Chiari: «Inutile dare la caccia all’Evenepoel di turno: facciamo il meglio con quello che abbiamo»

Chiari
Stefano Chiari, team manager della Beltrami TSA
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Ogni volta che i suoi ragazzi gli chiedono per quale motivo una volta a settimana debbano allenarsi con la bicicletta da cronometro, Stefano Chiari sospira e riparte da capo.

«Non avete idea di quanto sia difficile far capire a dei ragazzi di vent’anni cosa significhi pensare e lavorare in prospettiva», riflette il team manager della Beltrami Tsa Tre Colli. «Loro dicono: ma di cronometro ne faremo due o tre all’anno, perché per dirci una giornata intera? Ragionano fermandosi al presente, all’immediato. E invece serve: ti insegna ad essere professionale e meticoloso, a contare soltanto su te stesso, ad ascoltare il tuo corpo. E se un domani passi professionista cosa dici alla tua squadra? Che le prove contro il tempo sai a malapena come funzionano?».

Stefano, la politica della Beltrami è sempre stata questa: portare pazienza, concentrandosi più sulla crescita che sui risultati. Perché avete adottato questa linea?

«Perché secondo noi è l’unico modo di concepire l’attività, molto banalmente. Siamo tra gli Under 23, le vittorie e i piazzamenti contano fino ad un certo punto. Ne ho visti tanti di ragazzi brillare e poi spegnersi nel giro di qualche anno, a volte anche meno. A noi interessare costruire e plasmare dei corridori che possano avere una carriera lunga e credibile tra i professionisti».

Ma come si fa a rimanere insensibili al fascino della vittoria?

«Attenzione, non sto dicendo che di vincere non me ne frega niente. O che vincere e perdere sono la stessa cosa. Però della vittoria in sé me ne faccio poco, questo lo dico e lo sottolineo. Io voglio vedere, sapere e capire chi e cosa c’è dietro una vittoria. Altrimenti riempirei il calendario della squadra con le corse del martedì, tanto per capirsi».

Il programma delle gare è uno dei vostri fiori all’occhiello: raramente si vede la Beltrami ad una prova regionale.

«Sarei disposto a partecipare soltanto coi primi anni e magari in una domenica in cui non c’è nessun’altra corsa, se no non se ne parla nemmeno. Perché dovrei presentarmi al via di una gara regionale, togliendo il posto ad un’altra squadra? Per sentirmi il pesce più grande dello stagno? No, grazie. Non è per questo che ci diamo da fare, non è per questo che i nostri sponsor investono cifre importanti».

A proposito degli sponsor, per sostenere un progetto del genere serve una visione condivisa. Quindi anche loro la pensano come voi.

«Aziende come Beltrami Tsa e Tre Colli posso soltanto ringraziarle, perché credono in noi e nella bontà di quello che facciamo. Però ci tengo a specificare che io sono il primo a parlare chiaro quando vado alla ricerca degli sponsor: noi facciamo ciclismo in questa maniera, ci state o no? Non voglio ricatti, non voglio paletti, non voglio vincoli».

A cosa ti riferisci?

«A quello di cui parlavamo poco fa: io non voglio essere costretto a partecipare ad un circuito di paese per accontentare i miei sponsor. Non è così che si fanno crescere dei corridori che sognano il professionismo, alla fine della fiera non ci guadagna nessuno, nemmeno quello sponsor che dal successo nella garetta di casa si aspettava chissà cosa».

E allora come cresce un talento della Beltrami?

«Prima di tutto dev’essere disposto ad affrontare un calendario di alto profilo. Sembra scontato, chi rifiuterebbe? E invece è dura, perché le corse più abbordabili alle quali partecipiamo sono le nazionali riservate ai dilettanti, dunque quelle in cui affrontiamo regolarmente le miglior formazioni dilettantistiche italiane. Per non parlare delle internazionali e degli appuntamenti riservati ai professionisti».

Laigueglia, Per Sempre Alfredo, Coppi e Bartali, Industria e Artigianato: non vi siete fatti mancare niente.

«Sono queste le gare alle quali un dilettante deve partecipare per iniziare a capire cos’è il professionismo. Prendere qualche legnata è fondamentale perché ti permette di mettere tutto nella giusta prospettiva. Soltanto staccandosi da tanti corridori e soffrendo le pene dell’inferno si capisce che il talento da solo non basta e che non serve a molto vincere tra gli juniores e nelle corse dilettantistiche regionali».

