Nencini, il cavallo pazzo di Provini: «Al Liberazione potrei muovermi prima della volata»

Tommaso Nencini in trionfo al Gran Premio Fiera della Possenta (foto: Riccardo Scanferla/Photors.it)
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Matteo Provini, il suo direttore sportivo, ama definirlo un cavallo pazzo. All’inizio della passata stagione, durante un allenamento, Tommaso Nencini affiancò la sua ammiraglia e gli fece cenno d’abbassare il finestrino. «Alla Firenze-Empoli vinco io», gli disse. Provini (agricoltore, uomo di ciclismo, scaramantico) prima sbiancò, poi si toccò, dopodiché lo invitò a proseguire l’uscita coi compagni. Pochi giorni più tardi, tuttavia, la Firenze-Empoli la vinse davvero: il suo primo successo tra i dilettanti al terzo anno nella categoria. Troppo poco per un corridore della sua stoffa, nipote di Gastone Nencini e unanimemente considerato uno dei più grandi talenti del ciclismo italiano. Il toscano si è dato una scadenza: quest’anno. Se a dicembre Nencini non avrà un contratto con una squadra professionistica, molto probabilmente smetterà.

Tommaso Nencini, da questo punto di vista il Liberazione di lunedì assume un’importanza capitale.

Inevitabilmente sì, è uno dei miei obiettivi principali. Un anno fa ero nelle condizioni giuste per poterlo vincere, ero partito fortissimo con la vittoria alla Firenze-Empoli, ma mi fermò un tampone positivo. Non ho mai partecipato, sarò al debutto.

Hai studiato il percorso?

Ho fatto tante domande e mi sono state date tante risposte interessanti: è una gara lunga, ad eliminazione, bisogna rimanere sempre nelle prime posizioni del gruppo e saper annusare l’aria, perché l’azione giusta è sempre dietro l’angolo. Non è scontato che arrivi la volata.

A proposito, tu come ti muoverai?

Lo deciderò lì per lì, dipende da come mi sentirò e dal modo in cui correranno le altre squadre. La Colpack è quella di riferimento. Io sono un corridore veloce, ma nelle mie corde c’è anche la sparata del finisseur: quindi non è detto che aspetti lo sprint, potrei muovermi anche prima.

Con quale forma arrivi a Roma?

Buona ma non eccezionale, non sono ancora arrivato a toccare il picco di forma dopo il quale c’è un naturale calo delle prestazioni. Infatti continuerò a correre fino al Giro d’Italia, un periodo di stacco prima e di altura poi li avrò in estate per preparare il finale di stagione.

Sulla tua preparazione ha influito un altro tampone positivo a gennaio.

Ne avrei fatto a meno, si capisce, però la situazione l’abbiamo gestita molto meglio rispetto allo scorso anno. Nel 2021, convinti che rimanere fermi sarebbe stato un disastro, pedalai parecchio sui rulli. Si rivelò un errore: per smaltire i postumi ci vollero tre mesi e compromisi anche il Giro. Quest’anno me la sono cavata con un mese: due settimane senza bici, qualche girata e poi di nuovo gli allenamenti canonici.

Quali conseguenze hanno avuto queste due positività sul tuo fisico?

La più banale è che si è costretti ad interrompere la preparazione e che non si può gareggiare. Su di me ha avuto gli stessi effetti di una mononucleosi. Provavo una grande stanchezza, pedalavo un’ora e mezzo e mi sembrava d’averne pedalate cinque o sei. Ci vuole tempo per recuperare bene.

Allora sai soffrire, a differenza di quello che ogni tanto sostiene Matteo Provini.

Gli devo molto. Ho iniziato a vincere da quando sono arrivato alla Petroli Firenze lo scorso anno, quindi vuol dire che il suo mestiere lo sa fare. E anche se è severo ed esigente, con lui mi trovo bene. Io ho bisogno di un direttore sportivo del genere: che mi segue, che mi sta addosso, che mi tira le orecchie se necessario. Come tutti i ragazzi tendiamo a distrarci, ci vuole qualcuno che ci richiami all’ordine.

Secondo te cosa intende quando ti definisce un cavallo pazzo?

Secondo lui ci sono delle giornate in cui posso vincere anche il mondiale e delle altre, invece, in cui sono indolente e faccio una fatica inspiegabile. Non ha tutti i torti: la continuità che a volte mi manca è riconducibile anche a questo aspetto e forse dovrei buttarmi meno giù quando le cose non vanno per il verso giusto.

Tuttavia, allo stesso tempo, Provini sostiene che sei un professionista impeccabile.

Su questo non si discute, professionalità e ambizione non mi mancano. Coi ritiri siamo partiti lo scorso anno. Abbiamo passato anche una notte in tenda, tutti insieme e senza distrazioni. Provini ci teneva ed è stata una bellissima esperienza: il gruppo ne è uscito più unito e affiatato. Negli ultimi mesi ho trascorso pochissimo tempo a casa, sono quasi sempre a Castelnuovo Fogliani, in provincia di Piacenza, dove la squadra ci mette a disposizione una casa che funziona come ritiro.

Sono dei sacrifici importanti per un ragazzo di 21 anni.

Senza dubbio, ma sono inevitabili se si vuole ambire al passaggio tra i professionisti. Personalmente vivo questa situazione con una certa leggerezza perché mi sono dato un ultimatum: o passo professionista quest’anno oppure, molto probabilmente, smetto. Non voglio avere rimpianti, cerco di farmi forza così. E comunque non sono da solo: con me c’è sempre Gabriele Porta, il quale essendo sardo vive praticamente qui, e periodicamente si fermano qualche giorno anche altri compagni.

Nencini, al Giro punterai a vincere una tappa?

Sarebbe bello e prestigioso, certamente ci proverò. Ma quello che m’interessa è trovare continuità, al Giro e nell’arco della stagione. Vincere è fondamentale ed è sempre il mio obiettivo, ma è importante anche entrare con costanza tra i primi dieci o tra i primi cinque. E’ inutile correre bene un mese sì e un mese no, non è così che si sopravvive nel professionismo e che ci si guadagna la nazionale.

Avrai già parlato con Marino Amadori dei percorsi degli europei e dei mondiali: ti si addicono molto.

Abbiamo scambiato due parole tempo fa, sicuramente ci saranno altre occasioni. So che mi considera molto e di questo lo ringrazio e ne vado fiero, ma non m’illudo: chi va avanti nel ciclismo lo decidono le gambe, le prestazioni e i risultati. Ad esempio, mi è dispiaciuto non esser stato convocato per la Gand-Wevelgem perché è una gara che mi piace, ma non meritavo d’esserci. Anzi, avrei fatto brutta figura. E’ giusto che sia così: nessuno deve avere la convocazione assicurata.

Nencini, quanto è stato importante cominciare l’anno con la vittoria al Gp Possenta?

Tanto, considerando che fino alla Firenze-Empoli della stagione passata non avevo mai esultato tra gli Under 23. È stata una bella affermazione, ho attaccato e sono arrivato da solo, a testimonianza del fatto che non sono un semplice velocista. Però non m’illudo: per me è arrivato il momento di raccogliere qualcosa nelle gare importanti. Sono altre le corse che misurano il valore di un atleta.