
Dopo un lungo silenzio, Derek Gee è tornato a parlare della situazione con la sua ex squadra. Il 25 agosto il corridore canadese ha deciso di rescindere anticipatamente dal contratto con la Israel Premier-Tech e, anche se non ne potrebbe commentare perché la causa è stata portata in Tribunale, ha voluto affidare ai social il suo pensiero a riguardo.
Il 28 giugno 2025 Gee è diventato campione nazionale nella prova in linea, poi non ha più corso fino ad arrivare alla rottura definitiva dei rapporti con la squadra due mesi più tardi.
«Vorrei fare chiarezza su alcune voci che stanno girando sulla mia situazione – ha iniziato Gee sui social – Il mio caso è attualmente in esame al Tribunale di Arbitrato dell’UCI. So che molti si aspettano degli aggiornamenti e, anche se non posso commentare i procedimenti attualmente in corso, sento che è molto importante condividere il mio punto di vista».
Ha continuato: «Ho concluso il mio contratto per giusta causa, dato che ognuno ha il diritto di farlo quando diventa impossibile continuare a lavorare in determinate circostanze. La decisione non è stata presa a cuor leggero ed è arrivata dopo una rottura irreparabile con il direttore della squadra, oltre che dopo aver maturato serie preoccupazioni nel correre con quella maglia, sia in termini di sicurezza che per convinzioni personali, che pesavano tantissimo sulla mia coscienza».
Poi ancora: «Quello che mi colpisce di più in questo momento è che, in una situazione come questa, il denaro diventa improvvisamente la preoccupazione più grande. I soldi non sono stati la ragione per cui ho chiuso anticipatamente il mio contratto. Lasciare la squadra significava rischiare di rimanere a piedi e senza neppure una copertura in caso mi fossi infortunato. Ho corso quel rischio e continuo a correrlo perché non potevo più gareggiare per quella squadra».
Infine, Gee ha concluso: «Da quello che so, c’è una richiesta di danni che va oltre i 30 milioni di euro. E questo solo perché ho esercitato i miei diritti fondamentali, di professionista e di essere umano. Di certo queste non sono le cifre, e neppure la situazione, che un atleta sogna di vivere quando vuole diventare un ciclista professionista. E penso che questo sia in netto contrasto con i valori che lo sport dovrebbe promuovere. Queste azioni rispecchiano precisamente i problemi che hanno portato alla rottura del rapporto. Non fanno altro che rinforzare la mia convinzione che lasciare la squadra sia stata la scelta giusta, nonostante i recenti annunci di cambi di nome e di aggiustamenti superficiali alla struttura».











