GIRO DONNE 2023 / Bastianelli all’ultima recita. «Il ciclismo mi ha dato tanto, non bisogna aver paura di dire basta»

Bastianelli
Marta Bastianelli all'UAE Tour Women 2023 (foto: SprintCyclingAgency©2023)
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Il 9 luglio, a Olbia, tappa finale del Giro Donne, Marta Bastianelli alzerà le braccia al cielo per salutare i tifosi, il gruppo, il suo mondo. Dopo 23 stagioni e 55 vittorie la sua carriera di ciclista è arrivata al capolinea. Ad attenderla ci saranno la figlia Clarissa e il marito Roberto e a quel punto scatteranno i festeggiamenti e ci sarà anche tanta emozione. A dire il vero, qualche lacrima già si è vista al via del campionato italiano di Comano Terme che la laziale ha corso con il gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre, il corpo nel quale milita da quando aveva 19 anni.

«Io mi ero prefissata di non piangere – racconta – poi è partita Elena (Cecchini, ndr) e da lì è stata una valle di lacrime. Mi ha fatto piacere ricevere i complimenti di tante ragazze di squadre diverse, vuol dire che qualcosa di bello l’ho fatto…».

La cosa più bella Marta l’ha fatta a 20 anni, alla prima stagione da  elite, quando ai mondiali di Stoccarda del 2007 attaccò a 15 chilometri all’arrivo e planò da sola sul traguardo, col gruppo che la braccava, facendo l’inchino al pubblico con l’allegria di una ragazzina che sa di averla fatta grossa. Erano passati dieci anni da quando Alessandra Cappellotto aveva conquistato la prima maglia iridata…   

«Di solito un’atleta quando vince mondiale – racconta Marta – si può ritenere arrivata, io invece ero solo all’inizio. Mi rendevo conto che era successo qualcosa di importante, ma sono sempre stata molto autonoma e responsabile fin da piccola e sono riuscita a gestire bene il fatto di aver vinto una gara così importante».

La prima Pinarello blu

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Il braccio al cielo di Marta Bastianelli che vince i Mondiali a Stoccarda nel 2007

Marta ha cominciato a pedalare a 8 anni a Lariano, paese nella zona dei Castelli Romani, su una mountain bike “sgangherata” insieme al nonno Nando, lo zio Massimo che era stato un buon dilettante, e i cugini. Le era piaciuto subito, si era iscritta al Gs Lariano e papà Roberto le aveva comprato una bella Pinarello blu.

«Ma dopo il primo allenamento – ricorda – vedevo nero. Letteralmente. Tornai a casa e dissi a mio padre: “Posso smettere se non mi piace? Perché faccio tanta fatica, però tu hai speso tanti soldi comprandomi la bicicletta nuova”. Il mio papà in realtà sarebbe stato felice se avessi smesso, perché sapeva a cosa andavo incontro e aveva ragione perché vivevamo in un posto poco comodo per il ciclismo e per fare le gare ci dovevamo spostare in Abruzzo, Toscana. Poi correvo spesso con i maschietti perché le bambine erano poche. Ricordo che una volta, a una gara a Rieti, quando mi videro arrivare i ragazzini dissero: “Arriva la femmina!”». 

Marta ride nel ripensare a quei giorni, quando il ciclismo era soprattutto un gioco, ma che sembrano ritornare in qualche modo adesso che Clarissa, a 9 anni, ha iniziato a pedalare. 

«Sì, mi rivedo in mia figlia che torna a casa rossa, affaticata e mi dice: “Basta, non ne posso più di questa bicicletta”. Corre in una squadra di Teramo che si chiama WDB, è il team di Wladimiro d’Ascenzo, l’ex professionista. Si divertono tanto perché hanno un posto chiuso in cui pedalare, è un bell’ambiente, giocano, si sporcano, insomma fa quello che ho sempre fatto io e che mi auguravo che mia figlia potesse assaporare, piuttosto che stare sempre su un tablet o un telefonino. E’ cominciato tutto per caso perché un giorno siamo andati da Wladimiro al negozio, lei ha visto i bambini e ha chiesto se poteva provare. Le ho detto va bene, la bici ce l’hai. Adesso si ritrova ad allenarsi due volte a settimana e a fare qualche garetta. Non so se continuerà e non so se sono felice che prosegua, considerando la fatica e i sacrifici che la aspettano». 

