Tour de France 2022 / Oggi l’Aspin: nel 1950 l’aggressione a Bartali, che tornò a casa. E Magni non gliela perdonò mai

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Sta lì, piantato proprio a metà percorso, fra Saint-Gaudens e Peyragudes, partenza e arrivo della tappa di oggi. Tutto sommato, non ha neanche un profilo terribile: 12 chilometri a una pendenza media del 6,5%. Eppure, il Col d’Aspin racconta storie memorabili, fin dal 1910, quando Henri Desgrange disegnò per la sua creatura gialla la prima cavalcata pirenaica.

Da allora, la vetta dell’Aspin ha visto transitare il Tour de France per ben 72 volte: in una di queste, precisamente il 25 luglio 1950, lo sport lasciò il posto a uno dei più efferati episodi di teppismo nella storia della Grande Boucle, di cui fece le spese in prima persona Gino Bartali.

Per il ciclismo italiano il Tour era diventato il giardino di casa: Bartali aveva vinto nel 1948, bissando il successo di dieci anni prima; Coppi aveva dominato nel 1949. Imprese individuali, ma supportate da logiche di squadra che agli occhi dei tifosi di casa, legati ancora all’eroismo dei pionieri, risultavano spregevoli. Sotto tiro erano anche presunte “complicità” fra la nostra squadra nazionale e la squadra B, quella dei “cadetti” (allora il Tour si correva per nazionali e l’Italia ne inviava due).

Un pugno in testa, e Gino cadde. Ma si rialzò e vinse

Malgrado l’assenza di Coppi, infortunato, le prime dieci tappe del Tour 1950 videro cinque vittorie italiane, il che non fece che rinvigorire l’ostilità, pericolosamente fomentata dai giornali. Proprio alla stampa, il tecnico azzurro Alfredo Binda cercò di spiegare i suoi criteri di gestione, oggi scontati ma allora quasi lunari: «Il regolamento mi dà diritto di far attendere il mio leader se gli capita di essere in ritardo. Ho anche il diritto di fare il possibile affinché egli non sia distanziato quando non si trova a far parte di una fuga. Questa è una corsa a squadre e non una gara individuale».

Arrivò il giorno dei Pirenei, in un’atmosfera invelenita. Bartali scalò le prime rampe dell’Aspin sotto una pioggia torrenziale, in un gruppetto con Bobet, Robic e Ockers. La strada era stretta da due ali di folla, Gino avvertì la malparata e si mise al fianco di Bobet, sperando che il timore di danneggiare l’idolo locale avrebbe salvato anche lui.

Accadde invece che proprio Bobet, stretto da una moto, ebbe uno scarto improvviso. Bartali, quasi costretto a fermarsi, fu colpito da un pugno in testa e cadde. Altri cominciarono a tempestarlo di colpi, Gino riuscì ad alzarsi e a reagire, menando fendenti nel tentativo di raggiungere la bici, che qualcuno aveva buttato oltre il ciglio della strada. I teppisti si fermarono solo all’arrivo di Jacques Goddet, il direttore del Tour, anche lui autore di articoli tutt’altro che benevoli nei confronti della squadra italiana e di Bartali in particolare.

Altri azzurri furono colpiti, si scrisse perfino che Magni era stato minacciato con un coltello. In qualche modo, Bartali ripartì mischiando rabbia e coraggio. Tanto che al traguardo di Saint-Gaudens fu proprio lui a vincere, mentre Magni indossò la maglia gialla.

Gino irremovibile: si va via. Ma Magni era in giallo

L’aggressione dell’Aspin ebbe ripercussioni immediate: malgrado la vittoria, Bartali annunciò la sua decisione di lasciare il Tour. L’intera spedizione, cadetti compresi, fu al suo fianco. Binda cercò di far recedere il campione, ma stavolta perfino la sua rinomata abilità diplomatica risultò inutile. Vani anche i tentativi di Goddet, ben cosciente che dal forfait degli italiani il Tour sarebbe uscito a pezzi.

Nei giorni successivi il caso diventò politico e il Governo francese manifestò ufficialmente all’ambasciatore italiano il suo rammarico per l’episodio, promettendo un’inchiesta per individuare i colpevoli. Seguirono vicendevoli attestati di stima e di amicizia italo-francese.

Alla fine, a masticare amaro rimase soprattutto Alfredo Magni, che vide in un attimo tramontare il suo sogno giallo. A Bartali, non la perdonò mai: «Non è vero che avrei vinto di certo il Tour – dichiarò a quasi mezzo secolo dai fatti dell’Aspin – però volevo vendere la mia pelle da sportivo. Sì, la stampa era ostile e pure i francesi del Midi. Successe anche a Coppi di venir contestato, ma non abbandonò, vinse e rivinse».