AMARCORD/82 Tour 1989, il destino in 8 secondi: per Lemond fu la rinascita, per Fignon il declino

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Fu una storia di rinascita e di morte sportiva, riassunta plasticamente dal podio di Parigi: sul gradino più alto, un Greg Lemond raggiante, riemerso da due anni di oblio, dopo un incidente di caccia che lo aveva ridotto in fin di vita. Alla sua destra, un Laurent Fignon spento, avviato da quel giorno a un lungo e inesorabile declino.

Due destini separati da soli otto secondi, maturati nei 3285 chilometri del Tour de France 1989, una delle edizioni più combattute e palpitanti di sempre. I due vi arrivarono da percorsi opposti: Fignon aveva vinto la Milano-Sanremo per la seconda volta consecutiva e festeggiato il suo primo Giro d’Italia, che andava ad aggiungersi ai due Tour de France conquistati nel 1983 e 1984.

In quella stessa corsa rosa Lemond si era confermato lontanissimo dai livelli pre-incidente, salvo battere un colpo nell’ultima crono, con un secondo posto che si rivelò la prima luce in fondo a un lungo tunnel.

Cinque cronometro in ventuno giorni: una manna per Lemond

Furono proprio le cronometro, sparse generosamente lungo il percorso, l’elemento decisivo per la resurrezione dell’americano sulle strade del Tour. Le prove contro il tempo furono addirittura cinque (una a squadre) per complessivi 190 chilometri. Lemond le sfruttò tutte, recuperando a cronometro quello che perdeva in salita.

Fignon gli sfilò la maglia gialla nella tappa dell’Alpe d’Huez e il giorno dopo diede un’altra stoccata, vincendo a Villard-de-Lans. Arrivò così all’ultima crono, da Versailles a Parigi, con 50 secondi di vantaggio. Non pochi, in una prova di 24 chilometri, ma per il parigino, costretto a pedalare scomposto per un grosso foruncolo al soprasella, la probabile festa si trasformò in un incubo.

Lemond volò a 54 e mezzo di media, favorito anche da una nuova diavoleria, il manubrio da triathlon. Una vera persecuzione per Fignon, che cinque anni prima aveva perso il Giro d’Italia nello stesso modo: in una crono finale e contro un avversario, Moser, avvantaggiato dalla tecnologia delle nuove ruote lenticolari.

Il Tour di Delgado: partenza-disastro, poi una splendida rimonta

L’arrivo del francese sul vialone dei campi elisi fu scandito da un drammatico conto alla rovescia, seguito da un verdetto impietoso: Greg Lemond aveva vinto il suo secondo Tour de France per otto secondi, il margine più esiguo nella storia della corsa francese.

Il testa a testa finale fa dimenticare il ruolo del terzo uomo di quel Tour: Pedro Delgado, vincitore un anno prima. Lo spagnolo ebbe una partenza rovinosa: si presentò al via della prima cronometro con 2’40” di ritardo, poi accusò altri cinque minuti nella cronosquadre. Di lì cominciò una rimonta sensazionale, dimostrandosi il più forte di tutti in montagna. A Parigi fu terzo, con un ritardo di 3’34”: senza gli oltre 7 minuti dell’handicap iniziale, probabilmente avrebbe vinto lui.