Garofoli recupera bene: «Non voglio forzare i tempi, ma mi piacerebbe essere al mondiale»

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Gianmarco Garofoli del team Astana Development ai Campionati europei 2021 di Trento
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Le orecchie che si tappano, il respiro che manca, il petto che fa sempre più male: alla fine sulle rampe di Ca’ del Poggio, la salita principale del San Vendemiano, Gianmarco Garofoli si è dovuto fermare guardando in faccia la realtà. Non poteva più far finta di star bene, altrimenti avrebbe rischiato grosso. Miocardite, gli hanno detto il giorno dopo al pronto soccorso dopo alcuni controlli.

«Che non ero me stesso l’avevo intuito – ricorda Garofoli – Sono sensazioni, non saprei come spiegarmi, ma un corridore vive di sensazioni e io ero abbastanza sicuro che ci fosse qualcosa. Stavo incubando qualcosa già in Oman, a metà febbraio, e infatti quando rientrai a casa mi feci un tampone e risultai positivo. Da quel momento in poi non mi sono più ripreso».

Garofoli, qual è stata la tua prima reazione al responso?

«Paura non direi, al massimo posso averne provata un po’ quando mi sono sentito male. Quando mi hanno comunicato che si trattava di miocardite e che sarei dovuto rimanere fermo per tre mesi, ho provato perlopiù rabbia e dispiacere. Poteva, anzi doveva essere il mio anno e invece mi sono ritrovato immobile a vedere gli altri correre».

Come prosegue il recupero?

«Dopo l’accaduto ho passato una settimana in ospedale e periodicamente mi devo sottoporre ad alcuni controlli. Il recupero procede bene, per fortuna. Riposo assoluto, hanno detto i dottori. E io eseguo, cos’altro posso fare?»

Sui tre mesi preventivati pensi di poter limare qualcosa, senza ovviamente compromettere la tua salute?

«Fosse per me tornerei a correre oggi stesso, ma sarei un incosciente. Essendo giovane e atletico, i dottori mi hanno detto che qualcosa si potrebbe risparmiare, ma sono soltanto discorsi e previsioni. Dovremo valutare via via il mio stato di salute e il mio recupero».

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Il post Instagram con cui Garofoli ha dato la notizia della miocardite

Hai detto che questo doveva essere il tuo anno: quali obiettivi ti eri posto?

«Il 2021 è stata la mia prima stagione tra i dilettanti ed è andata molto bene, ecco perché mi attendevo molto. Giro d’Italia e Tour de l’Avenir erano i miei obiettivi principali, avevo grandi ambizioni, ma purtroppo è andato tutto in fumo. Al massimo seguirò qualche tappa sulla strada o da un’ammiraglia».

Cosa ne pensi dei risultati delle classiche internazionali italiane?

«Grégoire mi ha impressionato. Resta da capire quant’è adatto alle corse a tappe: se fosse anche resistente, allora diventerebbe il favorito principale per la vittoria del Giro. Mi ha fatto piacere trovare tra i migliori il mio amico Marco Frigo, al quale auguro una stagione piena di successi. E mi ha colpito Lorenzo Germani, mio coetaneo: un bel talento».

Seguire le corse non ti fa provare nostalgia?

«In parte sì, ma il ciclismo è il mio mondo, la mia passione più grande. E’ inevitabile che lo segua, specialmente le gare dei miei avversari principali. Comunque non passo la giornata a piangermi addosso, sia ben chiaro».

Come la passi, allora?

«Vado nell’azienda d’arredamento di famiglia, ad esempio. La fondò mio nonno, adesso la gestisce mio padre e un domani toccherà a me. Piano piano imparo a prenderci le misure, a capire qual è la quotidianità di un imprenditore. E poi penso, rifletto, indago».

Su cosa?

«Su me stesso, sul ciclismo, sul mio futuro. La vita di un corridore è frenetica, viaggiando e pedalando di tempo ne rimane poco. Siamo immersi nel presente, viviamo molto ma sognamo poco. Ecco, io in queste settimane mi sto interrogando sul futuro: cosa desidero, quali obiettivi voglio raggiungere, perché faccio una cosa piuttosto che un’altra».

Quindi la rabbia e il dispiacere si sono attenuati.

«Sì, rimangono ma sullo sfondo, non sono più predominanti come prima. Anzi, in un secondo momento ho capito che non sono stato sfortunato, ma fortunato: se di questo problema non ce ne fossimo accorti in tempo sarei potuto morire, oppure avrei potuto perdere gli anni migliori della mia carriera. Mi piace credere in quello che mi dice Marino Amadori: sono ancora giovane, ho tutto il tempo per rifarmi e ritornare ai livelli di prima».

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Gianmarco Garofoli al Tour of Oman 2022

Vi sentite spesso?

«Sì, abbiamo un bel rapporto, mi stima molto e io non posso che essergli riconoscente. Mi aspetterà e io non lo deluderò: insieme ci toglieremo delle belle soddisfazioni. Ad esempio, se a luglio dovessi ricominciare ad allenarmi, già nella seconda metà di agosto potrei tornare a correre. Non voglio forzare i tempi, non fraintendetemi, ma io l’ipotesi di partecipare al mondiale non l’ho ancora scartata. Anche se non è adatto alle mie caratteristiche, soltanto esserci e vestire la maglia della nazionale sarebbe bellissimo».

Se la metti così, di corse prestigiose nelle quali potresti far bene tra settembre e ottobre ce ne sono diverse.

«Penso al Piccolo Lombardia o alle classiche italiane di fine stagione riservate ai professionisti. Di gare ce ne sono, ma tutto dipende da quando ricomincerò ad allenarmi. Non voglio forzare i tempi proprio per ripartire una volta per tutte: delle ricadute o delle ulteriori pause sarebbero più difficili da sopportare».

Quante possibilità c’erano di vederti nel World Tour con l’Astana a partire dal prossimo anno?

«Direi più di una. Quest’anno ho corso poco, ma non mi sono mosso male. E con l’Astana mi trovo benissimo, un grande feeling sia con i compagni di squadra che con lo staff. Mi hanno chiamato tutti, da Martinelli a Maini, lasciandomi tranquillo: ho la certezza che dei grandissimi professionisti stanno aspettando il mio recupero. Certo, considerando quello che è successo direi che il World Tour può aspettare: ci sono diverse corse riservate agli Under 23 nelle quali voglio dire la mia…»