Ursella riparte dalla Zalf: «Cerco un successo per dimenticare il biennio difficile alla Dsm»

Lorenzo Ursella, Zalf, in corsa al 30° Memorial Polese (Crediti: Photors.it)
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«I primi attriti col vivaio della Dsm sono cominciati un anno fa di questi tempi – racconta Lorenzo UrsellaNel 2022, alla prima stagione nella categoria, ho avuto diversi problemi fisici che mi hanno impedito di rendere come desideravo. Posso anche assumermi delle responsabilità, non è quello il punto, ma se non stavo bene cosa potevo farci? Nel 2023, al secondo anno con loro, mi ero finalmente ristabilito e volevo rilanciarmi. Purtroppo qualcosa non ha funzionato: praticamente mi sono allenato e basta, avrò corso sì e no quindici giorni. È chiaro che, stando così le cose, diventa difficile trovare fiducia, continuità e delle possibilità di esprimersi».

La squadra che spiegazioni ti ha dato?

«In sostanza mi è stato detto che non credevano più in me come in precedenza poiché non avevo saputo confermare tutto quello che di buono si diceva di me tra gli juniores. Ripeto, io posso anche assumermi le mie colpe, qualcuna dovrò pur avercela se non ho reso, ma come può riscattarsi un ragazzo quando intorno a sé non sente fiducia e quando non gli vengono date le chance di gareggiare?».

Ad un certo punto hai iniziato a guardarti intorno e sono arrivate le prime offerte.

«Mi aveva contattato anche la Colpack, ma poi il loro interesse è svanito. Quando mi ha cercato la Zalf non ho avuto dubbi: mi volevano quand’ero ancora juniores e non hanno mai smesso di starmi dietro. Mi sono fidato e direi che ho preso la decisione giusta, perché in questa squadra mi sento a casa».

Ursella
Lorenzo Ursella con la maglia della Dsm Development al training camp della squadra (foto: PB Prod)

Chi ti segue, adesso, nella preparazione?

«Faresin, considerato da tutti molto preparato in materia. Non è di molte parole, ma non c’è che dire: è bravo, conosce il ciclismo. Col suo modo essenziale, mi ha detto di cancellare il più in fretta possibile i due anni alla Dsm e di ricominciare da zero. Non sarà semplice, ma non vedo alternative».

Qual è il bilancio dei due anni in Olanda?

«Dal punto di vista dei risultati, non può che essere fallimentare. Però devo considerare anche tutto il resto. Ho vissuto per diversi mesi in un contesto internazionale, ho corso al fianco dei migliori dilettanti del mondo, ho avuto l’opportunità di gareggiare qualche volta coi professionisti, ho affinato la conoscenza delle lingue. Soprattutto, ho capito cosa richiede il ciclismo odierno in termini di allenamento, di alimentazione, di approccio complessivo».

In cosa ti senti più forte?

«Tengo meglio in salita ed è aumentata la resistenza, un aspetto importante per un velocista come me: perché se voglio arrivare in fondo alle gare con la brillantezza necessaria per sprintare, è fondamentale saper digerire certi ritmi e certi sforzi. Considero preziosa l’esperienza al fianco dei professionisti: si viaggia in centocinquanta a sessanta all’ora, non c’è un buco e nessuno si sposta né ti fa passare, quindi diventa fondamentale saper prendere e difendere la posizione».

Dopo un biennio senza soddisfazioni, essere uno dei leader della Zalf ti gratifica o ti pesa?

«La risposta è molto semplice: non mi sento uno dei leader della Zalf. Sono il velocista di riferimento, se così possiamo dire, ma non è che conto più degli altri perché sono reduce da due anni trascorsi nel vivaio di una squadra professionistica. Voglio soltanto lavorare duramente e seriamente, e provare ad invertire la rotta».

Gianni Faresin, direttore sportivo della Zalf

Le prime uscite stagionali non ti avevano visto protagonista, fino ai due recenti terzi posti raccolti a Nerviano e alla Vicenza-Bionde.

«L’inverno è stato perfetto, tutto è andato come doveva andare. I problemi sono spuntati con l’inizio delle corse. Sapevo che all’inizio non avrei potuto competere subito per la vittoria, ma poi ho preso la mononucleosi e ho dovuto necessariamente tirare il fiato. Non sono ancora al cento per cento, però adesso mi piacerebbe centrare un bel piazzamento al Circuito del Porto e poi al Giro Next Gen, sperando ovviamente di rientrare tra i convocati della Zalf».

Che velocista sei?

«Esplosivo, da volata corta. Quando la corsa è adatta alle mie caratteristiche mi aiutano tutti i ragazzi, ma il mio uomo fidato è Nencini. È potente, è esperto, è veloce egli stesso e dunque sa cosa vuol dire buttarsi in volata. Ha un bel caratterino, ma sono contento di averlo dalla mia parte».

Cosa ti manca per tornare l’Ursella che da juniores vinceva con regolarità?

«La costanza, appunto. Un buon calendario di appuntamenti e la possibilità di misurarmi da capitano. È un peccato che alla Dsm sia andata a finire così, però non sono l’unico ad aver preferito un’altra meta: hanno cambiato squadra anche Van der Meulen, Reinderink, Kärsten, Hicks e Brenner. Adesso, per lasciarmi definitivamente alle spalle questo biennio difficile, avrei bisogno soltanto di una bella affermazione».