TOUR DE FRANCE / TOURbillon: Gino Bartali, una carriera divisa dalla grande guerra. La storia di chi fu vincitore di due Tour a distanza di 10 anni

Bartali
Gino Bartali in una foto d'archivio al Tour de France 1938
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TOURbillon è una rubrica di curiosità, cifre e statistiche sul Tour de France, che vi farà compagnia ogni mattina fino al 24 luglio, giorno in cui terminerà la corsa francese. Chi ha vinto più volte la maglia a pois? Qual è la fuga solitaria più lunga della storia? Quali sono i numeri della carovana pubblicitaria? Tutto questo e molto altro lo troverete in TOURbillon.


Tra le storie di chi ha vinto il Tour de France quella di Gino Bartali è senz’altro particolare. Una carriera nel pieno del suo splendore stroncata dallo scoppio del secondo conflitto Mondiale; dopo il trionfo al Tour del 1938 e la partecipazione al Giro d’Italia nei due anni successivi, l’abisso della guerra.
Da idolo e campione indiscusso del ciclismo italiano e mondiale ad un uomo come tanti altri, a servizio del proprio paese in uno dei periodi più bui della nostra storia. La quotidianità passata a riparare ruote di biciclette in un’officina, poi l’ingresso nella GNR, che sfruttò, mettendo a rischio la propria vita, per permettere la fuga a decine di clandestini ebrei trasportando nel telaio della sua bicicletta, che mai abbandonò seppur sotto altra veste, documenti e fototessere per poter falsificare i loro documenti.
Stando alle ricostruzioni successive l’opera di Bartali, durante il periodo della guerra, permise di salvare la vita di oltre 800 ebrei, il che gli fece ottenere, nel 2006, la medaglia d’oro al merito civile.

Dopo la guerra: da corridore “finito” a eroe nel Tour de France del 1948

Da eroe al fronte al traumatico ritorno alla normalità dopo il termine del conflitto mondiale. Erano in tanti, per non dire la quasi totalità, a darlo per spacciato, finito, visti i suoi 31 anni di età e la presenza dell’astro nascente Coppi, di cinque anni più giovane.
Ma i tanti si sbagliavano, si sbagliavano perchè nei tragici anni della guerra Bartali non aveva perso la voglia di vincere e di competere ad alti livelli, aveva per la propria nazione sacrificato il suo talento, e anzi, lo aveva pure sfruttato per una nobilissima causa.

E’ per questo che è tornato a vincere, lo ha fatto perché in lui non è mai svanita quella indole da combattente che contraddistingue i vincenti, in ogni campo.
Il ritorno alle corse di Bartali è fulminate ed inaspettato al contempo, visti i risultati che riuscì ad ottenere. Dopo la vittoria al Giro d’Italia del 1946 e il passo falso in quello successivo, nel 1948, dopo un inizio di stagione altalenante, si rese protagonista di un’impresa che rimarrà per sempre impressa nella storia del Tour e del ciclismo.
Arrivato alla Grande Boucle da corridore più anziano – all’epoca aveva 34 anni – Bartali trionfò sul traguardo della Cannes – Briancon dopo una strabiliante fuga che gli permise di recuperare gli oltre 20 minuti di distacco che aveva sulla maglia gialla Bobet. Con la vittoria
nella tappa successiva il corridore italiano consacrò definitivamente la sua impresa, conquistando la maglia gialla ed entrando nella leggenda.

Un record per il ciclismo e non solo

La vittoria del Tour de France del 1948 fu non solo motivo di rivalsa per Bartali contro tutti coloro che lo davano per finito, ma fu qualcosa che andò oltre la sportività. Rimanendo un’impresa storica e forse ineguagliabile – Gino Bartali è l’unico al mondo ad essere riuscito a vincere due Tour a distanza di dieci anni – quello del corridore fu più di un successo sportivo, fu un evento che scosse l’opinione pubblica, la risonanza mediatica e la conseguente osannazione della gente fu sterminata.

Era l’anno dell’attentato a Togliatti, il clima sociale italiano era rovente e si rischiava una guerra civile. Fu proprio in questo momento che arrivò l’impresa di Bartali, quasi come a voler spazzare via i funesti presagi di ulteriori conflitti. Anche Alcide de Gasperi gli fu molto grato, per la seconda volta Bartali aveva aiutato il suo paese, trionfando leggiadro in quello sport che aveva dovuto abbandonare ma che nella sua mente non aveva mai lasciato.