Ellena, dall’invito al Giro d’Italia al dramma dell’ucraino Ponomar: «La sua famiglia è bloccata lì e il padre è al fronte. Sarà lui a decidere se correre o meno»

Ellena
Giovanni Ellena in una foto d'archivio al Giro di Lombardia 2021
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La notizia dell’invito per il Giro d’Italia ha fatto senza dubbio piacere a Giovanni Ellena, direttore sportivo della Drone Hopper-Androni Giocattoli. RCS ha riconosciuto il valore della sua squadra e per questo motivo la vuole sulle strade della corsa rosa. A differenza degli anni passati però, il diesse non riesce a festeggiare troppo per la wildcard. Lui, così come l’intera squadra di Gianni Savio, sta vivendo da vicinissimo il dramma della guerra in Ucraina.

La Drone Hopper vanta in squadra il giovanissimo e talentoso Andrei Ponomar, ucraino che vive proprio a due passi dalla casa di Ellena insieme ai sudamericani. Il discorso non può dunque che vertere sul ragazzo, venuto via dal suo paese a soli 12 anni, ma che a nord di Kiev conserva ancora gran parte della sua famiglia.

Ellena, qual è la situazione?

«Andrei è molto spaventato. Come ogni ucraino sta vivendo davvero male la situazione, a maggior ragione perché sa che lui da qui non può fare niente per aiutare la sua famiglia rimasta nel suo Paese. Per farvi un esempio. Sappiamo che la mamma e la sorellina di sette anni sono rinchiuse in un bunker anti-bombardamento, mentre il padre è al fronte».

Come state gestendo la cosa?

«È difficile. Io lo vedo tutti i giorni perché abita veramente a due chilometri da casa mia e cerco di fornirgli tutto il supporto necessario. La cosa più complicata è ricevere notizie: dopo quasi cinque giorni di guerra, solamente ieri Ponomar ha potuto vedere una foto del padre impegnato al fronte. Sapere che sta bene, gli ha sicuramente dato un grande aiuto. Lui sa che per qualunque cosa può contare su di noi e sulla squadra».

Ma sta continuando ad allenarsi?

«Noi speriamo sempre di averlo con noi tutti i giorni, perché stare in mezzo agli altri può fargli dimenticare, anche se solo per poco tempo, quello che sta succedendo in Ucraina. La bicicletta può aiutarlo. Però ovviamente noi non vogliamo mettere pressioni, deciderà lui se avrà voglia di correre o meno. Noi lo aspettiamo e siamo pronti a fargli trovare uno spazio nelle gare a cui partecipiamo».

Parlando della tua squadra. Avete vinto al Tour of Rwanda e ora l’invito al Giro…

«Sì, a livello prettamente ciclistico è un buon momento. La wildcard è un ottimo riconoscimento alla squadra e andremo al Giro con una squadra forte, mentre il successo di Natnael Tesfatsion è una grande soddisfazione perché noi crediamo molto in lui».

Ci descrivi questo ragazzo?

«È davvero un ragazzo d’oro, anche se inizialmente è stato difficile perché sono stato abituato con i sudamericani, che hanno una cultura totalmente diversa da quella degli africani. Piano piano si è ambientato e noi lo abbiamo aiutato a comprendere come funzionano le cose qui. Il talento è tanto, ma quest’anno possiamo contare davvero su una bella squadra…»

Avete già pensato alla squadra che potreste portare al Giro?

«Sì, ma quella sarà composta da corridori un po’ più esperti. Se tutto va bene al via di Budapest vedremo Restrepo, Cepeda, Sepulveda, Ravanelli, Bais, Zardini e Grosu. Ma per quest’ultimo dovremo valutarne le condizioni, ha preso il Covid recentemente».

E i più giovani dove correranno?

«Diciamo che noi abbiamo due attività parallele. La prima è per i più esperti e comprende le gare di primo piano come le WorldTour o altre come il Tour of the Alps. La seconda è per i più giovani, che hanno bisogno di crescere con maggiore calma e meno pressioni. Loro correranno soprattutto all’estero».

Su chi puntate maggiormente?

«Oltre al già citato Tesfatsion direi Alba, Umba, Marchiori e Benedetti».