Van Aert e le mani piagate: i segni dell’inferno Roubaix sulla pelle (Foto)

Van Aert spiega con una foto cosa significa correre la Parigi-Roubaix
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Wout van Aert ha pubblicato sui propri profili social un’immagine emblematica. Senza parole e con un’apparente banale foto della propria mano piena di vesciche ha spiegato cosa significa partecipare alla Parigi-Roubaix, al di là del risultato. Che si arrivi primi o ultimi cambia poco.

Van Aert e i segni pazzeschi della Parigi-Roubaix

Correre la Parigi-Roubaix vuol dire farsi un tutt’uno con la fatica e la sofferenza. Fondersi con il dolore fino a non sentirlo più. L’Inferno del Nord lascia i suoi segni, unici e ineguagliabili, sui corpi di chi l’ha attraversato. Ferite, vesciche, tagli come fossero dei timbri che accertano e confermano il passaggio sul terreno più crudele che ci sia: il pavé.

«Quelle pietre sono devastanti, non perdonano. Sono crudeli, non hanno pietà. Ma vanno sfidate. Aggredite. Dominate, non subite. A volte ti trovi a dover schivare buche grandi come mezza ruota. Più che ciclismo, fai l’acrobata». Parole di Francesco Moser che ha vinto, dominato questa corsa per tre volte. E se non provi a prendere confidenza con le pietre, ad ascoltarle e interpretarle, ti respingono e finiscono per schiacciarti.

La Roubaix è un viaggio d’andata e ritorno all’inferno e il velodromo, dove è posto il traguardo, appare agli occhi dei corridori come il paradiso. La Roubaix, diceva Henri Desgrange, ideatore del Tour de France, è l’eccesso che permette l’identificazione. E se non c’è il fango, c’è la polvere a “benedire” chi ne prende parte.

Ne nasce così un rapporto di amore e odio, riassunto in una dichiarazione di qualche giorno fa di Filippo Ganna: «Vorrei vincerla per non farla più».