
A Milano, nell’incontro di martedì scorso promosso dalla Lega di Roberto Pella, a fare il portavoce delle continental è stato Stefano Chiari, team manager della Beltrami. Oltre a Pella e Mauro Vegni, membro del direttivo, c’erano i manager delle tre professional italiane, quindi Roberto Reverberi per la Vf Group-Bardiani Csf-Faizanè, Ivan Basso per la Polti VisitMalta e Serge Parsani per la Solution Tech, poi Antonio Bevilacqua nei panni di team manager della Mbh Bank (con doppia affiliazione, ungherese e italiana), e infine figure di spicco delle otto continental più rappresentative d’Italia: oltre a Chiari per la Beltrami, c’erano Simone Boifava per la Biesse-Carrera-Premac, Martino Scarso (da remoto) per la Padovani, Alessandro Beghini per la General Store, Carlo Palandri per la Gragnano, Rino De Candido per la Trevigiani, Angelo Baldini per la Mg.K Vis e Gianni Carapia per la Technipes.
«Ho parlato io per una questione di anzianità – puntualizza Chiari – Il motivo di questo incontro è molto chiaro. Il presidente Pella, al quale riconosco praticità e passione, mi ha telefonato e mi ha chiesto quali fossero i problemi delle continental italiane, di cosa avessimo bisogno, cosa avrebbe potuto fare lui per noi. Ci siamo incontrati con la Lega perché almeno negli ultimi undici anni, vale a dire da quando sono team manager della Beltrami, non ho mai ricevuto chiamate dalla Federazione, altrimenti ci saremmo incontrati volentieri anche con loro. Anzi, erano anni che aspettavamo una figura autorevole e affidabile, come si sta dimostrando Pella. Le continental italiane non possono ancora diventare ufficialmente parte della Lega per una questione di statuto, ma un piede dentro lo abbiamo messo. Non ci sentiamo più abbandonati al nostro destino, in una terra di nessuno, com’è stato per un decennio. Reputo questo incontro una svolta per il movimento ciclistico italiano».
Tanti i temi affrontati: dalle possibili sinergie future agli inviti alle gare professionistiche, senza dimenticare ovviamente la questione più delicata, quella dei costi. Chiari non nasconde che stanno lievitando anche quelli delle continental: una retribuzione minima per gli atleti (3.600 euro per gli atleti del primo anno, 4.800 per quelli dal secondo anno in avanti), l’iscrizione all’Unione Ciclistica Internazionale ulteriormente rincarata, le spese per il passaporto biologico, il pagamento dei punti alla formazione di provenienza al momento dell’ingaggio di un nuovo corridore (la Beltrami, ad esempio, ha dovuto pagare dei soldi alla Trevigiani per assicurarsi Riccardo Perani).
«Finalmente – prosegue Chiari – anche i vertici si sono resi conto che ormai le continental formano l’ossatura del movimento ciclistico italiano. Se una World Tour non è attualmente sostenibile e se le professional più di quello che già fanno non riescono a fare, allora è giusto garantire alle continental un presente e un futuro i più dignitosi possibili. Quest’anno, in diverse gare del calendario italiano, se non ci fossero state le continental sarebbero partiti in trenta o in quaranta. Intanto, nella riunione con Pella, Vegni e le professional, siamo arrivati ad un primo accordo: anche alle continental, come già accade alle professional, verrà offerta l’ospitalità, vedremo se dall’organizzazione o da qualche altro attore. Già questo sarebbe importante, se teniamo conto che una squadra come la Beltrami, per il pernottamento ad una gara professionistica, spende ogni volta all’incirca duemila euro. Se si moltiplica questa somma per trentacinque o quaranta giorni all’anno, si capisce in fretta di che cifre stiamo parlando. Magari questa agevolazione incentiverà a correre tra i professionisti anche quelle continental che non si vedono praticamente mai…».











