Rossato: «Ecco il progetto Under 23 della Bardiani per i prossimi tre anni. Il nostro modello? La Uno X»

Rossato
Mirko Rossato, direttore sportivo della Bardiani (foto: Codeluppi/BardianiCSFFaizané)
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L’idea della Bardiani è molto semplice: replicare in Italia quello che la Uno X fa nel Nord Europa, tra Danimarca e Norvegia. Vale a dire: due squadre, una Professional e una Continental, tutt’altro che a compartimenti stagni. Nella seconda, quella per così dire di sviluppo ed incentrata sui più giovani, corre ad esempio Tobias Johannessen, l’ultimo vincitore del Tour de l’Avenir, il quale tuttavia ad aprile ha partecipato al Tour of the Alps con la prima squadra, la maggiore, quella che fa parte delle Professional.

Per il movimento italiano si tratta di una novità. Il gruppo di giovani sarà guidato da un direttore sportivo esperto: Mirko Rossato.

Iniziamo ad essere più precisi, Mirko. Il modello al quale vi ispirate è quello della Uno X, giusto?

«Esatto, a nostro modo di vedere uno dei più interessanti e virtuosi che ci sono in circolazione, a maggior ragione quando si parla di Under 23. Loro ragionano così da anni, il fatto che in Italia ci si stupisca di una proposta del genere mi fa riflettere. Però tra noi e loro ci saranno delle belle differenze».

Quali?

«La più importante: noi non faremo due squadre. Noi resteremo una Professional, come nelle ultime stagioni. Soltanto che, tra i corridori ingaggiati, ne avremo diversi molto giovani. Ecco, con questo gruppo di ragazzi ci piacerebbe partecipare alle gare dilettantistiche più importanti».

Quelle internazionali, però.

«Si capisce, essendo noi una Professional non possiamo presentarci alla partenza di gare nazionali o di circuiti provinciali. E poi non avrebbe senso, non è quello che c’interessa. Quando parlo di gare dilettantistiche importanti penso al Piva, al Belvedere, al Recioto, al Giro d’Italia, alla Ronde de l’Isard, alla Liegi-Bastogne-Liegi».

Quindi non avrete bisogno di nessuna deroga?

«Assolutamente no, proprio perché come dicevo prima non facciamo niente di così eccezionale».

Quali dei vostri corridori dovrebbero far parte di questo gruppo?

«Alex Tolio, Martin Marcellusi, Alessio Nieri, Tomas Trainini, Alessio Martinelli, Giulio Pellizzari, Alessandro Pinarello e Iker Bonillo. Ma come vedrete non saranno due gruppi distinti in tutto e per tutto. Mi spiego meglio: atleti giovani ma già più esperti come Marcellusi, ad esempio, dovrebbero disputare qualche corsa anche coi professionisti. Esattamente come si comportano le formazioni del WorldTour con le rispettive squadre di sviluppo».

Ovvero?

«Alla Coppi e Bartali la Jumbo-Visma aveva due corridori più pronti, Vingegaard e Leemreize, e quattro della squadra Development. Secondo me è un buon modello di integrazione».

Perché avete preso questa decisione?

«Molto semplice, i regolamenti dell’Uci impongono un numero minimo di atleti e quindi ci siamo detti: invece di ingaggiare atleti che non sono né carne né pesce, perché non svezzare un gruppo di giovani? Tra l’altro, la valorizzazione dei talenti italiani è il fiore all’occhiello della Bardiani: lo ha sempre fatto, da Colbrelli a Zana passando per Modolo, Battaglin e Ciccone».

Vi siete dati una scadenza?

«Intanto andremo avanti per tre anni, un lasso di tempo che ci darà sicuramente delle risposte, nel bene e nel male. Li cresceremo come crediamo sia giusto: facendoli misurare ora in contesti di primo piano, perché il confronto internazionale è fondamentale, e ora in appuntamenti più alla loro portata, poiché se uno prende solo e soltanto bastonate dai professionisti si demoralizza».

Dal dilettantismo italiano arrivano le prime polemiche: si dice che la Bardiani non dovrebbe disputare le gare riservate agli Under 23.

«Le ho lette, ma devo dire che non le condivido. Più che altro mi sembrano superficiali, mi pare che non si voglia entrare nel merito della questione. Così sembra che la Bardiani vada a correre i circuiti pianeggianti in provincia portando quei corridori che partecipano al Giro e alle classiche. Come ho spiegato, non sarà assolutamente così».

La maggior parte delle critiche si riferiscono al vostro budget, fuori scala per qualsiasi altra formazione dilettantistica italiana.

«Che la Bardiani possa contare su un budget superiore è chiaro, fare finta di niente vorrebbe dire mancare di rispetto alla categoria. Alla fine siamo, e rimarremo, una Professional. Ma secondo me il progetto ha poco a che vedere col budget».

Cosa intendi?

«Non mi pare che la Bardiani abbia fatto razzia tra i dilettanti, prendendone a decine oppure ingaggiando i migliori della categoria. Voglio dire: Baroncini è andato alla Trek, Verre all’Arkéa, Benedetti all’Androni. Noi abbiamo scelto degli atleti senz’altro validi e promettenti, ma non direi che il nostro budget ha pesato eccessivamente, come sostengono alcuni».

Perché da voi i giovani dovrebbero crescere meglio che in una squadra del World Tour?

«Ogni corridore e ogni trasferimento hanno la propria storia, non mi prendo la responsabilità di affermare che noi siamo più bravi a prescindere. Però faccio notare che un ragazzo che approda direttamente al World Tour, a meno che non sia un talento cristallino in grado di affermarsi fin da subito, finisce per fare il gregario e incupirsi. Noi diamo loro più possibilità, non credete?«

Secondo te come lavorano le formazioni giovanili italiane?

«Direi bene, ho stima dei miei colleghi che lavorano quotidianamente coi giovani. Voglio lanciare anche questo messaggio: la Bardiani non vuole insegnare niente né infastidire nessuno, abbiamo avuto questa idea e faremo di tutto per metterla in pratica nel miglior modo possibile. Tutto qui».

Lavorano bene anche le Continental? C’è chi dice che fanno troppa attività nazionale, quando invece sarebbero nate per garantirne una più internazionale.

«In parte credo sia vero, se la Federazione non avesse permesso alle Continental di partecipare alle prove nazionali dubito che ne sarebbero nate così tante. Però non voglio nemmeno passare per quello che giudica senza conoscere: andare all’estero e rimanerci per più giorni costa caro e richiede una struttura di un certo tipo. E in questo momento in Italia non ci sono molti soldi: bisogna fare il meglio che si può con quello che si ha».

Ma il confronto internazionale rimane una priorità.

«Senza dubbio, con me sfondate una porta aperta. L’ho sempre detto ad ognuno dei miei corridori: migliorate soltanto se correte coi migliori. Questo è quello che cercheremo di fari coi nostri ragazzi».