Due mesi bloccata a letto

Di sacrifici e di momenti difficili, dopo la gioia mondiale, Marta ne ha affrontati diversi a cominciare dallo stop di due anni e da due brutti incidenti. Il 16 novembre del 2008 tocca la ruota di un compagno mentre si allena in Mtb e cade fratturandosi la mandibola in quattro parti. Il 21 maggio 2009 viene buttata giù da un automobilista che apre di botto la portiera e si frattura la terza vertebra.

«Questo è stato il momento più difficile della mia carriera – commenta Marta – dicevano che forse non sarei più potuta tornare in bici perché avrei dovuto fare un intervento alla colonna. Allora lì ti rendi conto che a tutto c’è un rimedio ma sulla salute no. Poi fortunatamente abbiamo trovato una soluzione diversa: sono stata a letto due mesi, è stata dura per una ragazza rimanere immobile, ma era l’unico modo per provare a tornare in bici». 

La rivincita dell’europeo

Ci sono volute diverse stagioni perché Bastianelli si ritrovasse, poi nel 2018 la vittoria all’europeo la rilancia in una dimensione diversa.

«Per me è stato il momento più bello della carriera, una grande rivincita perché ho riallacciato il filo con la maglia azzurra ed è stato un modo per riscattarmi da tutto quello che era successo. E’ come se fosse ripartita una seconda carriera e l’anno dopo è arrivata la vittoria al Fiandre». 

Il 2019 è la stagione d’oro. Corre nel Team Virtu di Bjrane Riis e conquista undici vittorie compreso il campionato italiano. Nel biennio con la Alé (2020-2021) ne colleziona altre 5, e poi c’è l’approdo all’Uae Team Adq, la maglia con la quale chiude la carriera dopo aver vinto sette gare nel 2022 e due quest’anno. 

«Non bisogna aver paura di dire basta – afferma Marta – se si è ottenuto tutto quello che ci ha soddisfatto. L’età c’è perché ho 36 anni, ma anche il fatto di avere una famiglia ha accelerato la decisione. Prima di partire per il Giro ho dovuto preparare le borse di Clarissa: quelle del campo estivo, quelle per quando verranno a vedermi in qualche tappa, cerco di organizzare tutto per non caricare troppo mio marito. Questo per dire che non passo i pomeriggi sul divano a recuperare e quindi un po’ influisce sul rendimento. Non cerco scuse però, perché ho sempre fatto il mio lavoro al cento per certo, ma mi sono resa conto che con l’età e le altre situazioni non è semplice…» 

Il futuro? Ancora tutto da scoprire…

Cosa farà Marta dopo il 9 luglio? Il suo futuro è ancora tutto da delineare. 

«La prima cosa – dice – è tornare alla mia vita “normale” di tutti i giorni. Naturalmente quando capiterà andrò a vedere le corse, le mie compagne, per le quali sono ovviamente anche un po’ una mamma. E’ un ruolo che mi viene naturale e loro mi cercano non solo per la bici ma anche per consigli più personali e questo mi fa piacere al di là dei risultati»

Bastianelli ha davanti altri nove giorni di corse, sarà una bella passerella che la laziale affronterà con la sua solita grinta, forte dell’eredità che questi 23 anni le hanno lasciato.

«Il ciclismo mi ha fatto diventare la donna che sono. Ho viaggiato in tutto il mondo, ho conosciuto tante persone, vissuto tante emozioni, belle e brutte, perché tutto serve per crescere. Mi auguro che tutti i ragazzi, e questo lo spero anche per mia figlia, possano fare sport perché quello che ti dà lo sport non te lo dà niente altro e non solo sul piano fisico, ma anche a livello mentale. Adesso parto per il Giro molto serena, ma soprattutto voglio essere professionale fino all’ultimo giorno. Siamo mentalizzate come squadra a fare una grande corsa, il tracciato non è difficilissimo, ma la durezza del percorso la fa il corridore. Fino al 9 luglio darò tutto, poi ci sarà tempo per i festeggiamenti…».