Tour de France 2022 / TOUR mon amour e il debutto francese di Taco Van der Hoorn

Van der Hoorn
Taco Van der Hoorn all'attacco sulle strade del Tour de France 2022 (foto: A.S.O./Fabien Boukla)
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TOUR mon amour è la rubrica di Bicisport sul Tour de France 2022 che racconta una storia, un personaggio, un frammento di ognuna delle ventuno tappe della Grande Boucle. Non necessariamente chi ha vinto o chi ha perso, ma chi ha rubato la nostra attenzione o il nostro sguardo anche solo per un attimo.


Le volate di Taco Van der Hoorn, lui che essendo 1,87 per 73 chili è tutto fuorché un velocista, sono un esercizio di resistenza. Ci si stanca a guardarle: sono lunghe, impronosticabili, atipiche, e quando il suo spunto veloce si esaurisce allora va a pescare energie laddove può. All’inizio di giugno, nella classica di Bruxelles, per riprendere e beffare Willems a pochissimi metri dall’arrivo ha usato anche la testa, picchettando come un ossesso. Nella quinta tappa del Tour de France 2022, quella del pavé, ci ha riprovato, incrociando tuttavia un altro specialista: Simon Clarke, che lo ha anticipato buttando letteralmente la bici sulla linea bianca una frazione di secondo prima di lui.

Immaginando lo sforzo che deve sopportare in quei frangenti, si può dire che i finali di Van der Hoorn mettono la nausea. La sensazione che lui odia di più, peraltro, perché gli riporta alla memoria uno dei periodi peggiori della sua vita. Nel novembre del 2017, infatti, gli toccò mettersi a letto in seguito ad una banale caduta in mountain bike. Il fatto è che la stanchezza non passava e non riusciva a concentrarsi. Doveva starsene sdraiato, possibilmente sotto le coperte e con le finestre chiuse. Sbocciò con l’arrivo della primavera e ricominciò a pedalare con una bici da passeggio. La vittoria nella terza tappa del BinckBank Tour di quell’anno maturò con un solo mese di allenamenti, a testimonianza di un talento non comune.

Il percorso insolito di Taco Van der Hoorn, fino al debutto al Tour de France

Perché Taco Van der Hoorn non sarà un fuoriclasse (anche se nel 2017, nello spazio di venti giorni, perse di poco la Dwars door het Hageland contro Van der Poel e vinse la Schaal Sels riacciuffando Van Aert all’ultima curva), ma la scelta di andare costantemente all’attacco è dettata più dalla sua indole che dalla scarsezza dei mezzi di cui dispone. I tre successi conquistati tra il 2017 e il 2018 gli valsero l’interesse della Jumbo-Visma, che lo mise sotto contratto per le due stagioni successive. Quel biennio è stato forse il più dimenticabile della sua carriera. Correre in una delle formazioni più forti al mondo non corrispondeva alla sua idea di mondo. La squadra olandese decise di non rinnovare l’impegno, lui non si strappò i capelli. «Non rinnego i bei momenti passati a tirare per Van Aert e Roglic – commentò lui – ma è un lavoro molto differente rispetto a quello che mi piace fare».

In un primo momento, per il 2021 trovò una sistemazione bizzarra: la Beat, continental olandese. Ma la sua permanenza durò poche settimane, giusto il tempo che Jean-François Bourlart (il patron della Intermarché) impiegò a realizzare che nel suo organico aveva ancora un piccolo spazio a disposizione. Per sdebitarsi, Van der Hoorn impiegò qualche mese e a maggio, nella terza tappa del Giro, conquistò quella che lui stesso definì «la più incredibile delle poche vittorie nella mia carriera». Arrivò da solo, incredulo e tremendamente soddisfatto, la certezza che non ci sia niente di meglio di una vittoria ottenuta attaccando e riuscendo a resistere al rientro del gruppo.

Van der Hoorn ci ha provato anche oggi e l’azione sembrava buona: con lui c’erano Politt, Honoré, Simmons e Mohoric, gente avvezza a scampagnate del genere (tuttavia mai come lui, che nell’autunno del 2018 con un furgone Volkswagen del 1982 girovagò tra Italia, Olanda, Francia e Belgio per andare a studiare il percorso delle classiche, le gare che più ama e che maggiormente si confanno alle sue caratteristiche). Ma le squadre dei velocisti avevano altre intenzioni, dopo un così lungo pellegrinaggio tra Alpi e Pirenei in cerca di una volata che desse un senso alla loro partecipazione, e quindi dopo un lungo tira e molla la fuga di giornata è stata assorbita, digerita, dimenticata. A meno di clamorosi exploit sui Campi Elisi, il Tour de France 2022 di Taco Van der Hoorn è finito. Se riuscirà ad arrivare intatto a Parigi, allora anche lui potrà vantarsi d’aver portato a termine la corsa di ciclismo più importante al mondo (strano a dirsi, ma è uno dei debuttanti).