TOUR DE FRANCE / TOUR mon amour e il grido strozzato di Kämna, talento cristallino e tormentato

Lennard Kamna vincitore sull'Etna all'arrivo della quarta tappa del Giro d'Italia 2022 (Foto Gian Mattia D'Alberto/LaPresse)
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TOUR mon amour è la rubrica di Bicisport sul Tour de France che racconta una storia, un personaggio, un frammento di ognuna delle ventuno tappe della Grande Boucle. Non necessariamente chi ha vinto o chi ha perso, ma chi ha rubato la nostra attenzione o il nostro sguardo anche solo per un attimo.


Dopo essere stato inevitabilmente sorpassato prima da Vingegaard, poi da Pogacar e infine anche da Roglic a cento metri dall’arrivo della Super Planche des Belles Filles, avrà Lennard Kämna rinnegato quello che disse alla fine della passata stagione, ovvero che era contento di tornare a correre perché il ciclismo gli era mancato? Nel 2021, dopo aver vinto una tappa alla Volta a Catalunya e portato a termine senza acuti la Volta ao Algarve, si era letteralmente eclissato. Problemi fisici, prendevano tempo alla Bora-Hansgrohe. No, c’era qualcos’altro: umore altalenante, carattere suscettibile, scarse motivazioni. Sembrava di rivivere la storia di Dumoulin, che quando nel 2017 si ritrovò il neoprofessionista Kämna come compagno di squadra alla Sunweb ebbe a dire: «Questo ragazzo è una macchina».

Ma si sa che anche le macchine (in questo a dire la verità molto vicine agli uomini e dunque a tutto quello che succede al Tour de France, uno dei più rinomati caleidoscopi della natura umana) possono incepparsi. Perfino quelle più efficienti. La traiettoria di Kämna sembrava non conoscere ostacoli. Nel 2014, tra gli juniores, diventò campione del mondo nelle prove contro il tempo (rifilò 1’05” a Ganna, quarto). L’anno dopo, tra gli Under 23, dimostrando ottime attitudini anche in montagna conquistò una frazione al Valle d’Aosta. E nel 2016 fece sua la cronometro degli europei rifilando 30″ a Ganna, stavolta secondo. Sul finire del 2017, nonostante corresse già tra i professionisti, partecipò ai mondiali di Bergen tra gli Under 23. Nella prova in linea arrivò secondo, prima ripreso e poi anticipato da Cosnefroy in una volata a due. «Mi ero fatto una vaga idea dei favoriti – disse – ma una volta in gruppo non sapevo riconoscerli. Ad essere sincero, non credevo nemmeno che Cosnefroy fosse più veloce di me».

Lennard Kämna: dalla vittoria sull’Etna al Giro e l’assist a Hindley al successo sfiorato al Tour de France

La somma di pressioni, responsabilità e aspettative che l’ha portato a fermarsi nella seconda parte della passata stagione si manifestò per la prima volta nel 2018. Decise di prendersi un periodo di pausa subito dopo aver portato a termine la Milano-Sanremo e sarebbe tornato in sella soltanto quattro mesi e mezzo più tardi, il 1° agosto, al Giro di Danimarca. Le prime vittorie da professionista, tuttavia, sono arrivate soltanto nel 2020, nel corso della sua quarta stagione nella massima categoria. La tappa di Megève al Delfinato (occhio, il Tour ci arriverà martedì), quella di Villard-de-Lans al Tour. La sua carriera, insomma, ha rischiato d’interrompersi per sempre proprio quando pareva aver preso il là. Perché? «Perché non riuscivo a gestire lo stress – ha spiegato lui – Ho vissuto la mia vita in modo sbagliato, sentivo che mi mancava la possibilità di sviluppare altri interessi».

Forse è anche per questo che Kämna preferisce continuare a gettarsi nelle fughe piuttosto che provare a misurarsi nella classifica generale di una grande corsa a tappe, nonostante possegga i requisiti atletici adatti: forte sul passo, abile in salita, saggio nella gestione delle energie (e dei compagni di squadra, vedi Schachmann). Kämna dice d’aver ritrovato l’equilibrio che aveva smarrito: giusto in tempo, viste le pendenze mortifere dell’ultimo chilometro che porta alla Planche des Belles Filles. Non deve avere rimpianti, il destino di un fuggitivo è soltanto parzialmente nelle sue mani, mentre una buona parte delle chance di buona o cattiva riuscita le amministrano gli inseguitori: che sembravano lontani a un chilometro dall’arrivo, sufficientemente distanti ai meno centocinquanta metri, dannatamente vicini ai meno cento.

Quest’anno, dopo aver vinto la tappa dell’Etna ed essere risultato decisivo in quella della Marmolada spianando la strada a Hindley, su un treno di Düsseldorf è apparso un graffito in suo onore. Si leggeva: Lenni Kämna, nome e cognome intervallati da un Etna in eruzione, il Trofeo Senza Fine a destra e la maglia blu di miglior scalatore indossata per tre giorni a sinistra. Se, come sembra, Kämna continuerà ad andare all’attacco con continuità, di vagoni da decorare ne serviranno parecchi. E magari no, stasera a Kämna il ciclismo non mancherà per niente, ma domani è un altro giorno e non c’è (quasi) niente che una notte di sano riposo non possa lenire. Si consoli pensando a quanto sarebbe mancato lui al ciclismo di oggi.