Tour of the Alps, Maté e Chaves e quell’attimo di tregua in chiesa prima del via 

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Una di quelle mattine in cui avresti voglia di tutto fuorché di correre in bicicletta. Ma se il tuo mestiere è fare il corridore di alternative non ne hai. Schwaz, Tirolo, 13mila abitanti, famosa per le sue miniere. Argento, rame. 

Schwaz è la sede di partenza e di arrivo della terza tappa del Tour of the Alps. Il foglio firma è nel piccolo piazzale della chiesa, diluvia, i corridori sono indistinguibili uno dall’altro, tutti vestiti di cerate nere. Uno di loro scende dal palco, lascia la bici, non segue i suoi compagni che tornano in fretta al pullman. Sale rapido i cinque gradoni che lo dividono dal portale della chiesa parrocchiale dell’Assunzione di Maria. Lo apre e si infila in un altro mondo. 

Il corridore guarda gli operai sulla scala che restaurano il coro, un capolavoro di perfezione. Si siede su uno dei banchi, in legno magnificamente decorato. Osserva le colonne altissime, quasi inaspettate, e la luce che viene dai vetri colorati. Magari non sa che qui, nel 1500, da un lato i cittadini di Schwaz ascoltavano la messa latina, dalla parte opposta della parrocchiale i minatori celebravano il servizio luterano tedesco

Quel corridore ha quarant’anni anche se non lo diresti, è spagnolo, si chiama Luis Angel Maté ed era amico di Scarponi. Nel silenzio della chiesa parlare di Michele porta al primo sorriso di una giornata che si annuncia difficile. «Pensavo a lui proprio questa mattina. Quando ho aperto la finestra ho immaginato quello che mi avrebbe detto: Queste sono le mie giornate, le giornate dell’Aquila». Luis Angel ride, perché Michele fa ancora lo stesso effetto: unisce e avvicina. 

Luis Angel parla, racconta di aver fatto il corridore perché suo padre correva tra i dilettanti, dice che è stato bello farlo per tanti anni, ma se fosse un ragazzo oggi non lo farebbe più, «oggi sono professionisti a 14 anni, non ha senso, come fai a divertirti». Si parla di tutto, controllando l’orologio perché la corsa non parta, «sì, oggi si va troppo forte, troppi ragazzi in gruppo non pensano che a correre così è più quello che hai da perdere di quello che hai da guadagnare». 

Lasciamo lì Maté con i suoi pensieri, e in quel momento in chiesa entra un altro corridore, Esteban Chaves. Viene dalla Colombia, di anni ne ha trentaquattro, ovviamente va forte in salita. Così forte che nel 2016 vinse uno dietro l’altro il Giro dell’Emilia e il Lombardia. Famoso per il suo sorriso, che non lo ha abbandonato neanche nei momenti più duri, tanto che il documentario sulla sua storia si intitola Behind the smile, dietro il sorriso. I due corridori si incontrano lì, percorrono la navata insieme. Guardano quella meraviglia, parlano piano, non sapremo mai cosa si sono detti.