
E pensare che il ciclismo non faceva parte della sua vita fino a 13 anni. Alberto Dainese giocava a basket, il suo sport preferito da bambino, ma poi purtroppo la natura ha deciso che si doveva fermare a 1 metro e 76 centimetri, troppo pochi per calcare i campi da gioco. Ecco allora che il nonno lo avvicina alla bicicletta, tanti i pomeriggi passati insieme a guardare insieme il Giro d’Italia.
Poco più di dieci anni dopo da quei momenti insieme al nonno, ex aviatore con una grande passione per la velocità (guarda caso), Alberto Dainese si prende Reggio Emilia, regalandosi il primo successo in carriera al Giro d’Italia. «Mi sto riguardando – ha detto dopo l’arrivo – volevo essere sicuro di aver vinto proprio io». Si perché il percorso per arrivare qui non è stato sempre semplice. Per alzare le braccia al cielo alla corsa rosa, il corridore di Abano Terme ha sofferto non poco.
Da dilettante era un assoluto talento. Con la Zalf, dove ha trascorso due anni, si è preso la Firenze-Empoli, San Vendemiano, il Mantovani, una tappa al Giro, una al Friuli e diverse altre corse. Lo spunto veloce di Dainese ha attirato le sirene della SEG Racing Academy, una squadra olandese che gli offre l’opportunità di emigrare e scoprire un nuovo mondo. Nel 2019 conquista sette vittorie, una in maglia azzurra e di grande Prestigio: il campionato europeo U23.

La SEG era considerata in Olanda il vivaio della Sunweb (ora Dsm) e automaticamente dopo un anno stellare, Dainese passa professionista con alle spalle anni di dilettantismo davvero di altissimo livello. Forse, anche per le tante aspettative, il passaggio tra i grandi non va come previsto.
Sono tante le difficoltà. Un’involuzione che ha aveva poche spiegazioni. Lui stesso, confidandosi a quibicisport.it, non capiva cosa non andasse. «Né infortuni né guai di salute. Ed è questo che mi infastidisce: sapere che fisicamente sto bene ma non riesco a sbloccarmi».
Pur non arrivando la vittoria in Spagna si riaccende la luce. Ben tre tappe allo sprint concluse sul podio, mancava solo la vittoria, ma era questione di momenti. E quale passerella migliore del Giro d’Italia per tornare al successo, dimostrando a tutti che il grande talento che era da Under 23 non era scomparso?
«Questa è la mia prima vittoria importante da professionista. Voglio dedicarla a tutti coloro che hanno creduto in me nei momenti difficili. Anche quando io stesso non credevo nelle mie potenzialità. Scusatemi, ma non so cos’altro dire…». Poche parole di un ragazzo d’oro (come la medaglia agli Europei), che ha davanti a sé un futuro da primo della classe.
E pensare che voleva giocare a basket…