Nizzolo: «Mi ispiro a LeBron James e ora voglio la Sanremo»

Nizzolo Inter
Giacomo Nizzolo riceve la maglia dell'Inter dal vice-presidente Javier Zanetti
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It’s more than a game: è più di un gioco. Che sia ciclismo, basket, Moto GP, per lui non fa differenza. Giacomo Nizzolo vive lo sport a tuttotondo. Il campione italiano ed europeo è un atleta che va ascoltato con attenzione. Poliedrico, brillante, dalle tante passioni. Il giorno della prossima vittoria ce lo immaginiamo a festeggiare con un mega-soffio colorato verso il cielo, tra coriandoli e musica. Perché è proprio così che celebra i successi LeBron James, il modello di riferimento del velocista brianzolo: la “chalk toss“, diventata elemento caratterizzante del “The Chosen One” nei finali show della NBA, darebbe ancor più originalità al rocket-pocket della Qhubeka-Assos che fa parte a pieno titolo dei migliori interpreti dello spettacolo d’avanguardia degli sprint: artista dell’altissima velocità, a Cittadella e a Plouay ha conquistato il titolo nazionale e quello continentale, dimostrando che quando è al top della condizione, il prescelto per il trionfo è lui.

Nizzolo sottolinea la mentalità come forma di talento, necessaria per raggiungere grandi risultati in un ciclismo globalizzato e ultra-competitivo. Il 31enne, dopo uno sfortunato infortunio al ginocchio in allenamento, si racconta in esclusiva a quibicisport.it: il sogno Milano-Sanremo, il ritorno al Giro d’Italia dove detiene il record di due maglie rosse vinte e punta alla ciclamino, il Tour de France, l’obiettivo di riconfermarsi all’Europeo in casa a Trento, l’arrivo di Fabio Aru nel team sudafricano. E all’orizzonte ci auguriamo una grande stagione con i classici del cinema americano a fargli compagnia: i film di Al Pacino e De Niro sono i suoi preferiti ed è un fan anche delle Serie TV. Nizzolo it’s more than an athlete: è più di un atleta. Scopritelo insieme a noi.

Pochi giorni fa ha battuto il ginocchio sul manubrio in allenamento, come sta?

«Purtroppo ho avuto questo piccolo inconveniente e quando succedono queste cose richiedono sempre qualche tempo di recupero, soprattutto in inverno con il freddo la botta impiega un po’ di più a riassorbirsi. Ho dovuto osservare qualche giorno di riposo, ma adesso sto riprendendo ad allenarmi in maniera molto cauta per non rinfiammare la botta».

Come procede il percorso di avvicinamento alle gare? Che tipo di allenamenti sta facendo in questo periodo?

«Sto curando l’allenamento di base, quindi sulle distanze, sulle salite e sui primi lavori di forza. Ho dovuto interrompere il tutto per l’inconveniente, ma conto di tornare a lavorare in maniera più intensa in ritiro con la squadra».

Nella preparazione di base abbina attività di cross-training alla bicicletta? Per esempio running o nuoto?

«Quando ero più giovane facevo allenamenti di corsa a piedi e nuoto. Negli ultimi anni mi sono concentrato solamente sulla bici da corsa».

Nei mesi invernali un professionista quale piano nutrizionale segue? Come si alimenta prima e dopo l’allenamento?

«Dipende dall’allenamento che si affronta. In questo periodo grossissime intensità ancora non si affrontano, quindi si mangia prettamente a base di proteine, carboidrati e con il freddo che c’è bisogna sostenersi anche con un po’ di grassi».

Il ciclocross a dicembre ha conquistato il pubblico del ciclismo: che ne pensa della multi-disciplina e di Van Aert e Van der Poel che tengono la stagione sempre accesa.

«Io non ho mai fatto ciclocross e non ho mai sperimentato la multi-disciplina, ho sempre voluto prendermi del recupero sia fisico che mentale tra una stagione e l’altra. Invidio loro che riescono a farlo, anzi più che invidiarli li ammiro perché è qualcosa che per me è difficile da fare e se loro ci riescono ben venga. Poi lo fanno con grandissimi risultati quindi va bene che due campioni così tengano gli appassionati incollati al televisore anche d’inverno».

Campione d’Italia e campione d’Europa nel 2020: per Nizzolo un anno da ricordare.

«Sicuramente è stata un’annata positiva. Per com’è stata strana, sono riuscito a farmi trovare pronto sia a inizio stagione, sia alla ripartenza post lockdown. Supportato dalla salute sono riuscito a dimostrare che senza problemi fisici sono competitivo».

A maggio potrebbe tornare al Giro d’Italia. Detiene il record di due maglie rosse: è ora di vincere la maglia ciclamino?