Perché non partecipate a corse come la Liegi-Bastogne-Liegi, la Ronde de l’Isard o il Circuit des Ardennes, appuntamenti molto prestigiosi riservati agli Under 23? Correre al Nord è uno dei fattori che più manca ai giovani italiani.

«E’ vero, stiamo parlando di grandi corse e in più di una occasione abbiamo pensato di inserirli in calendario. Anzi, dico che prima o poi succederà sicuramente. Tuttavia, non si può avere tutto: tra corse nazionali, internazionali e dilettantistiche abbiamo un calendario profondo, variegato e di alto profilo. Per non parlare delle concomitanze. Insomma, dovendo scegliere si finisce sempre per rinunciare a qualcosa».

Grazie al vostro metodo siete riusciti a valorizzare un corridore come Pesenti, reduce da una primavera di spessore durante la quale si è messo in luce anche coi professionisti.

«E’ l’esempio perfetto del nostro modo di lavorare. Al primo anno tra i dilettanti, come tutti, aveva la scuola. Poi s’è spaccato un braccio. Poi ci si è messa la pandemia. A perdere un paio d’anni ci vuole poco, lo dico da una vita. Ma finalmente, alla quinta stagione, Pesenti sta dimostrando quanto vale e merita assolutamente il passaggio tra i professionisti».

Pesenti
Thomas Pesenti del Team Beltrami Tsa Tre Colli

S’è già fatta avanti qualche squadra?

«Sì, alcune Professional. Anche se non c’è ancora niente di ufficiale, posso già dire che il prossimo anno non correrà più con noi. E di questo sono molto felice. Di ragazzi, ormai, cominciamo ad averne lanciati diversi: Fiorelli, Baroncini, Tarozzi, Milesi, che adesso è nel vivaio della Dsm».

Tutti corridori che, anche nel caso di Baroncini, hanno avuto bisogno di tempo per prendere le misure con la categoria.

«Allora, è bene essere chiari: dare la caccia all’Evenepoel di turno è sbagliato. Per due motivi. Il primo: nel ciclismo italiano, ora come ora, non esiste un talento del genere ed è nostro compito farlo sapere sinceramente ai ragazzi, che non si montino la testa. Il secondo: se anche ci fosse sarebbe soltanto un’eccezione, un caso isolato, non è che ogni squadra potrebbe averne uno. Non lamentiamoci di quello che ci manca, ma cerchiamo di fare il nostro meglio con quello che abbiamo».

Ma perché i nostri migliori talenti, così forti e promettenti tra gli Under 23, sembrano smarrirsi non appena passati professionisti?

«Le motivazioni possono essere tante e ogni corridore ha la sua storia. Io però voglio portare l’esempio di Girmay, 2° lo scorso anno alle spalle di Baroncini nella prova in linea dei mondiali riservata agli Under 23. Prima ha corso nella Delko, poi dall’inizio dell’estate del 2021 è passato all’Intermarché: due realtà senza molti capitani, dunque molto più disposte a lasciare spazio ad un giovane. Passare direttamente nelle grandi formazioni del World Tour, invece, troppo spesso significa lavorare per i capitani prestabiliti».

Quali sono i prossimi obiettivi della Beltrami?

«Il campionato italiano e il Giro, al quale parteciperemo con Piras, Biancalani, Aimonetto e Freddi e un primo anno ancora da battezzare. Piras sarà il nostro uomo per la classifica generale, Biancalani invece cercherà la definitiva consacrazione puntando ad un successo di tappa. E’ un corridore veloce e resistente, quindi in diverse giornate molto più avvantaggiato degli sprinter puri».

Cosa ne pensi del percorso?

«Che è durissimo, forse troppo. Noi siamo andati a provare diverse frazioni e siamo rimasti impressionati. Peccato, a conferma di quanto dicevo in apertura, che né qui né alla Coppi e Bartali sia stata inserita una cronometro: ai dilettanti italiani farebbe tanto bene misurarsi in prove del genere».

Siete arrivati al quarto anno come continental, una delle realtà italiane più longeve. Sentite qualche responsabilità particolare?

«Non direi, se non quella di dare il massimo e di lavorare seguendo la nostra mentalità. Vinciamo poco? E’ vero, ma i corridori passati da noi e arrivati tra i professionisti testimoniano il valore della nostra attività. Usiamo le biciclette da cronometro, abbiamo un parco mezzi invidiabile e il nostro calendario è di assoluto livello: io credo che tredici continental in Italia siano troppe, ma di certo non siamo noi a dover fare un passo indietro…».