. Sei secondi sono talmente pochi che potrei averli persi in qualsiasi istante. Preferisco concentrarmi sulla fiducia nei miei mezzi che sto acquisendo, piuttosto che su quello che mi può essere mancato quel giorno».

Tant’è che pochi giorni dopo, nella prima tappa del Giro del Veneto, sei arrivato terzo in volata, davanti a corridori come Rocchetta e Parisini.

«E’ una questione sia di confidenza, sia di crescita atletica. Allenarmi qualche volta a settimana, diciamo un paio in primavera e tre o quattro nelle settimane precedenti al campionato italiano, con la bici da cronometro mi ha permesso, infatti, di migliorare molto anche nelle corse in linea. Ho una brillantezza e una lucidità che prima non avevo».

Oltre alle cronometro, a quali corse punta Montefiori?

«Finché si parla di dilettantismo, non ne ho una prediletta. Anzi, in questo momento mi viene da dire che ogni domenica è buona per alzare le braccia al cielo. Tra i professionisti, invece, credo di poter essere adatto alle classiche del Nord: alla Parigi-Roubaix, ad esempio. D’altronde il mio fisico è questo, più pianura c’è e meglio io riesco ad esprimermi».

Allora è lecito immaginare che tra i tuoi corridori preferiti ci siano i passisti.

«Se si parla di passisti e cronoman, il mio preferito è Ganna. Estendendo il discorso, includo anche Van Aert e Van der Poel. Mi sono sempre piaciuti i corridori alti, robusti, muscolosi: quelli che hanno la potenza che serve per levarsi gli altri di ruota».

Come stai preparando la parte finale di stagione?

«Da circa una settimana sono a Livigno insieme a Collinelli, il corridore con cui ho legato di più insieme a Dapporto e Ansaloni, e ci rimarremo per qualche altro giorno ancora. Abbiamo scelto di venire quassù sia per allenarci sia per sfuggire al caldo torrido che si respira in pianura. Se mi pesa? Direi di no, perché in testa ho un obiettivo».

Quale?

«Quello di convincere Amadori a convocarmi per la prova a cronometro dei campionati del mondo. So che lui e Coppolillo hanno già scambiato due parole, ma per il momento non c’è nulla di ufficiale. Spero davvero di poter far parte della spedizione azzurra».

A proposito di Coppolillo, qual è il tuo rapporto con lui?

«Ottimo. Posso solo essere grato nei suoi confronti, perché due anni fa ha scommesso su di me nonostante non sia un fenomeno e non ci fa mancare niente. Sa essere severo, ma è il suo ruolo che lo richiede. Sono contento di aver raccolto qualche buon piazzamento perché mi sembra di sdebitarmi nei suoi confronti».

Michele Coppolillo (a sinistra) e Luigi Veneziano (a destra), direttore sportivo e meccanico della InEmiliaRomagna.

Mi pare di capire che nella InEmiliaRomagna ti trovi bene.

«Una famiglia, senza mezzi termini. Tra gli uni e gli altri ci passiamo soltanto qualche anno di differenza e viviamo tutti in un raggio abbastanza circoscritto. C’è una bella atmosfera, prima che una squadra siamo un gruppo».

Come ti descriveresti caratterialmente?

«Testardo e tranquillo. E negli ultimi mesi mi sono riscoperto anche abbastanza ambizioso. Dopo aver centrato qualche piazzamento, infatti, mi sono accorto di non volermi accontentare, di desiderarne altri».

In primavera la InEmiliaRomagna non era presente ad alcune classiche internazionali. Montefiori sente il bisogno di affrontare un calendario di più alto profilo?

«La nostra assenza è stata un caso, una serie di circostanze ci hanno impedito di esserci. Per il resto, io non posso proprio lamentarmi: trovo che il mio calendario sia buono, il giusto bilanciamento tra gare in linea, cronometro e corse a tappe». 

Fuori dal ciclismo coltivi qualche passione in particolare?

«Ho sempre trovato un solido rifugio nell’agricoltura. Mio zio ha un’azienda nel settore, io ho frequentato l’agraria. Già da bambino stavo nei campi, giravo per l’orto, mi prendevo cura del giardino a casa nostra, a Imola. E continuo ancora adesso. Stare da solo e darmi da fare non mi fa paura: ho tempo di riflettere, di temprarmi. Lo stesso motivo per cui mi piacciono le cronometro, a pensarci bene».