Il ritorno di Andrea Piccolo: «Ho superato dei gravi problemi di salute, non vedevo l’ora di correre e vincere di nuovo»

Andrea Piccolo esulta sul traguardo della Coppa Collecchio (crediti foto: Rodella)
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Il 25 settembre 2018, poco meno di tre anni fa, Andrea Piccolo conquistava la medaglia di bronzo nella cronometro dei campionati del mondo riservata agli juniores. Davanti a lui lo scintillante oro di Remco Evenepoel e il bell’argento di Luke Plapp, appena qualche giorno fa nuovamente secondo ma stavolta tra gli Under 23

Allora, Andrea Piccolo era uno dei migliori talenti del ciclismo italiano. Un anno più tardi, nel 2019, avrebbe vinto il Giro della Lunigiana e la prova contro il tempo dei campionati europei. Nel 2020, nonostante la pandemia abbia provato a soffocare la crescita sua e di tanti altri giovani, con la maglia della Colpack al primo anno tra i dilettanti ha pur sempre concluso al secondo posto la cronometro dei campionati italiani, davanti ad Antonio Tiberi e dietro al solo Jonathan Milan.

La notizia del suo passaggio all’Astana, così giovane e apparentemente inesperto, aveva fatto dubitare la maggior parte degli addetti ai lavori. Ma Piccolo con la maglia azzurra della formazione kazaka non ha mai corso.

La prima domanda è quella più importante, Andrea. Come stai?

Sono contento di poter rispondere: bene, finalmente. Ho vissuto quello che fin qui posso definire il periodo più difficile della mia vita e sono riuscito a lasciarmelo alle spalle.

Cos’è successo, Andrea? Di te, negli ultimi mesi, si è detto che hai dovuto fronteggiare dei gravi problemi di salute. Alla partenza della 4ª tappa del Tour of the Alps, Giuseppe Martinelli ci aveva parlato di gravi problemi al fegato curati male.

Confermo d’aver avuto grossi problemi, ma non mi sento ancora pronto per parlarne. La questione era seria e delicata, per ora vi basti sapere che tutto si è risolto per il meglio. 

Come hai vissuto la prima parte della stagione?

Male, si capisce. Per questo devo ringraziare la mia famiglia e i miei procuratori, i Carera, perché hanno saputo tutelarmi e consigliarmi nella maniera migliore. E non dimentico certo Martinelli e Mazzoleni dell’Astana.

Quindi nella formazione kazaka ti sei trovato bene?

E’ una squadra del World Tour, una delle più storiche ormai, e non le manca niente. Non posso che parlarne bene. I problemi che ci sono stati quest’anno vanno oltre il ciclismo, non so se mi spiego.

A cosa ti riferisci?

Per la squadra l’iniziale allontanamento di Vinokurov e le frizioni con Premier Tech, lo sponsor che poi si è defilato, sono state un terremoto.

Pare che sia stato il governo del Kazakistan a forzare la mano per il reintegro di Vinokurov.

Non mi fate parlare di queste cose, non saprei cosa dire. So soltanto che io ero molto vicino a Martinelli e Vinokurov e quindi, tra i miei problemi fisici e queste rivoluzioni interne alla squadra, sono rimasto in un guado, in una terra di mezzo, e praticamente con l’Astana non ho mai corso.

Sei tornato alle gare a Capodarco, il 16 agosto, e hai chiuso al secondo posto.

Non per sembrare arrogante, però il ritorno tra gli Under 23 l’ho vissuto come un passo indietro. Però ad un certo punto mi sono detto: meglio correre che stare fermo, anche se non partecipo alle gare che sognavo con l’Astana. 

Come si è creata l’opportunità di tornare tra i dilettanti con la Viris Vigevano?

E’ successo tutto molto in fretta. Era agosto, alla Viris Vigevano ci corre anche mio fratello Simone, l’ambiente lo conosco bene, abbiamo parlato di questa possibilità e ci siamo messi d’accordo. Ho ricevuto dalla Federazione il via libera e quindi eccomi qui, pronto a riprendermi quello che avevo rischiato di perdere.

Hai mai pensato di smettere?

Mettiamola così: probabilmente c’era il rischio che io fossi obbligato a smettere, ma è un’ipotesi che io non ho mai preso in considerazione. Non ho mai pensato né avuto paura di smettere.

Secondo a Capodarco, sesto al Gavardo, terzo a Corsanico, primo al Valdarno e a Collecchio. Cosa significano questi ottimi risultati?

Sono il frutto di otto mesi di allenamenti in solitaria, visto che i miei compagni correvano in giro per il mondo. Mi sono rafforzato, ho imparato a resistere alla sofferenza, ad andare avanti nonostante le avversità, a non fermarsi mai. La solitudine mi spaventa meno di prima. Piangermi addosso o reagire: ho scelto la seconda.

Ti sei sentito bersagliato dalle critiche che ti sono state rivolte nell’ultimo anno? Troppo giovane per passare professionista, letteralmente sparito una volta all’Astana.

Di quello che mi è successo negli ultimi mesi non credo di dovermi giustificare. Per quanto riguarda il resto, non posso farci niente: tutti si aspettavano molto da me e io, per una lunga serie di motivi, non sono ancora riuscito ad esprimermi al meglio. Le critiche non fanno mai tanto piacere, in particolar modo quando sono esagerate o gratuite. Ma più che incassarle in silenzio, cosa potrei fare?

Tu rimani comunque convinto d’aver fatto bene a scegliere l’Astana dopo una sola stagione con la Colpack.

Io credo di sì. Nelle ultime settimane ho corso coi professionisti e al Giro della Toscana e al Memorial Pantani mi sono comportato bene, nella seconda sono arrivato 19° a pochi secondi dal gruppetto che si è giocato la vittoria. Tra i dilettanti mi pare d’aver dimostrato abbastanza: sono tornato a Capodarco e ho fatto , chiuso nella morsa di due Zalf, nel frattempo ho vinto anche due corse. Non è mica andata male…

Quali emozioni hai provato tornando a vincere?

Tante, le più belle che vi vengono in mente. Non mi succedeva da due anni. E poi con tutto quello che ho passato. Già l’idea di tornare a correre mi emozionava, figuratevi rientrare in gruppo e rendersi conto di stare così bene. 

Non essere stato preso in considerazione da Marino Amadori per europei e mondiali ti è dispiaciuto?

Credimi, non ho nessuna voglia di polemiche o puntualizzazioni. Diciamo che ogni tanto a quell’eventualità ci pensavo, ma come ho già detto l’importante per me era ritornare a correre, dimostrare prima di tutto a me stesso che non ero un ragazzo da buttare. E ce l’ho fatta. Il resto verrà di conseguenza.

Dove correrai il prossimo anno? Si era parlato della Gazprom.

Non smentisco e non confermo, poiché non c’è ancora niente di ufficiale. Diciamo che come progetto mi piace molto, nei loro piani c’è il passaggio nel World Tour e i mezzi per provarci non mancano di certo. Sono una potenza e in più, tra corridori e staff, ci sono diversi italiani.

Nessuna possibilità, dunque, che tu rimanga un altro anno tra gli Under 23.

No, direi proprio di no.