Tour de France 2022 / TOUR mon amour e la freddezza di Pedersen, leader nato

Mads Pedersen sul palco delle premiazioni del Tour de France 2022, dopo aver vinto la tredicesima tappa con arrivo Saint-Etienne (foto: ASO/Charly Lopez)
Tempo di lettura: 2 minuti

TOUR mon amour è la rubrica di Bicisport sul Tour de France 2022 che racconta una storia, un personaggio, un frammento di ognuna delle ventuno tappe della Grande Boucle. Non necessariamente chi ha vinto o chi ha perso, ma chi ha rubato la nostra attenzione o il nostro sguardo anche solo per un attimo.


Si racconta che una volta Mads Pedersen si sia imbufalito con Vincenzo Nibali poiché quest’ultimo avrebbe ritardato di 45 minuti ad un impegno con alcuni sponsor, facendo svegliare praticamente per niente il danese alle sei di mattina. Pedersen non si curò d’essere assai più giovane di Nibali, corridore tra i più esperti e vincenti del gruppo. Gliene disse un paio e pare che da quel momento in poi i due siano sempre andati d’accordo.

Ai mondiali del 2019 si disse che Trentin si era fatto battere da Pedersen. Adesso quella frase va riformulata: fu Pedersen che batté Trentin senza tanti complimenti. All’epoca era alla Trek-Segafredo da tre anni scarsi, aveva vinto una decina di corse e si era classificato secondo al Fiandre del 2018. Sembrava la giornata di gloria di un outsider, e invece outsider un corno. Tra gli juniores vinse una Roubaix e arrivò secondo al mondiale del 2013 battuto solo da van der Poel. Nelle ultime tre stagioni, quelle dopo l’iride, ha conquistato Gand-Wevelgem, Kuurne-Bruxelles-Kuurne, una tappa alla Parigi-Nizza e, oggi, una frazione al Tour de France 2022.

L’ha corsa in maniera impeccabile, con la lucidità di chi è in forma e col desiderio di chi ad una corsa di biciclette chiede soltanto una cosa: la vittoria. Pedersen ricorda che fin da piccolo i suoi genitori gli facevano notare quanto fosse competitivo e sicuro dei suoi mezzi, al limite della superbia. “Adesso i tuoi idoli diventano i tuoi avversari”, gli disse Lisette, sua moglie, quand’erano ancora fidanzati e lui era appena passato professionista. “Nessun problema”, gli rispose lui, glaciale e telegrafico.

A Saint-Etienne, città che contava ben 900 pozzi di estrazione di carbone, erano convinti d’aver chiuso l’ultimo nel 1983. Glien’è scappato uno, quello da cui oggi Pedersen ha estratto a picconate le energie per non sbagliare una mossa e scherzare con Wright e Houle, talentuoso il primo e di lungo corso il secondo. All’arrivo, Pedersen non dev’essersi fatto troppe domande. Ad esempio, lui è consapevole di comportarsi con durezza ed esigenza con se stesso e coi compagni, non ha mica bisogno di chiederselo. Di restare simpatico agli altri non gli interessa, tantomeno essere compreso. E dopo il traguardo la sua gioia era quella di chi ha centrato un obiettivo che sapeva alla sua portata, non quella di chi ha realizzato un sogno che credeva impossibile.