Soraya Paladin, la stagione della verità: «Voglio uscire dal limbo dei piazzamenti e fare un salto di qualità»

Soraya Paladin, 30 anni, trevigiana, 31ª oggi al traguardo
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Soraya Paladin è al bivio della sua carriera. Restare una grande gregaria e continuare a conquistare buoni piazzamenti oppure vestire i panni di leader e inseguire prestigiose vittorie. È la stagione decisiva, deve prendere una strada. E ha scelto la Canyon-SRAM Racing per farlo. Serenità e determinazione sono i suoi punti di forza. Nelle Classiche del Nord la vedremo sicuramente all’attacco.

Ciao Soraya Paladin! Adesso che possiamo iniziare a voltarci indietro come hai affrontato e superato i mesi più difficili della pandemia?

«La prima paura è stata l’incertezza, ora superata grazie ai vaccini e alle numerose misure di prevenzione. Nel 2020 l’ostacolo più grande è stato non allenarmi più all’aria aperta, ma restare chiusa in casa e accontentarmi dei rulli. Ho scelto il ciclismo anche per il contatto con la natura e venendo meno quest’aspetto ho sofferto. Poi però l’ho apprezzato ancora di più quando siamo tornati ad uscire. Tornare ad esplorare luoghi bellissimi è stato fantastico».

A proposito di luoghi bellissimi, qual è stato il posto, incontrato pedalando, che più ti è rimasto impresso?

«Ogni posto ha i suoi particolari che non dimentichi. Ho bei ricordi dell’Australia, una delle nazioni più affascinanti che ho incontrato gareggiando a Gennaio 2018 e in cui vorrei tornare presto. Soprattutto per la cultura del popolo australiano».

Sappiamo che comunque non aspetti le gare per esplorare nuovi luoghi in sella e viaggiare. Come nell’autunno 2020 quando, prendendoti una pausa dalle competizioni, sei andata a Roma in bicicletta. Hai in programma altri viaggi?

«Mia sorella (Asja Paladin, ex-professionista ritirata nel 2020 n.d.r) ama il bike trekking e prende il ciclismo per l’aspetto più bello, quello turistico. La invidio molto, perché anche a me piacerebbe partire senza una destinazione precisa e seguire la strada. Fermarmi quando e dove ho voglia, godermi il cibo locale in serata e poi ripartire con calma la giornata successiva. Sono le esperienze più belle che abbia mai vissuto in sella ad una bicicletta, anche se non è facile farle convivere con la vita da atleta professionista. Quando appenderò la bici al chiodo, il mio sogno è scoprire l’Italia e il mondo in bicicletta».

Uscire in bicicletta senza una meta precisa è un’esperienza che fa tornare molti ai ricordi dell’infanzia. Nella tua infanzia, Soraya Paladin invece, c’è un momento preciso in cui hai compreso che il ciclismo sarebbe stato il tuo futuro?

«Da bambina ho praticato diversi sport e il ciclismo non era quello in cui eccellevo, nonostante me la cavassi. Preferivo la pallavolo, grazie al quale avevo costruito diverse amicizie. Ciò che mi ha portato a proseguire con il ciclismo durante l’infanzia era il post-gara e il clima di festa che lo caratterizzava: pic-nic, giochi a cui si univano tutti, compagne e rivali. Più in là, con il passaggio dalla Top Girls Fassa-Bortolo alla Alè Cipollini nel 2017, ho capito che poteva diventare il mio lavoro. Di fondamentale aiuto è stata la figura di Lucio Rigato, Ds della Top Girls-Fassa Bortolo, che mi ha formato a pieno come atleta».

Nel percorso di crescita hai mai avuto dei modelli da seguire nel ciclismo?

«Da bambina mi piaceva molto guardare il ciclocross e sono andata spesso a seguire dal vivo le gare. L’atleta che ammiravo di più era Marianne Vos, che vinceva con facilità sia sul fango che su strada. Mi sarebbe piaciuto diventare come lei».

Hai provato infatti a seguire le sue orme e da esordiente hai praticato ciclocross. Oggi che si parla tanto di multidisciplinarietà è un background che ti ha fatto comodo?

«Con il senno di poi continuerei a praticare ciclocross e aggiungerei anche il ciclismo su pista. Se ho preso qualcosa dal ciclocross, sento che mi manca molto quello che avrebbe potuto darmi la pista».

Tornando alla strada e al presente, quali sono gli obiettivi di questa stagione?

«Sono ferma nel limbo dei buoni piazzamenti e questa stagione ho voglia di uscirne. Per questo ho scelto di trasferirmi alla Canyon-SRAM Racing, è la squadra giusta per poter fare quel salto in più. L’obiettivo maggiore sono le Classiche delle Ardenne».

La Canyon è la tua quinta squadra da professionista. Che aria si respira, hai notato delle novità importanti?

«Qui l’organizzazione è il punto di forza, c’è un grande lavoro nel dietro le quinte. Allo stesso tempo domina un clima di serenità, soprattutto tra compagne, che può essere la chiave per raggiungere bei risultati».

Qual è il momento più bello e quello più difficile vissuto finora in carriera?

«Il momento più bello non è una mia vittoria, ma quella di Marta Bastianelli all’Europeo di Glasgow 2018. Un gran bel lavoro di squadra. Quello più difficile è stato il lockdown nel 2020, rinchiusa in casa sui rulli».

Riesci a riconoscere un pregio e un difetto che hai in corsa?

«Come pregio ho una buona visione di gara, il quale mi permette spesso di azzeccare le fughe. Il difetto è che a volte sono un po’ timorosa: in volata non mi tuffo nel varco giusto e in discesa finisco per tirare troppo i freni».

Soraya Paladin, cosa ti ha lasciato l’esperienza del debutto olimpico a Tokyo?

«Ho finalmente capito perché le Olimpiadi sono un evento unico. Una manifestazione che va oltre lo sport e che ti fa sentire orgogliosa di rappresentare il tuo Paese. Il villaggio olimpico mi ha fatto tornare bambina, conoscendo campioni e campionesse di tanti sport».