Della Lunga: «Perdo il Giro per la mononucleosi, ma la storia di Cavendish mi dà coraggio»

Della Lunga
Francesco Della Lunga al Gran Premio Liberazione di Roma
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Fiato corto, cuore alto, gambe molli e vuote: no, non era certo così che Francesco Della Lunga aveva immaginato il ritiro a Livigno che doveva proiettare lui e i suoi compagni della Colpack sul Giro

«All’inizio cercavo di non pensare al peggio, dicevo a me stesso che è il prezzo da pagare per adattarsi all’altura. Ma le giornate passavano e io non miglioravo. Sono sceso sabato della scorsa settimana, lunedì mi sono fatto le analisi e il motivo è subito emerso: ho avuto la mononucleosi, credo proprio nei primi giorni a Livigno».

E così non parteciperai al Giro.

«Un calcio nei denti. Ero uno dei cinque, ero sicuro del mio posto ed ero più motivato che mai. Sono al quarto anno nella categoria, avevo ben chiaro in testa che il Giro sarebbe stata la vetrina più prestigiosa in cui avrei potuto mettermi in mostra per quest’anno. Però, allo stesso tempo, sono sollevato dall’aver potuto dare subito un nome al mio problema: non ero io, lo sentivo, se non avessimo trovato niente mi sarei preoccupato».

Cosa ti ha detto la squadra?

«Loro sono dispiaciuti tanto quanto me, alla fine sono uno dei leader e hanno sempre creduto in me. Cosa mi hanno detto? Frasi di circostanza, ma non c’è molto da dire in situazioni del genere: non ti abbattere, lascia che il tuo fisico si riprenda per bene e non appena starai meglio metti nel mirino qualche nuovo obiettivo».

Potrebbe essere il Giro del Veneto?

«Certo, perché no. Lo scorso anno mi ha portato bene, vinsi due volate. Ma c’è anche il Città di Brescia, ad esempio, e più avanti ancora il Giro del Friuli. Da quel punto di vista sono fiducioso, le gare non mancano, ma adesso è più grande il dispiacere d’aver perso il Giro d’Italia. Sarò contento di vincere dovunque accadrà, ma nessun successo varrà come risarcimento per la corsa rosa mancata».

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La volata della Popolarissima con Davide Persico e Francesco Della Lunga della Colpack in trionfo (foto: Bolgan)

Tu e Persico come vi sareste gestiti?

«Non avevamo ancora discusso delle tattiche, ma presumo come abbiamo sempre fatto dall’inizio dell’anno ad ora: una volta si sarebbe buttato in volata lui e una volta io, decidendo di volta in volta anche in base allo stato di forma. Era un percorso molto adatto a me, credo che avrei potuto far bene. L’ultima tappa di Trieste, ad esempio, era perfetta. Ma ormai è andata così».

Avresti ritrovato alcuni talenti internazionali che voi della Colpack avete già affrontato andando a correre all’estero: Youngster, Gand, Parigi-Roubaix.

«Belle esperienze che sicuramente formano un atleta, però se devo essere sincero tra noi e loro non ho notato tutto quel divario che spesso tanti addetti ai lavori amano rimarcare. Voglio dire, in bicicletta ci sappiamo andare anche noi, lavoriamo sodo anche noi e le corse importanti le facciamo anche noi. Semmai, quando si parla di Belgio e Francia del Nord, la differenza la fa l’abitudine a correre sul pavé o nei ventagli. Ma non mi piace che passi il concetto che noi italiani andiamo lassù solo e soltanto per fare esperienza a suon di ceffoni».

Avete corso la Roubaix sotto la pioggia, mentre alla Youngster hai chiuso tredicesimo dopo una volata convulsa.

«La Roubaix sotto l’acqua, come Colbrelli due anni fa, è stata massacrante. Alla Youngster, invece, io e Persico abbiamo sbagliato la volata, ma può succedere. Eravamo parecchio indietro, lui ha bucato, io ero alla sua ruota e sostanzialmente non sono mai riuscito a venirne fuori come si deve. Comunque della mia primavera sono soddisfatto, mi è mancata soltanto una vittoria in più oltre a quella nella Firenze-Empoli al debutto stagionale».

Valoti
Gianluca Valoti, direttore sportivo della Colpack, in una foto d’archivio al Giro del Friuli U23 2021

Secondo alla Popolarissima, sesto alla Milano-Busseto, terzo alla Zappi, quarto al Porto: dove sarebbe potuta arrivare?

«Non ho rimpianti enormi, sarò sincero. Le prestazioni sono sempre state ottime e in alcune delle gare che hai nominato tu hanno comunque vinto dei miei compagni di squadra, quindi il rammarico non c’era: Persico ha centrato Popolarissima e Milano-Busseto, Romele la Zappi e il Liberazione. Potrei dirti il Polese, noi della Colpack eravamo parecchi nel gruppo di testa e ci siamo fatti sfuggire la fuga, ma non ne farei un dramma».

Nella stagione passata ti sei riscoperto finalmente vincente anche tra i dilettanti. Adesso, al quarto anno nella categoria, che corridore sei?

«Ho trascorso un inverno perfetto, produttivo e senza intoppi. Difatti ho vinto subito la Firenze-Empoli, uno dei miei obiettivi stagionali. Mi sento più veloce in volata e più resistente in salita, anche se non si finisce mai di migliorare. E ovviamente sono più consapevole dei miei mezzi. Diciamo che sono tornato il Della Lunga degli juniores, che trionfava e si piazzava con regolarità».

Quando ricomincerai a pedalare?

«Spero domani. Non voglio forzare e rischiare di fare peggio, ascolterò il mio corpo e i suoi segnali. Speriamo di essere in forma per la fine del mese, almeno ricomincerò a correre. Da questo punto di vista mi dà molta forza ripensare a Cavendish, il mio velocista preferito, che ha conquistato la volata di Roma nonostante non ci credesse quasi nessuno. Ne ha vissute di tutti i colori, ricordo che qualche anno fa dopo una Gand-Wevelgem dichiarava in lacrime che forse avrebbe smesso perché non raccoglieva più un risultato. E guardate dov’è ancora. Adesso devo attaccarmi alla sua storia, ne ho bisogno».