AMARCORD/87 Il gran ritorno di Cipollini: toccata e fuga in California, ma a 41 anni la gamba c’era ancora

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La notizia fu sparata a fine gennaio 2008: a quasi tre anni dal ritiro, e a quasi 41 anni, Mario Cipollini tornava a correre. Lo aveva convinto un rampante stilista di moda americano, Michael Ball, che qualche tempo prima, stimolato dai suoi trascorsi cicloamatoriali, aveva fondato un team, chiamato Rock Racing, diretta emanazione della sua azienda, la Rock&Republic.

Si trattava di una squadra piuttosto lontana dai canoni consueti, con più Cadillac e Lamborghini che ammiraglie, ma il progetto era ad ampio respiro: Cipollini avrebbe dovuto di lì a poco scendere definitivamente dalla bici e assumere compiti manageriali. Si parlò anche di una futura linea di abbigliamento sportivo con il suo nome e di un ruolo da testimonial internazionale.

«In me c’è una grande eccitazione – disse il Re Leone – Prima di accettare ho avuto molti dubbi, ma era un’opportunità che non potevo lasciarmi sfuggire». Insieme a Cipollini, il vulcanico Ball ingaggiò altri nomi del ciclismo internazionale, come il trentasettenne americano Tyler Hamilton, che alle spalle aveva una Liegi e alcuni grandi Giri da protagonista, e il trentacinquenne colombiano Santiago Botero, ex campione del mondo a cronometro.

A Sacramento arrivò a un passo da Boonen e davanti a Cavendish

La nuova vita agonistica di Cipollini cominciò a febbraio al Tour of California, appuntamento tra i più prestigiosi nel calendario americano. Per la Rock Racing era un salto di qualità, il primo step di un piano che avrebbe dovuto portare la creatura di Ball in cinque anni ai vertici del ciclismo mondiale. Ma le cose si misero subito male: Hamilton, Botero e lo spagnolo Sevilla, presentatisi al via, furono respinti per i loro oscuri trascorsi con il doping.

Quanto a Cipollini, il rischio era di condurre il suo enorme prestigio ad una serie di brutte figure. In uno sport come il ciclismo tre anni di inattività sono indigeribili per atleti giovani, figuriamoci per un ultraquarantenne. Tanto più che in volata si sarebbe dovuto confrontare con una buona rappresentanza dell’élite mondiale, gente come Freire, Ciolek, Boonen e un giovane ma già fortissimo Cavendish.

Invece: dopo un dignitoso cronoprologo e una prima frazione di assaggio, arrivò la piatta tappa di Sacramento. La volata fu lunghissima, animata da un allungo anticipato di Cavendish. L’inglese tenne fino a pochi metri dalla linea, poi fu mangiato in rapida successione da Boonen, Haussler e, sì, proprio da Cipollini. Quella terza piazza californiana, per certi aspetti, non è meno meravigliosa di tanti suoi successi negli anni d’oro. Fece giusto un po’ impressione vederlo battagliare tutto solo, lui che ai tempi d’oro veniva scortato da treni regali.

Cipollini: il sogno americano terminò alle porte della Sanremo

Alla Milano-Sanremo mancava solo un mese, fu naturale vagheggiare la presenza del Re Leone. Ma a quattro giorni dalla Classicissima si apprese che era già tutto finito. «Purtroppo ho dovuto interrompere il mio rapporto con il team americano Rock Racing iniziato qualche mese fa – dichiarò Cipollini in una nota – L’idea di correre la Milano-Sanremo aveva senso se era legata a un progetto più ampio di costruzione e gestione di una nuova squadra e il mio ritorno alle corse faceva parte del progetto di creare un dream team. Nonostante un contratto, questo non è successo per ragioni che sfuggono al mio controllo».

In effetti, il progetto Rock Racing finì presto su un binario morto, seguendo le sorti della casa madre Rock & Republic, costretta a dichiarare bancarotta nel 2010. A Michael Ball non rimase che vendere il marchio, chiudere la valigia dei sogni e sparire dalle rotte ciclistiche.