GIRO D’ITALIA U23 / Tempo di riposo, tempo di bilanci: Bruttomesso salva l’Italia, la Fdj deve riorganizzarsi

Giro d'Italia U23
Leo Hayter al traguardo della quarta tappa del Giro d'Italia U23 (foto: IsolaPress)
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Dovendo fare un bilancio delle prime quattro tappe del Giro d’Italia U23 (che oggi riposa), non si può non partire da quant’è successo nella terza. Leo Hayter, in maglia rosa dopo la splendida stoccata del giorno precedente andando verso Pinzolo, non è andato nel panico né quando Martinez si è mosso sulle rampe del Guspessa né tantomeno quando, alcuni chilometri più tardi, Grégoire si è fatto prendere dall’ingordigia staccando anche lui tutti gli altri nel tentativo d’emulare il compagno di squadra, che in quel momento sembrava destinato ad un’esaltante vittoria. E invece, il vento trovato nella successiva vallata e sulla lunga ascesa finale ha letteralmente consumato tutti, Martinez più di ogni altro. Tutti tranne Hayter, che ha amministrato alla perfezione le sue energie (forse aiutato dallo scetticismo di Axel Merckx, che seduto in ammiraglia non credeva poi così tanto nelle possibilità del suo corridore e verosimilmente gli avrà ripetuto a più riprese di rimanere tranquillo) rifilando distacchi enormi: 4’55” a Grégoire, 5’49” a Martinez, 7’56” a Piganzoli, primo italiano al traguardo al 14° posto.

Una tappa resa ancor più spettacolare dalle scellerate mosse della Groupama-Fdj, che da una parte si becca (giustamente) tante critiche, ma dall’altra ci ricorda quanto divertente sia da seguire il ciclismo dei giovani e quanto questi abbiano bisogno di tempo ed errori per crescere, se non fisicamente quantomeno tatticamente. La formazione francese ha corso male, anticipando troppo i tempi e facendo il passo più lungo della gamba. Rimane, tuttavia, la compagine più forte: se si muoverà in maniera più organizzata, la lotta per la maglia rosa potrebbe riaprirsi. Le tappe di domani e di sabato sono insidiose, quella di venerdì finisce in cima al Fauniera e può ancora farci rimangiare tutto ciò che abbiamo detto e scritto.

Il Giro del ciclismo italiano era partito più che bene con la netta vittoria in volata di Alberto Bruttomesso della Zalf, il più talentuoso dei nostri primi anni nella categoria. Per ora è rimasta l’unica affermazione. Busatto e Petrucci sono saliti sul podio nella seconda tappa, ma Hayter era già arrivato da 39” e il successo dell’inglese non è mai stato in discussione. Nella quarta, conquistata da Pickrell, il miglior azzurro è stato Parisini, sesto. Del tappone di Santa Caterina Valfurva abbiamo già parlato: Piganzoli si è difeso al meglio delle sue possibilità, Ciuccarelli è rimasto a lungo coi migliori prima di crollare nelle fasi conclusive.

Sono stati tanti i direttori sportivi che hanno criticato l’eccessiva durezza di quella frazione: non hanno torto, qualche discrimine tra l’attività dilettantistica e professionistica deve pur esserci, ma ciò che emerge è l’assenza di scalatori in grado di lottare in contesti internazionali (senza dimenticare le defezioni di Frigo, Garofoli e Martinelli, probabilmente i nostri tre migliori su percorsi del genere). Allo stesso tempo, tuttavia, sarebbe sbagliato dare un giudizio complessivo sullo stato del ciclismo giovanile italiano basandosi unicamente sui risultati di una tappa d’alta montagna (e per certi versi anacronistica) del Giro. Ci mancano alcuni scalatori di spicco, d’accordo, ma per quanto riguarda i velocisti e i corridori adatti ai percorsi mossi non siamo messi male. E il Fauniera, come detto, potrebbe avere ancora molto da dire: considerati i distacchi di Santa Caterina Valfurva, i due minuti che separano Piganzoli dal quarto posto di Thompson, ad esempio, potrebbero rivelarsi non incolmabili. Il momento delle sentenze definitive non è ancora arrivato.