A tutto Fabbro: «Il Ventoux, Sagan e quella tappa alla Tirreno, beffato da Van der Poel. Aleotti? Un talento»

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Matteo Fabbro in una foto d'archivio al Giro d'Italia 2020.
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E’ un Matteo Fabbro in grande spolvero quello che abbiamo potuto vedere al Tour de La Provence alla prima corsa della stagione. Ha attaccato sul Mont Ventoux senza paura, scattando in faccia a corridori del calibro di Egan Bernal e Julian Alaphilippe. Sfortunatamente, un po’ per il vento contrario e un po’ per il gruppo che non aveva alcuna intenzione di farsi sfuggire la vittoria, è stato poi ripreso, riuscendo comunque a chiudere la tappa in quindicesima posizione.

«Sono molto soddisfatto di come ho approcciato il 2021. Ero al Provence per aiutare Konrad, ma quando ho visto un po’ di spazio per andare all’attacco non ci ho pensato due volte. Probabilmente sono partito troppo presto, ma adesso posso dire di avere una foto in camera con me in testa alla corsa sul Mont Ventoux…»

Matteo è un corridore che ha iniziato quest’anno la quarta stagione da professionista. Tra gli Under 23, in maglia Cycling Team Friuli, si era messo in mostra nelle più importanti gare del panorama dilettantistico, attirando su di sè le attenzioni di molte squadre World Tour. Era stata la Katusha a volerlo più di tutti: due anni in cui Fabbro ha imparato a muoversi tra i professionisti prima di passare alla Bora-Hansgrohe di Peter Sagan.

Matteo Fabbro al traguardo nel “suo” Friuli al Giro d’Italia 2020.

«Sono state tre stagioni ricche di alti e bassi. Ho ottenuto piazzamenti importanti ma ho anche vissuto momenti difficili, il 2019 soprattutto. Ho conosciuto Sagan, un ragazzo incredibile. Con lui passo molto tempo quando corriamo insieme, mette il buon umore davvero a tutti. Ma è lo scorso anno che sento di aver fatto il salto di qualità, sono arrivato a giocarmela con i migliori e solo per poco non ho centrato la prima vittoria tra i pro’».

Sappiamo a cosa Matteo stia facendo riferimento. Torniamo allo scorso settembre e spostiamoci alla Tirreno-Adriatico. Il 25enne di Udine è in fuga tra i muri marchigiani e il traguardo di Loreto è sempre più vicino. E’ da solo, mancano pochi chilometri, ma dietro qualcosa si muove. Mathieu Van der Poel ha attaccato e sta velocemente recuperando lo svantaggio su Fabbro. A 300 metri dall’arrivo avviene il sorpasso. L’olandese vince e Fabbro, stremato, è costretto ad alzare bandiera bianca.

«Non ricordarmelo. Se ci penso vorrei mangiarmi le mani. Mancava un nulla, però cosa posso dire. Van der Poel ha fatto un capolavoro. Ho perso da un grande come lui. Di quel giorno però voglio prendere le cose positive. Mi ha dato sicurezza e convinzione nei miei mezzi. So di aver lavorato durante l’inverno, quest’anno non voglio farmi sfuggire la vittoria».

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Matteo Fabbro in azione durante la Tirreno-Adriatico 2020 in fuga verso il traguardo. Dietro di lui si scorge la figura incombente di Mathieu Van der Poel

Convinto e deciso, Fabbro è partito subito forte in Francia, ma non ha alcuna intenzione di fermarsi qui. C’è tutta una stagione che lo aspetta, appuntamenti importanti in cui potrà mettersi alla prova…

«La situazione non ci permette di fare troppi programmi, ma in generale il mio calendario è abbastanza definito. Sarò a Larciano, il 7 marzo, alla Tirreno-Adriatico per riprendermi la rivincita, probabilmente al Tour of the Alps, e al Giro d’Italia».

Al Giro ci sarà però da lavorare. Il capitano della Bora-Hansgrohe per la corsa rosa è Emanuel Buchmann, già quarto al Tour de France 2019. I tecnici gli hanno spiegato che il suo compito sarà supportare al 100% il proprio capitano, ma se avrà l’occasione di andare all’attacco allora avrà carta bianca.

«Non mi voglio porre limiti, ma nemmeno prendermi libertà se non sono concesse. Ho accettato il mio ruolo e sono felice di aiutare Emanuel. Allo stesso tempo so che in una corsa lunga come il Giro d’Italia ci sarà più di un’opportunità per andare in fuga e vincere. Sogno già la tappa di Cortina…»

Fabbro, Aleotti e il CT Friuli

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Matteo Fabbro in maglia Cycling Team Friuli al GP Sportivi di Poggiana (foto: Scanferla)

Con Fabbro ci siamo poi concentrati su una realtà del nostro ciclismo giovanile, quale il Cycling Team Friuli. Nelle ultime stagioni questa squadra regionale ha lanciato tra i professionisti alcuni corridori davvero di talento, a partire da Matteo. Pensate che nel 2021 sono passati Davide Bais, Jonathan Milan e Giovanni Aleotti.

«Il CT Friuli è una squadra con una mentalità professionistica. Per me è come una seconda famiglia. Sono stati gli unici a credere in me quando da Juniores dovevo passare Under 23. Con loro sono cresciuto tanto sia come uomo che corridore. Hanno dei metodi di lavoro ed allenamento che mi hanno sempre colpito. Preparazioni, mezzi all’avanguardia e cura dei dettagli che ho ritrovato qui, in uno squadrone come la Bora-Hansgrohe».

Come abbiamo detto precedentemente, quest’anno è passato professionista Giovanni Aleotti, corridore di cui si parla un gran bene tra gli addetti ai lavori. Fabbro ha condiviso con lui la camera nei due ritiri della squadra. Facciamocelo un po’ raccontare…

«Io e Giovanni abbiamo un passato comune. Abbiamo fatto la stessa trafila, abbiamo lo stesso allenatore e procuratore, eppure non ci eravamo mai incontrati. Ci siamo trovati qui in Bora e posso dire che è un bravo ragazzo prima di tutto. Ascolta molto i consigli di tutti e non è uno sprovveduto. Sa stare al suo posto quando serve e dire la sua quando è chiamato a farlo. Come corridore poi è un talento incredibile, ne sentiremo parlare, ne sono sicuro».