«È vero. La maglia ciclamino è un obiettivo che viene strada facendo. Bisogna vedere come vanno le prime volate e da lì si può pianificare. Io parto con l’obiettivo di conquistare le tappe e poi vediamo come sarà la classifica della maglia a punti dopo qualche giorno. Farò anche il Tour de France, quindi ci sarà da gestire le energie. La squadra mi chiede di fare un grande Tour».

Prenotiamo l’appuntamento con la Sanremo e con il pavé della Roubaix?

«Nelle mie idee c’è sicuramente quella di provare a vincere la Sanremo e correre la Roubaix quest’anno. È una corsa affascinante, però vorrei affrontarla se avrò le gambe per farla: non è una corsa che si improvvisa e perciò la farò solo se sarò competitivo».

In ottica Nazionale: tra Europei, Mondiali e Olimpiadi quali percorsi le si addicono in base alle sue caratteristiche?

«Il percorso di Tokyo penso che sia troppo duro per me. Sugli altri due obiettivi, essendo al massimo della condizione penso che siano percorsi dove posso perlomeno provare a giocarmela. Quello del Mondiale non l’ho visto nel dettaglio, quello dell’Europeo di Trento sì. Se sarò al meglio non escludo di volerci provare. Uno degli obiettivi della stagione è riconfermare il titolo di campione europeo».

Fabio Aru alla Qhubeka-Assos: come valuta il suo arrivo?

«Sicuramente è un ottimo innesto. Credo che troverà un ambiente ottimo, in base alla mia esperienza. Troverà tranquillità, serenità e fiducia che sono gli elementi necessari per andare forte. Credo che la squadra sia a sua completa disposizione per farlo rendere al meglio e poi starà a lui».

Dopo i successi dello scorso anno, si è regalato una nuova moto?

«Ci sto pensando a quale scegliere e mi sto regalando anche altre cose, però non ho ancora potuto sfruttarle perché la situazione attuale non permette di goderci sulle strade i nuovi mezzi. C’è qualcosa in arrivo comunque».

Ne ha già più di qualcuna: le rimpiazza oppure le conserva nel garage come le bici?

«Le conservo. Posso dire che conservo più moto che biciclette».

Un’altra sua grande passione sono i tatuaggi: qualcuno è dedicato agli ultimi trionfi?

«È in cantiere anche un nuovo tatuaggio, ma non ho potuto farlo perché dall’Europeo a oggi siamo stati in una situazione anomala e non ho avuto tempo di andare. Andrò non appena sarà possibile».

Genere di film e personaggi preferiti?

«Sono appassionato di film gangster quindi Al Pacino e De Niro sono i miei attori preferiti. Tutti i personaggi che hanno interpretato sono di fama mondiale e tutti i loro film sono quelli che preferisco. Anche per la storia che ricordano come in “C’era una volta in America” o “Il Padrino“: sono situazioni della vecchia New York che mi affascinano».

Nizzolo è un fan delle Serie TV?

«Ultimamente ho visto “The Irish Man” e mi è piaciuta tantissimo “The Last Dance“, sulla storia dei Chicago Bulls di Michael Jordan. Per uno della mia età che Jordan lo ha vissuto, è veramente bellissima con tutti i retroscena. Seguo quasi tutti gli sport in assoluto: la NBA, il tennis, la MMA, lo sci e il motociclismo che è la mia passione numero uno. Ma da Jordan sono rimasto veramente affascinato».

A proposito di NBA, giochiamo con il dualismo Michael Jordan-LeBron James: da che parte sta?

«Con LeBron. Credo che il livello dello sport si stia alzando sempre di più per l’evoluzione umana. La differenza che LeBron ha fatto nella sua carriera e che ancora riesce a fare, è qualcosa di incredibile. Senza nulla togliere a Jordan che è stato un fenomeno assoluto e resta intoccabile, io personalmente preferisco LeBron. Insieme a Jordan e Kobe Bryant hanno dimostrato un’ossessione per il loro lavoro che alla fine li ha premiati: maniacali e professionali al 110%. Una cosa per cui li ammiro molto e mi piace sottolinearlo».

Come sportivo LeBron può essere un modello da seguire? A 36 anni e con un palmarés pazzesco si allena ancora come un ragazzino.

«Assolutamente. Per me è un esempio da quel punto di vista. Il talento che ha è indiscusso, ma il talento nella vita e nello sport soprattutto non basta. Deve essere accompagnato da una professionalità maniacale e lui ne è l’esempio. Uno come LeBron che durante l’anno spende un milione di euro per alimentarsi, fa capire cosa c’è dietro al talento. Per me talento vuol dire essere mentalmente pronti a fare quel tipo di sacrifici, non è solo la capacità in sé. Una parte del talento sono la dedizione e la caparbietà. Per me la mentalità è una forma di talento».

Oggi con la globalizzazione dello sport fare risultato diventa sempre più difficile.

«Il ciclismo è l’esempio lampante. È uno sport dove non si inventa nulla e il livello medio si è alzato notevolmente. Il talento naturale non basta, ci vuole anche il talento mentale».