Cassani presidente con Martinello? Malagò si muoverebbe per loro…

Cassani
Davide Cassani in una foto d'archivio.
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Manca ormai meno di un anno al rinnovo delle cariche federali e con grande riservatezza si cominciano a muovere quanti immaginano di poter confermare o cambiare la classe dirigente in carica. Il presidente Cordiano Dagnoni ha già annunciato l’intenzione di candidarsi per un secondo mandato e questo annuncio consiglia cautela ai presidenti regionali che finora hanno sempre evitato, anche dinanzi agli eventi più clamorosi, di esporsi per il timore di perdere la benevolenza del potere.

Dietro le quinte però pare ci sia grande insoddisfazione ed una grande voglia di cambiare e per questo si è alla ricerca di una figura che possa garantire il cambiamento con capacità e carisma. Il più attivo è certamente Silvio Martinello, sconfitto nelle ultime elezioni e sempre protagonista in questo quadriennio di una lettura critica della gestione federale.

Silvio ha lavorato molto con la base per costruire l’attenzione necessaria, ma prima ancora di esporsi in prima persona sembra sia alla ricerca di un nome che possa facilmente coagulare il più ampio consenso possibile. Il nome lo avrebbe trovato: Davide Cassani. È innegabile che il romagnolo avrebbe facilmente la capacità di raccogliere consenso: la sua storia di atleta prima e tecnico poi, la capacità di vestire anche i panni di organizzatore (è stato lui a recuperare il Giro U23, a favorire l’organizzazione del Mondiale di Imola), la sua passione evidente a tuti. Ma ci sarebbero difficoltà.

La prima sarebbe legata alle varie attività che svolge, non ultima la presidenza dell’Ept dell’Emilia Romagna, dalle quali non sarebbe facile liberarsi. Sembra che della questione sia stato informato anche il presidente del Coni, Giovanni Malagò, per trovare una soluzione che passerebbe anche dal cambiamento di alcune norme. La seconda potrebbe riguardare, soprattutto se dovesse rinunciare alle sue attività, l’inadeguatezza del compenso destinato al presidente. È difficile dire oggi se, in caso di forfait di Cassani, sarebbe lo stesso Martinello a proporsi in prima persona.

Si dice che anche Daniela Isetti sarebbe pronta a presentare la propria candidatura. La dirigente emiliana, oggi nel consiglio mondiale dell’Uci, non ha digerito il “tradimento” di molti nell’ultimo congresso e sarebbe determinata a cercare la rivincita, ma la sua si annuncia come una corsa difficile visto che è sparita dai radar di molti in questo quadriennio.

C’è anche chi spera ancora in Norma Gimondi. L’avvocato bergamasco in realtà non ha nessuna voglia di tornare in seno ad una Federazione che non si è spesa molto in sua difesa quando il consiglio direttivo l’ha prima emarginata e poi offesa. E forse in una Federazione così inadeguata in tutte le sue cariche politiche il suo compito sarebbe veramente complicato anche se in questo momento storico una rifondazione avrebbe bisogno più di un avvocato (rifacimento dello Statuto, ad esempio) che non di un tecnico. Potrebbe forse entrare in un ruolo diverso, qualora le persone che dovessero conquistare il vertice fossero di suo gradimento.

Su tutte queste manovre aleggia ancora l’influenza di Renato Di Rocco, anima storica della Federazione, capace ancora di influenzare, probabilmente in maniera determinante, il voto. Ma Renato è un dirigente di lungo corso, conosce bene le insidie di una campagna elettorale come questa ed è facile pensare che voglia restare dietro le quinte.

Si pensa molto al ruolo di presidente, ma non si dovrebbero sottovalutare le altre cariche elettive che in passato sono state molto meglio rappresentate diventando anche un aiuto/argine sicuro per il presidente in carica. Figure come Sinoppi, Carlesso, Bernardelli, Farulli giustificano oggi un grande rimpianto.

Il consiglio dei presidenti regionali, ad esempio, anche davanti a decisioni molto importanti non ha mai avuto la capacità di correggere o quanto meno di chiedere pubblicamente ragione di quanto deliberato. Per loro stessa ammissione, oggi si sentono relegati ad un ruolo puramente consultivo, mentre in passato erano in grado di condizionare, eccome, il governo centrale. Si pensi alla vicenda dei soldi versati in Irlanda ad una società che non aveva rapporti con la Federazione. O alla mancata sostituzione di Norma Gimondi alla vice-presidenza. O ancora della decisione di rendere costose le iscrizioni alle gare giovanili. Solo qualche bisbiglio lontano da orecchie indiscrete…

Lo stesso discorso si può fare per il consiglio federale. Mai come in questo quadriennio il consiglio è parso solo ratificare le decisioni del vertice senza mai aprirsi ad un confronto esterno. E’ indispensabile che le candidature ed i meccanismi elettorali non considerino questi cariche marginali perché una Federazione forte e capace ha bisogno di dirigenti capaci in tutti i ruoli.