Bortolami non è convinto sull’uso libero dei rapporti tra gli juniores: «Giusto allinearsi con l’estero, ma si rischia di creare danni, oltre ad un’inevitabile spaccatura nel gruppo»

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Il dibattito lanciato da Bicisport sull’abolizione del limite dei rapporti tra gli juniores prosegue interpellando Gianluca Bortolami, direttore sportivo della GB Junior Team. Ha cominciato Andrea Bardelli, diesse del Team Franco Ballerini, illustrando quanto per lui sia stata una decisione naturale quella dettata dall’UCI. L’uso libero dei rapporti, dalla prossima stagione, per Bardelli non porterà grandi cambiamenti ed è solo un tassello per restare al passo con i tempi seguendo l’evoluzione del ciclismo.

La scelta dell’Unione Ciclistica Internazionale fa tornare alla ribalta diversi temi che colpiscono la crescita dei ragazzi. Questioni di stretta attualità nel ciclismo italiano di oggi, costantemente all’inseguimento dei talenti del futuro. Bardelli ha posto così l’accento sui problemi che ingombrano la categoria Juniores in Italia, senza considerare una vera e propria svolta l’abolizione del limite dei rapporti. Ma ora ascoltiamo l’opinione dell’ex corridore lombardo, vincitore del Giro delle Fiandre nel 2001.

Bortolami, da gennaio via libera a qualsiasi rapporto. Cosa ne pensi?

«Per me è una scelta eccessiva, con la quale si è passati da un estremo all’altro. Mi viene da pensare che dietro ci siano dinamiche economiche, ragionate da chi produce componenti per le bici. Aziende che non hanno più il tempo, la voglia o la necessità di produrre dei rapporti specifici da poter utilizzare nelle categorie giovanili. Quindi in sostanza unificare la disponibilità di materiali per allestire le bici. E il fatto che ora si sia passati alle dodici velocità induce a sostenere quest’ipotesi».

Quindi sei contrario a questa decisione. Perché?

«Credo che l’uso libero dei rapporti crei danni e una spaccatura nel gruppo: ragazzi non ancora ben sviluppati fisicamente che non riusciranno a spingere rapporti più pesanti e ragazzi con una struttura fisica più avanzata già in grado di farlo. Questi ultimi potranno conquistare qualche gara in più, ma potrebbero pagare poi in termini di sviluppo fisico. Come un ragazzo che in palestra segue un certo limite per i pesi da sollevare, al fine di non creare danni, e poi da un giorno all’altro gli si affida un attrezzo con il massimo del carico».

Bardelli, invece, ci ha riferito di essere favorevole in quanto è una scelta che va di pari passo con l’evoluzione del ciclismo e permette di allinearci con le altre nazioni. Nonostante egli abbia ammesso la consapevolezza di lavorare su strade differenti a seconda della struttura fisica del ragazzo in questione. Cosa ne pensi del suo punto di vista?

«Sono d’accordo sul fatto che il ciclismo si sia evoluto, a partire dalle preparazioni, e quindi alzare un po’ il livello è giusto. Però una decisione del genere mi sembra esagerata, è stato cancellato ogni limite o parametro. Una scelta sproporzionata, che come ha fatto notare lui crea discrepanze all’interno delle stessa squadra e non facilita il lavoro. Con il rischio di consumare i ragazzi e fargli smettere perché non riescono più ad esprimere nella categoria i loro valori».

Adesso come cambia l’allenamento e l’approccio alla gara?

«I lavori e i carichi in allenamento non cambieranno molto. Si aumenterà l’intensità di spinta in alcune attività, come nelle ripetute in salita, lavorando maggiormente sull’esplosività. Si alzerà quindi l’intensità e la velocità delle cadenze».

Allineandoci con le altre nazioni, che già da tempo avevano abolito il limite, diventeremo più competitivi?

«No, in Italia abbiamo problemi che ce lo impediscono, fattori che spesso non vengono considerati. All’estero le scuole danno la possibilità di studiare e praticare attività sportiva in un certo modo. Da noi ci sono tante dinamiche che un ragazzo o è costretto ad accantonare la scuola per fare sport ad alto livello oppure non avere i tempi di riposo adeguati o semplicemente il tempo materiale per svolgere determinati allenamento o carichi di lavoro. Inoltre nelle categorie giovanili a volte si fa quello che nel calcio chiamano catenaccio. Ci sono momenti morti in corsa, dove ci si spegne e diminuiscono considerevolmente i chilometri orari, mentre all’estero appena abbassano la bandierina diventa un testa a testa continuo a velocità sostenute. Giusto o sbagliato che sia nelle altre nazioni c’è tutto un altro modo di correre, sempre all’attacco per rendere la corsa veloce e dura. Ma analizzando a fondo in Italia non è un discorso generale, bensì un caso della nostra categoria»

Spiegaci meglio…

«Non è un problema del movimento in toto. Ad esempio le ragazze italiane sono fortissime all’estero e quindi l’Italia in sé non è da meno rispetto alle altre nazioni, il problema non è globale. Le donne svolgono una preparazione comune legata alla Nazionale e in maggior sintonia con le squadre, traendo tutti i vantaggi da un confronto assiduo con le altre nazioni. In più in Italia mancano delle squadre World Tour, tramite le quali si creano dei vivai di qualità. Chi va forte può andare quindi in una formazione straniera del massimo circuito, ma quest’ultime quanti ne possono prendere? Uno, due? E in Italia quanti atleti ci sono? Mille?».

Gianluca, i tuoi ragazzi cosa ne pensano dell’abolizione del limite dei rapporti?

«Per il momento i ragazzi l’hanno presa alla leggera. Scherzano, si chiedono se ce la faranno a spingere quei rapporti prendendosi in giro. In realtà aspettano che qualcuno dall’alto dia delle spiegazioni riguardo questa novità. Perché altrimenti c’è da azzerare tutto, sedersi attorno ad un tavolo, guardarsi negli occhi e lavorare con criterio e con la testa per non far danni, ovviamente sui ragazzi. Perché secondo me l’uso libero dei rapporti aiuterà in determinate situazioni, ma in altre potrà distruggere i ragazzi a livello muscolare. Sarà importante curare il ritmo, la cadenza di pedalata, che paga sempre di più del rapporto. Ma sarà duro farlo capire a loro, che naturalmente per fare meno fatica, anche a livello del cuore, avranno sempre la tentazione di scalare il rapporto».

L’ultima parola spetta comunque alla Federazione, non è già tutto deciso…

«Sì e spero solo che trovino una via di mezzo, del buon senso. Perché è vero, come dice Andrea Bardelli, che è una giusta scelta dato che all’estero hanno già abolito il limite da tempo, ma io fisserei un paletto dove non andare oltre. Diamo la possibilità di unificare per tutti un aumento di rapporto e di metratura, ma mantenendo il gioco aperto per cento ragazzi non solo per trenta».